La storia di una frequentazione che culmina in un quinto volume dedicato alla persona del cardinale Carlo Maria Martini. Risale al maggio del 1984, durante la visita al decanato di Besozzo l’inizio del rapporto tra l’arcivescovo e il teologo milanese, residente a Gavirate, Marco Vergottini: “Ho avuto la fortuna di poter frequentare da vicino quest’uomo straordinario, tanto sotto il profilo spirituale quanto sotto quello intellettuale. Gli sono davvero riconoscente di aver potuto collaborare con lui durante i ventitré anni di episcopato milanese, poi di averlo potuto assiduamente frequentare anche durante la sua permanenza a Gerusalemme, ad Ariccia e all’Aloisianum di Gallarate”.
La nuova pubblicazione “Perle di Martini. La Parola nella città 1980-2002” (edizioni Dehoniane Bologna) è una raccolta di un centinaio di brevi testi del cardinale commentati da autorevoli personalità della chiesa, della cultura e della società civile. E’ interessante conoscere lo sviluppo di questo incontro tra allievo e maestro, cominciata con un ruolo particolare nel 1984 per l’allora giovane teologo: quello di maggiordomo d’anticamera del cardinale (assegnatogli dal parroco di Gavirate don Tiziano Arioli), ospite nella casa adiacente la chiesa di san Giovanni Evangelista.
“Furono giorni di conoscenza e familiarità -ricorda- Su mia sollecitazione tenne una lezione presso l’allora Istituto Tecnico Commerciale, sezione Periti Aziendali di Gavirate. Ragguagliato dagli stessi studenti sul lavoro svolto -di concerto con gli insegnanti- propose un saggio di esegesi biblica, commentando la parabola dei vignaioli omicidi”. Pochi mesi dopo Marco venne nominato dall’arcivescovo segretario del Consiglio Pastorale Diocesano, nomina insolita considerata l’età del giovane -vent’otto anni- che sfociò in una lunga esperienza: cento consigli pastorali residenziali, il sabato e la domenica, all’insegna della sinodalità, della discussione, del confronto attorno a tanti temi, della familiarità di vivere i pranzi e le cene durante le quali si parlava di testi biblici”. Sorride Vergottini quando per definire una caratteristica del cardinale, usa l’ossimoro di “furbizia angelica”. Ma c’è un fotogramma racchiuso nella memoria di Marco, fissato nella Casa del Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme, dove era ospite padre Martini, lasciata la sua carica di arcivescovo, che sottolinea l’intensità di un rapporto quasi filiale: seduti uno di fronte all’altro (privilegio riservato a pochi), il padre cominciò a declamare “Pensiero alla morte di Paolo VI”. Poi di fronte ai testi biblici che parlano della fine imminente, fra cui Ezechiele 2,7, si alzò dalla poltrona, completamente assorto e affermò: “Non è possibile!”. Aiutandosi con il bastoncino, si diresse nella biblioteca attigua e, sempre con il bastoncino, indicò a Marco il volume che voleva consultare, mentre il teologo afferrava una lunga scala per prenderlo. Aperto il volume, finalmente sorrise quando vide che l’annotazione biblica esatta era Ezechiele 7,2 e non il contrario.
“Questo episodio -termina Vergottini- è indice di quanto nella testa di Martini ci fosse tutto”.
Federica Lucchini