“I giovani non sanno”. Questo è il motivo che ha mosso in un lavoro appassionato, lungo due anni, Luigi Roberto Barion, residente dal 1954 a Gavirate, dove è giunto in seguito all’alluvione dal Polesine del 14 novembre 1951: il fiume Po, rompendo gli argini, con le sue acque impetuose sommerse i paesi, obbligando la gente a fuggire con barche colme di vecchi, donne, bambini, le poche cose raccolte e soprattutto con l’animo disperato. C’era anche lui, bambino di 5 anni, e la vita della sua famiglia cambiò. Si può esternare l’amore per la propria terra -peraltro mai lasciata- in tante modalità. Quella scelta da lui è di offrirle proposte irripetibili che coinvolgono tutta la popolazione per far sentire sempre più viva la loro natura di gente di grande dignità, cultrice dell’amicizia e della solidarietà. Ha organizzato, come coordinatore di “Polesani Libera Associazione Culturale”, ad Arquà Polesine, il paese natale, per il 9 e 10 ottobre, in collaborazione con il comune, la parrocchia di sant’Andrea e il Centro Studi “Vittorino Vicentini” due giornate denominate “70° rotta del Po 1951”. Rotta che è equivalsa a 180mila senza tetto, 101 vittime, 7 dispersi. “L’alluvione aggiunse miseria su miseria – affermano il sindaco Chiara Turolla e il suo vice Luigi Carlesso- e aprì le porte a un esodo di massa che coinvolse tutti i comuni della Provincia, toccando negli anni percentuali drammatiche”. Barion ha dei flash nella memoria che ricordano la drammaticità di quel momento: “Solo dopo 15 giorni sono arrivati i primi soccorsi da parte dei soldati americani di stanza a Vicenza e Verona che hanno calato sui tetti i viveri alla gente affamata -spiega- Ho ancora davanti a me la scena di un maiale vivo in acqua subito afferrato da cinque uomini. Mentre gli animali vagavano nell’acqua morti, questo rappresentava una occasione imperdibile per potersi nutrire. Chi è andato via non ha avuto nulla dallo Stato, ma ha vissuto cosa è la solidarietà, grandissima, di tante famiglie italiane disposte ad accogliere”. Lui stesso è stato accolto in un ricovero a Cremona, poi una chiamata di compaesani a Gavirate ed è iniziata una nuova vita, “lasciando una terra amata, tra miseria e disperazione, dove si moriva di pellagra -continua- Ecco perché i giovani devono sapere. Comodo essere polesani nel Polesine oggi, terra adesso floridissima, grazie al lavoro caparbio di chi è rimasto”. Il programma della manifestazione è volto a valorizzare aspetti del luogo: sabato alle ore 18 verrà inaugurata una mostra fotografica di Vicentini che nei giorni tragici documentò con grande coraggio la devastazione: “Bisognava scattare e fermare per gli increduli di domani”, scrisse nel diario, da cui è stato tratto un testo teatrale che verrà rappresentato. Per l’occasione, tornerà nella chiesa parrocchiale “la Madonna con il Bambino”, una pala d’altare di Battista Dossi terminata nel 1535, che appartiene ora alla pinacoteca dei Concordi di Rovigo. E per i tre ragazzi della scuola secondaria che vinceranno la borsa di studio, finanziata dall’associazione, per aver scritto il ricordo più approfondito della tragedia, sono pronte tre maglie originali, firmate Armani, appartenuti agli olimpionici di Tokio.
Federica Lucchini