Solo la morte è riuscita a interrompere un appuntamento che condensava gli ideali della sua vita: Luigi Fumagalli, nato il 24 maggio 1924, partigiano -nome di battaglia “Cinema”, comandante di plotone della Formazione Valgrande Martire, attiva nel Verbano e nell’Ossola, sabato mattina nella sua casa di Nosé aveva appena terminato la telefonata con Flavio Maglio, segretario provinciale dell’Anpi Verbano Cusio Ossola, per gli ultimi accordi sulla celebrazione del 25 aprile a Verbania, a cui, come ogni anno, avrebbe partecipato. Il tempo di sedersi sulla poltrona ed è spirato. Se fosse possibile dare un significato ad una data di morte, per “Cinema” sarebbe il caso di dire che l’ultimo atto della sua vita è consistito nel ribadire il suo credo in una cerimonia che non lo vedrà più protagonista fisicamente, ma ora moralmente il suo ricordo sarà più incisivo. Le esequie civili si svolgeranno oggi (24 aprile) alle ore 15,30 nella camera funeraria di via Mulini Grassi a Varese, ma sarà domani che assumeranno ancora più spessore a Oltrona al Lago a Gavirate e a Verbania, dove come ogni anno, dove avrebbe incontrato l’amico Arialdo Catenazzi, nome di battaglia “Ari”/”Gatto”, e con lui durante il pranzo avrebbe intonato “Figli di nessuno”. Novantanove anni e non dimostrarli: sempre in bicicletta, festoso, atletico. La morte è stata buona con lui: non solo perché gli ha evitato sofferenze fisiche, ma perché sarebbe stato uno strazio l’addio alla moglie Laura, compagna di una vita, mondina, compagna di lavoro con Marta Marzotto. Leggere il suo diario significa tenere il fiato in sospeso: è la storia di una famiglia che ha dato ospitalità ai partigiani, vivendo ogni momento come un rischio mortale, a partire dal fratello Leonildo, finito a Mauthausen, alla sorella Sandra, che visse l’arresto, alla mamma e infine a lui, che ricordava esperienze sul “filo del rasoio”: “Devo confessarlo: sono tornato in tempi recenti ad accarezzare con riconoscenza l’albero che il 21 maggio 1944 al Pian Cavallone mi riparò da molte pallottole, grazie al quale riuscii a tenere a bada i fascisti per circa un’ora”, ricordava. “Ancora oggi, quando lavoro la pietra col martello, rivivo il rastrellamento sul monte Marona quando ero sdraiato sotto un masso sentivo forte l’odore delle pallottole che lo colpivano”, continuava. La conclusione dei suoi ricordi era un inno alla pace.
Federica Lucchini
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