Dal sito del Premio Chiara
Programma
Un tuffo nei risvolti di una fedele amicizia e di un amore per la “provincia più profonda”.
A più di trent’anni dalla scomparsa di Piero Chiara, Luigi Stadera afferma che con questo libro – edito da Menta e Rosmarino – “scioglie un voto”, quello di ricordare un amico (e maestro) e testimoniarne il percorso dalla cultura locale alla cultura senza aggettivi. E così ripercorre momenti significativi della loro amicizia e in particolare rievoca il rapporto che Chiara intratteneva con la realtà locale: il paese, il lago, il dialetto, il gioco, le donne… Ne esce un ritratto dal quale traspare la suggestiva personalità dell’autore e la vastissima cultura, spesso dissimulata in un modo di porsi semplice e immediato, non solo nei rapporti interpersonali, ma anche nella pagina scritta dove sono l’invenzione e lo stile a esaltare la vita della provincia.
conduce Romano Oldrini, letture di Betty Colombo.
Conobbi Piero Chiara alla fine degli anni Cinquanta. Con alcuni amici mettevo insieme a Cazzago un periodico intitolato provocatoriamente «Virgola», che Amerigo Ponzellini gli mostrò. Chiara, impegnato nella redazione di Il piatto piange (che uscirà nel marzo del 1962), si ritrovò in quelle pagine ricche di humour paesano e in qualche modo vicine alla sua “provincia”.
VARESE – Un testamento di carta, nel quale ricordare un amico, un sodale, uno spirito affine, svelato dalle lunghe chiacchierate a parlare di libri, di lingua, di persone e luoghi dell’anima. Luigi Stadera se ne è andato pochi giorni fa a 90 anni, ma fino all’ultimo ha combattuto per ciò che ha amato forse più di sé stesso, la storia e le tradizioni del suo lago, e la lingua italiana e dialettale, che ha sempre adoperato con superiore proprietà, e i libri, letti e scritti, ornamento della sua casa di Cazzago Brabbia.
E a un libretto, pubblicato dal suo editore storico, Alberto Palazzi di “Menta e Rosmarino”, ha affidato le sue ultime impressioni e i ricordi della frequentazione con Piero Chiara, con i due che si andavano a trovare a vicenda, Luigi a Varese in via Metastasio, e Piero a Cazögh, in via Piave 7, poco distante dall’edificio che un tempo ospitò la scuola. A volte Stadera cambiava lago e andava a Luino, dove l’amico lo conduceva a vedere i luoghi in cui aveva ambientato i suoi racconti.
“A tu per tu con Piero Chiara” è un libretto denso, di una settantina di pagine, con in copertina il ritratto dello scrittore disegnato a matita nel 1953 da Giuseppe Viviani, in cui Stadera ripercorre a tappe, capitolo dopo capitolo, la storia di un’amicizia ma tratteggia anche i lati del carattere del Pierino da Luino, facendolo specchiare nelle sue passioni, il lago e il gioco, il dialetto e le donne, il paese e il fascismo e perfino Salvini, non Matteo, naturalmente, ma il pittore Innocente, scovato nel suo mulino di Cocquio tra quadri e galline.
Non aspettatevi un amarcord nostalgico o patetico, Stadera era uomo di scienza, non un romantico, maniacalmente attento al dettaglio, con una prosa nitida e schietta, un filologo e uno storico di vaglia, e lo stesso Chiara una volta gli consigliò di lasciare la direzione didattica a Gallarate e dedicarsi totalmente alla scrittura, dicendogli: «Di tutto questo darsi da fare non resterà nulla», disilluso com’era da istituzioni e politica.
«A più di trent’anni dalla scomparsa di Piero Chiara, scrivendo queste pagine mi sembra quasi di sciogliere un voto: ricordare un amico (e maestro) e testimoniarne il percorso dalla cultura locale alla cultura senza aggettivi», annota l’autore, e ricorda come con Chiara si parlasse spesso di letteratura, e dei libri di culto del luinese, dal “Moby Dick” di Melville tradotto da Pavese, agli amati Boccaccio, Cervantes e Casanova, del quale era tra i massimi esperti mondiali.
Dall’illuminante prefazione di Stadera, esce fuori un Piero Chiara sfaccettato, straordinario conversatore e insuperabile nell’arte della maldicenza, che secondo l’autore è «la linfa della conversazione e non sempre è “cattiva”». Tagliente quando parlava dei bottegai varesini e dell’ambiente letterario, «ebbe sempre parole di amicizia e ammirazione per Vittorio Sereni», colui che lo aveva spinto a mettere per iscritto le sue strepitose narrazioni orali.
C’è poi un insospettabile Piero alle prese con i bambini delle elementari, invitato dall’amico a tenere una lezione sulla poesia, lui che con Luciano Erba aveva pubblicato per i tipi dell’Editrice Magenta l’antologia “Quarta generazione” e poi il best seller “Il piatto piange”: «Incominciò sottolineando il ruolo della scuola nella poesia, destinato a segnare le scelte di una vita: in positivo o in negativo, a seconda dei testi presentati e della maniera di presentarli. Di cui diede un lungo saggio, semplicemente recitando (a memoria) una infinità di versi, dall’Alighieri alla Merini; e mostrando, attraverso la recitazione, che erano poeticamente accessibili anche ai bambini».
Nel libro Stadera prende per mano il lettore e con lui viaggia nella memoria, citando passi dei libri di Chiara, sottolineando che il suo amore per Luino non fu un sentimento facile, ma contrastato, e il suo lago quello dei rapporti sociali intrecciati nella quotidianità, e non di poeti e pescatori. I due poi si trovarono a meraviglia sulla questione dialetto, con il “realismo lombardo” chiariamo e il vernacolo messo in bocca nei racconti alla gente più umile. Due spiriti inquieti, Luigi e Piero, che chissà quante storie ora, da lassù, si inventeranno, ridendo insieme di questo povero mondo. Mario Chiodetti
Mario Chiodetti – Prealpina