Silenzio. Bisogna creare l’atmosfera: “per leggere del Giuanin dovete avere davanti un bel camino, rosso di brace per tutta una serata e un goccio di vino per tenere su l’animo”. Questo momento, che ci farà assaporare la magia dell’oralità, verrà creato domenica 11 febbraio alle 17,30 in sala consiliare durante la presentazione del libro di Gregorio Cerini “Ul Giuanin senza pagura d’Arcumegia”, edito da “Menta e Rosmarino”.
Scrive nell’introduzione Luigi Stadera: “Cerini non è un autore che scrive, ma un cantastorie che avvince con la magia della parola (e del dialetto), ripercorrendo avventure cantate prima di lui da innumerevoli cantastorie. Anche perché il racconto è dal vivo, con il “Men” nel crocchio degli ascoltatori, che lo incitano a narrare versandogli da bere: “Buon vino, favola lunga”, conferma il vecchio adagio”. “Cunta Men!…Cunta! – ghe diseven”…”: l’incipit già invoglia a seguire la voce del vecchio “Men” da cui Gregorio, nato nel 1938 in Arcumeggia, aveva appreso le storie del “Giuanin”. Bisogna ascoltarlo Gregorio quando racconta: quella storia è dentro le sue corde ancestrali e la voce accompagnata dalla gestualità ci fa trovare in una cucina fumosa attorno a “un taur grand cui cadregh de paja”, consapevoli di entrare in una dimensione atemporale che ci trasporta in un mondo in cui, come aggiunge Stadera, “alcuni episodi sono trasmigrati di letteratura in letteratura” con un protagonista ridotto “a eroe contadino, “tirato giù” dal piedistallo (e dal cavallo)”.
Su uno sfondo che richiama da lontano un retaggio nobile, viene avanti a grandi passi un eroe contrario a quello letterario. Come scrive nella traduzione Angela Viola: “Il Giuanin era un uomo non tanto grande, ma aveva due braccia come due tronchetti di faggio e una testa dura come un sasso di luna. Pensate che faceva a cornate con il caprone fino a rompergli le corna”. Nel vivere le sue avventure con “Ul magu di set tesct” (il mago delle sette teste) o con “I stri’ de Poz-Pian” (Le streghe in Poz-Pian, una località sotto il Monte Nudo), per citarne alcune, si ascoltano espressioni tipiche del nostro dialetto, con un modo di esprimersi portato all’esagerazione “che non ha veli né remore. A ben vedere è proprio lo stile abbagliante e spregiudicato – scrive lo Stadera – a reinventare il meraviglioso della favola e l’eroico dell’epica, complice un dialetto di sorprendente duttilità”.
E’ nel Dna della casa editrice curare nel dettaglio i libri pubblicati: questo, in particolare, evidenzia una ricerca ancora più accurata a partire dal contributo di Stadera, che ha riguardato anche le note (patrimonio di indiscusso valore) al termine di ogni capitolo, dalla traduzione di Angela Viola, che ha collaborato a lungo con Cerini, e dalla copertina che riproduce un disegno del Londonio, artista del Settecento. Una nota finale che non può mancare a riguardo di Cerini: i suoi quaderni scritti a matita che riportano le sue innumerevoli opere scritte tutte in dialetto, contengono un’anima con le sue mille sfaccettature, riconducibili tutte alle radici dell’amore per la sua terra e la sua gente.
Federica Lucchini
Presentazione del libro : Ul Giuanin senza pagüra d’Arcumegia