“Istituire il mercato o fiera in cadauno giorno di venerdì, per animali,merci…” con questa motivazione nel 1539 si istituiva a Gavirate uno dei più vecchi mercati d’Italia. Purtroppo fine anni ’80 la fiera del bestiame cessava di essere una caratteristica del mercato. Ho avuto la fortuna di conoscere un vecchio “paisan” (contadino) che con dovizia di particolari, mi raccontava che da ragazzino con suo padre ed altri del paese, prendevano il primo treno da Saronno per …venire ad acquistare bestie al nostro mercato e poi tutti in fila ritornavano a casa arrivandoci a notte fonda. Una delle motivazioni di tanta fama, oltre alla qualità degli animali era che qui la tassa che si esigeva su ogni capo era la più bassa di tutta la provincia (veniva poi suddivisa tra il venditore e l’acquirente). In primavera ed autunno si tenevano mostre zootecniche dove gli allevatori proprietari di bestie selezionate ricevevano premi in denaro, diplomi e medaglie. Ho vissuto, inizio anni 60, questa emozione in casa di mio nonno. Proprietario di una dozzina tra mucche e buoi (Bruno, Moro, Pina, Piera tutti e tutte avevano un nome) partecipava da allevatore a questa fiera. Era ancora notte quando si alzava e con le figlie “tirava a lucido ” le sue bestie per poi all’alba guidare il corteo, Lui davanti, dietro i buoi, vitelli e poi noi, per scendere dalla cascina Gadash (Lazzaretto) al mercato. Per me, che rimanevo delle ore a tranquillizzare le sue bestie, in premio un gelato dal Boett; in tutta quella baraonda capivo dal tipo di stretta di mano se questa o quella bestia veniva venduta. Per parecchi giorni, finita la fiera, l’umore che aleggiava in casa dipendeva dal risultato del concorso, se le Sue bestie avevano avuto o meno riconoscimenti. Allego alcuni diplomi che venivano consegnati in quegli anni, firmati dal primo sindaco del dopoguerra Luigi Miglierina dal Presidente del Concorso Carlo De Bernardi e dal Veterinario Consorziale. Nella zona del mercato degli anelli in ferro ai quali si legavano cavalli, mucche, asini, buoi, restano a testimoniare la vivacità di una economia agricola e zootecnica che è quasi scomparsa dalle nostre parti e non solo. Inutile che mi spieghiate se è giusto o meno che all’Italia sia imposta la riduzione di capi di bestiame a favore di altri Paesi, perchè uno come me cresciuto con il profumo del letame nelle narici, dove in stalla andava ad osservare il nonno a mungere per bere subito dopo, direttamente dal secchio, del latte ancora caldo o raccoglierne la panna da preparare con lo zucchero, non lo capirà mai e poi mai.
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