MIGLIORIAMOCI
INCONTRO CON LA PAROLA
di felice magnani
Capita sempre più spesso di dimenticare chi siamo, quale sia il nostro ruolo nella comunità, quali siano i comportamenti più adeguati per costruirne una sempre più armonica, confortevole e matura, capace di essere un esempio per tutti, in particolare per coloro che, crescendo, hanno un estremo bisogno di capire di che pasta sia fatto quel mondo che quotidianamente ci scivola addosso, mai per caso. Tra i tanti strumenti che possono creare armonia, ce n’è uno che ha un valore straordinario e che usiamo moltissimo, in molti casi a sproposito: la PAROLA. E’ il veicolo primario del nostro pensiero, un suono straordinario che ci permette di capire e di farci capire, di entrare diritti nel cuore di quella comunicazione destinata a diventare il sale della nostra vita. Si tratta dunque di un bene molto prezioso, al punto che va usato quasi con parsimonia e con le giuste tonalità, con quella eleganza creativa che apre le porte di un linguaggio verbale capace di investigare le parti più ricche e remote della nostra coscienza, in cui si raccolgono e si assemblano i diversi volti della bellezza. I primissimi suoni sono quelli delle mamme, depositati con garbo e delicatezza nella sfera uditiva dei propri figli. E’ infatti nella primissima parte della loro esistenza che gli esseri umani percepiscono la gentile fragranza di un suono, il suo coinvolgimento emotivo, è grazie all’affetto materno e paterno che la parola entra con forza nell’interiorità, stimolando emozioni e vibrazioni. E’ all’inizio del grande viaggio della vita che la parola s’impone, creando le basi di un pensiero sempre più attivo e articolato. Le parole sono tanto più efficaci se vengono accompagnate da gesti, sguardi e sorrisi, se strada facendo assumono una propria identità vocale, schematizzando al massimo la realtà, rendendola sempre più gradevole. Lo spazio che occupa diventa sempre più importante e determinante. Si consolida e si rafforza durante l’iter scolastico, nel momento in cui viene costantemente stimolata dal carisma intellettuale dei docenti, esercitando così una fondamentale azione formativa. La parola aiuta a crescere, delinea la personalità, la rende più capace di entrare a fondo nella realtà, mettendone a fuoco le positività e le negatività, diventa il grimaldello buono della vita, lo strumento che apre le porte di una relazione dai tratti umani e umanizzanti, elemento di coesione e di comprensione, mettendo in stretta relazione il corpo con l’anima, lo spirito con la materia, la forza con la tenerezza. C’era un tempo in cui la parola era così importante che legittimava un contratto, un’amicizia, un impegno. La parola data aveva un sua personalissima funzione legalitaria, riassumeva l’autorevolezza di una regola, di una legge, definiva i rapporti tra le persone, bastava da sola per sancire una responsabilità comune. Erano i tempi in cui la comunità dava un’importanza rilevante all’educazione come strumento di miglioramento sociale e soprattutto morale. Più parole imparavi e più sapevi come destreggiarti nel complesso sistema relazionale degli umani. Certo la scuola aveva una fortissima connotazione verbale, costruiva la via delle identità sulla base di una grande capacità inventiva e creativa legata all’espressione verbale. La costante lettura da parte degl’insegnanti di poesie e racconti creava nella maggior parte dei casi il clima giusto, che alimentava la sollecitazione emozionale, attivando quell’interiorità che giaceva latente bell’animo umano, ma che faticava spesso a trovare le giuste compensazioni. L’uso appropriato della parola delineava i contorni di una società che migliorava sistematicamente il suo assetto. I giovani studiavano e scrivevano parecchio, erano costretti all’apprendimento mnemonico, partecipavano a varie forme teatrali, recitavano, cantavano, davano largo spazio all’ispirazione, cercavano la proprietà storica, scientifica, letteraria e integravano fuori dalla scuola con corollari molto interessanti, come quelli strettamente collegati al mondo religioso. Nella maggior parte dei casi la parola non era mai lasciata sola, qualcuno l’accompagnava, le indicava dei percorsi, consegnandola strada facendo alla libertà personale, nella quale doveva fortificarsi e definirsi, cercando di percorrere i vari campi della cultura e quelli del sapere. La famiglia, anche quella meno attrezzata sul piano della capacità lessicale, era molto attenta al linguaggio dei propri figli, si impegnava spesso in un sobrio ma efficace insegnamento, limitando moltissimo la parolaccia, varie forme dialettali, espressioni licenziose, cercava di impegnarsi in una solerte vocazione imprenditoriale, dove l’espressione verbale aveva un suo ruolo fondamentale, soprattutto nella definizione di una più compatta e determinata compattezza comune. Il mondo adulto era molto attento, non si lasciava tirare per il naso da strani servilismi, non amava ricorrere a integrazioni esplosive per dimostrare il proprio essere adulti, si impegnava facendo di tutto per cercare di fare bella figura, di dimostrare ai propri figli che l’educazione, in particolare quella verbale, definiva meglio lo stile educativo di una comunità. Oggi la parola è molto spesso una parolaccia, il mondo degli adulti in particolare ricorre a scempi linguistici per affermare la propria dominanza sulle cose di questo mondo. Ci sono parole come c..o, c…o, f..a, m…a, st….o, che hanno conquistato il palcoscenico della volgarità, sono all’ordine del giorno e guai non pronunciarle, il nostro disprezzo non sarebbe lo stesso, perderebbe tutta quella sua carica di violenza che è in grado di mettere ko l’avversario. L’errore non è più concesso, se sbagli il minimo che ti possa capitare è di essere mandato affan…o con l’aggiunta di un gestaccio. Parolacce dunque e gesti d’inaudita violenza se la giocano da padroni un pò in tutti i campi della società civile che, proprio per questo, va perdendo via via parte di quello stile educativo che aveva costruito con tanto amore e fatica in un lontano passato. Il problema è che il linguaggio dissolutorio degli adulti s’insinua tra i giovani, determinando la caduta sempre più in basso di una società con già tanti problemi. E allora cosa fare? Semplice, un semplicissimo esame di coscienza, ricordarsi che la parola ha un valore immenso e che, alla costruzione del quale, convergono le principali istituzioni del nostro paese. Abbiamo quindi il sacrosanto dovere di spruzzare un pizzico di poesia e di romanticismo sul nostro sistema di relazione verbale, favorendo la rinascita di un mondo giovanile ammorbato dall’inconcludente mancanza di responsabilità di mondo adulto sempre più incapace di assumersi in toto le proprie responsabilità.