Il freddo comincia a farsi sentire, nelle ossa e nel cuore. Sta terminando un altro Anno e ci si avvicina inevitabilmente al Natale. Questa festa creata recentemente luminosa ed esteticamente bella. “Sbarlüsenta”, come diciamo noi; è questa la parola che rappresenta un evidente benessere economico e sociale, malgrado la crisi, malgrado la guerra civile ed il terrorismo. Pacchetti regalo contenenti desideri di oggetti elettronici o simili, che sembrano quasi indispensabili per la felicità. Si vuole comunicare con smart phon, computer, tablet, perché forse, pare, sia l’unica maniera rimasta per comunicare. In questo marasma luminoso di fine Anno, si tirano le somme. Per qualcuno può essere stato un Anno semplice, per qualcun altro magico, per altri quasi monotono, per altri ancora nostalgico, per qualcuno persino tragico. Ma io credo che solo in un caso si potrebbe definire disperato: se non si è riusciti ad avere il calore di una famiglia. Famiglia non necessariamente intesa come “tradizionale”, bensì intesa come un’entità costruita con tempo e fatica, scolpendo anni di condivisione di idee, desideri, sogni, gioie, dolori, emozioni. Può crollare il mondo. Staccarsi pezzo per pezzo ogni superfluo creato per credere di star meglio. Possono venire tempi difficili, di adattamento forzato a situazioni inaspettate, si potrebbe persino perdere una stella e smarrire momentaneamente il percorso da essa illuminato. Si può soffrire per sofferenze inflitte gratuitamente, ma, se quel nucleo sudato chiamato “famiglia” che sta in mezzo ad una sfera nell’universo, nutrendola e sostenendola, non viene a mancare, tutto si può sopportare, tutto si può ricostruire e cambiare.
A volte però la famiglia potrebbe tremare. Non è intoccabile, non è intaccabile. E lì il terremoto verrebbe da dentro. In quel caso la fiamma di vita rischierebbe l’arresto e tutto diverrebbe nero. Altro che tempi difficili, altro che stelle smarrite. In quel caso se si minimizzasse l’importanza del nucleo e non si prendesse in mano la situazione estrapolando tutti i problemi, comunicando (senza smart phon) i propri malesseri profondi, si rischia l’estinzione di un pianeta. Il pianeta dell’essere se stesso. Non si vive a lungo senza nucleo. Si sopravvive fino a diventare un (magari bel) guscio vuoto. Quindi che fare? Ci si guarda dentro, si cercano i perché, si ammettono gli sbagli, si chiede scusa e soprattutto ci si rinforza con la consapevolezza che questo nucleo non può tremare più da adesso in poi. Deve essere compatto, un fuoco in mezzo a terra fertile che scalda incondizionatamente: il cuore deve vincere. Perché è il cuore la famiglia.
Poi tutto si sopporta. Tutto.
Preparatevi a questo periodo Natalizio costruendo il vostro nucleo famigliare, dove potrete essere voi stessi e come tali amare gli altri e sopportare le avversità. Non è facile. Ma non è impossibile. Dipende da voi. Solo da voi.
Sbarlüsenta
Ta vedi in dul schermu
Sbarlüsenta ma te set
Faia de nagott
Faia de rop
Tanti rop che pudarian ves ciamà ciapit
Parchè in propri bei
Ma fai de nagott.
Mi sunt innanz a ti ma ta vardi mia in di öcc
Ma interessa mia sa te vörat
Ma interessa nanca Cuma te set
Mi a legi, d’innanz a ti
I ropp ca ma scriv un quei d’ün d’altar
Perché tantu ti te set chi
Devi mia andà a cercat.
Sbarlüsenta in di me man
A gh’è una futugrafia de gent luntan.
E ti ca te set in dul me cör te set mia in di me pensè
…specia, no l’è mia giüsta….
Ti te set chi
Te sbarlüsissat mia föra
Ma te ghet ur föch dentar
Mi ta vöri ben
Smorzi ur sbarlüsì che al ma cunfund
Ma seti giò
Ta vardi in di öcc
E stem insema
Davera
Sempar.
Diana Ceriani