Ciao a tutti. Sono rientrato da poco a Makalondi dal villaggio di Bomoanga che è diventato un po’ “la mia seconda casa”. Per tre giorni, a volte quattro, “m’immergo” quasi completamente nella lingua fufuldé. E’ un’esperienza molto bella e nello stesso tempo non facile, anzi a volte mi mette parecchio alla prova. Sto leggendo il vangelo di domani: “se non diventerete come i bambini non entrerete mai …”. Devo dire che questo: “non entrerete mai” l’avevo sempre letto un po’ negativamente come un dover fare attenzione a non “sbagliare”. Forse ora sto cominciando a comprenderlo, mi sembra, nel suo significato più vero liberato dall’idea di un giudizio negativo. Così, a un amico, dicevo che Gesù, con questa affascinante proposta, ci offre la possibilità di entrare davvero in “comunione” come un bambino che impara a crescere nella sua famiglia. “L’entrare” di un bambino è una ricchezza per lui e nello stesso tempo è un imparare ad accogliere ciò che non possiede. Non si tratta dunque di uno sminuire la propria realtà sottoponendosi ad un “limite”, ma di accoglierla positivamente come fa un bambino che è aiutato a crescere nella sua “dignità”. E per questo, grazie a Dio, non mi è chiesto di dimenticare la mia realtà, la mia storia, ma di farmi prossimo con lo stile di un bambino. A me piace anche pensare a che questo “diventare bambino” nel modo che mi è testimoniato dalla Madonna, la sposa di Giuseppe e la mamma di Gesù. La “sua storia” non è cancellata, ma “completata” dalla novità della Parola di Dio. Si! il “diventare bambino” mi sembra che voglia dire questo “lasciarmi completare” da un “di più” che mi permette di “riscoprirmi” dentro una “luce” di cui non avevo mai avuto esperienza e che per questo è grande e nello stesso tempo “faticosa”. Sto scrivendo questi -piccoli pensieri- al lume di candela perché a Makalondi è saltato un po’ l’impianto dei pannelli solari. La riparazione domanda del tempo perché le apparecchiature vanno acquistate all’estero e i “tempi” sono quello che sono. Nella mia stanza la piccola luce della candela mi offre un clima d’intimità che non mi è facile descrivere, ma mi penetra come un abbraccio e mi fa sentire bene. Sto leggendo il vangelo di domani (lunedì) e parla proprio della luce di una lampada che va messa in alto per accogliere i visitatori. Fare luce “per accogliere”, l’avevo letto tante volte, ma era rimasto solo parte della piccola parabola che so a memoria come molti di voi la sanno. Questa sera comincio forse a capire un po’ di più. Mi viene detto che la “casa” dove ogni persona abita è fatta per essere luogo d’accoglienza e non per se stessi. Forse noi che abbiamo “tante luci” abbiamo un po’ lasciato da parte questa prospettiva evangelica. Ci sembra già “strano” il -diventare bambini- e forse ancora più strano preparare la propria casa per accogliere. No la casa la si prepara per star bene e magari per accogliere. Eppure le ultime parole di Gesù ai discepoli sono proprio cosi: diventare accoglienti cioè: “andate in tutto il mondo … annunciate la buona novella … fate miei discepoli tutte le genti”. E’ come dire: diventate come i bambini.. Però il bello è che prima di tutto sono io ad essere chiamato a farmi, nel suo nome, bambino per poterlo testimoniare. Mi fermo perché mi accorgo che le parole non bastano più ed è necessario fare “silenzio” e “fermarsi” in questo silenzio, non solo esteriore, ma soprattutto interiore. Ciao con affetto don Hervé
N.B. provo ad inviare il piccolo pensiero