Liberati 20mila avannotti di lucci nelle acque del lago Varese. L’annuncio viene dato da Gianfranco Zanetti, presidente della Cooperativa Pescatori. Questa attività, infatti, si inserisce nell’ambito del ripopolamento di specie ittiche. E’ molto interessante ascoltare le sue parole che illustrano le fasi di questo lungo lavoro fatto di passione nel senso più autentico del termine. Bisogna avere un grande amore nei confronti di quelle acque per avere una simile pazienza accompagnata da una grande competenza. “Si tratta di una attività -spiega- che per questa specie si svolge da oltre 20 anni ed è caratterizzata da operazioni molto delicate che vanno dalla “spremitura” allo svezzamento degli avannotti. Il tutto avviene presso l’incubatoio del Tinella, grazie al costante e insostituibile contributo di Pietro Brani, che ne è il responsabile, e alla collaborazione, attenta e qualificata, di poche altre persone. A loro va un ringraziamento sincero per questo impegno poco visibile, ma fondamentale che consente una possibilità di incremento di queste specie in seria difficoltà riproduttiva e ora, per fortuna, in lieve ripresa. Ci si augura che questi piccoli nati possano ritrovare spazi e ambienti per potersi riprodurre in modo naturale”. La fecondazione artificiale a secco non è un’operazione ereditata dai genitori, come avviene per tutte le altre che riguardano i pescatori. “E’ iniziata leggendo libri specifici -spiega Brani- Sullo sfondo c’è sempre il grande amore per il lago”. “Ogni luccio adulto maschio e femmina viene preso in mano con i guanti in quanto il calore è dannoso per i pesci -interviene Zanetti- Si spreme delicatamente per fare uscire lo sperma e le uova, che in un secchio si rimescolano con un penna d’uccello. Il tutto poi viene posto in campane di vetro contenenti acqua con una pressione costante e regolata perché le uova vengano bene ossigenate. Per qualche giorno i neonati stanno nella sacca vitellina, mentre Brani è all’opera nella ricerca del cibo per lo svezzamento”. “Con un attrezzo specifico formato da un anello e una rete sottilissima -dice lui- dapprima trovo il fitoplancton, costituito da microrganismi vegetali, necessario per lo zooplancton di cui si nutrono gli avannotti”. Dopo 15 giorni i piccoli vanno liberati perché altrimenti si mangiano l’un l’altro.
“La preoccupazione -termina Zanetti- è che, se non ci sarà un coinvolgimento attivo dei giovani che possano affiancare coloro che oggi se ne occupano con cura, questa attività, certamente impegnativa e prolungata nel tempo, non potrà continuare, impoverendo il nostro lago di un’opportunità di nuova vita per il suo patrimonio ittico e di partecipazione a un’esperienza che significa anche conoscenza e dunque difesa del lago e del suo equilibrio”.
Federica Lucchini
“Nel lago di Varese il luccio (nome scientifico “Exos lucius”, appartenente alla famiglia degli Esocidi) è il naturale predatore al culmine della catena alimentare, entrato poi in competizione, a seguito di introduzioni accidentali, o comunque sbagliate, con il persico trota e con il siluro -spiega il prof. Marco Saroglia, coordinatore di progetti di ricerca presso il dipartimento di Biotecnologie e Scienza della Vita dell’Università dell’Insubria- La sua attività è importante nell’equilibrare le popolazioni dei ciprinidi. Se mancano le sue caratteristiche prede, attacca rane e anche piccoli mammiferi di riva e uccelli acquatici. Quando le femmine raggiungono l’età di 3-4 anni, in primavera depongono le uova che aderiscono alla vegetazione di fondo. Alla schiusa, le larve rimangono appese per il capo agli steli della vegetazione, fintanto che non assorbono completamente il sacco vitellino e iniziano ad alimentarsi. Cosa che avviene in pochi giorni”, termina.