Il deserto come metafora della vita, dopo aver percorso piste ardue all’insegna della ricerca esistenziale. L’incontro con Marino Alberto Zecchini, 77 anni, varesino, dal 2001 residente a Zarzis in Tunisia e creatore di uno spazio d’esposizione permanente etnico e naturalista nella cittadella berbera di Douiret Tataouine, è all’insegna della ricchezza culturale di un mondo che lui ha saputo percepire nei più profondi palpiti. Ascoltarlo nella sua casa di Buguggiate, mentre è in attesa di poter ripartire, è come vedere aprirsi porte dopo porte in una ricerca che non vede fine, ma dove ogni tappa è sempre più appagante. “Lo studio di un’altra cultura -spiega- ha la funzione di conoscere meglio la propria. E quindi di capire chi sei”. Da quaranta anni frequenta le piste del deserto: prima in stagioni cadenzate dalla sua attività, ma comunque via via sempre più appassionate con escursioni lunghe e profonde, interessandosi a tutto. “Una azione apparentemente insignificante prendeva per me un valore rituale in cui scoprivo metodi antichi e soluzioni per ottenere le necessità per vivere. Un confronto inevitabile, una scuola di vita per me cittadino italiano, lombardo, occidentale abituato allo scambio denaro-oggetto, denaro-servizi. Mi si rivelava un mondo dove dovevo imparare a comprendere un nuovo modo per leggere la realtà”. Luogo privilegiato il mercato. “Cercavo in quei luoghi -continua- una porta, sì, un’apertura che mi avrebbe permesso di andare oltre i significati apparenti: forse una formula, un oggetto. Capii che quella pietra o quel calice cercato da alchimisti e santi nel passato l’avrei potuta trovare qui. Ecco la motivazione nascosta dei miei viaggi, illusione mai scomparsa che, tutt’ora persiste nella ricerca di un mondo diverso, migliore del mio”. Zecchini ricorda con gratitudine e affetto una figura determinante, conosciuta a Varese, guida spirituale del suo nuovo percorso: un padre appartenente ad un ordine francese, arabista, con cui instaurò una profonda amicizia, cementata da lezioni quotidiane. Gli offrì la possibilità di trovare quella chiave di un intero mondo da scoprire. “Sopra di voi la pace, la benedizione e la misericordia di Dio”: questa formula ascoltata mille volte lungo i percorsi è indicativa di quel suo desiderio di essere contaminato dalla cultura berbera. “Quegli spazi enormi mi davano la misura di essere quasi insignificante, tuttavia l’universo lo si vede, è vicino, da toccare”, afferma. E così ha vissuto la bellezza delle riunioni dei clan sotto la tenda, l’intensità del focolare domestico, area invalicabile e sacra. Il suo impegno in Nord Africa e in Tunisia sta nella cooperazione con un’associazione e nel tenere vivo quel museo creato all’interno di sei grotte comunicanti in cui, oltre la storia locale e il deserto, con una tecnologia d’avanguardia, viene sottolineata l’importanza dell’intercultura sulle due sponde del Mediterraneo.
Federica Lucchini