E’ tornata al suo paese natale – Gavirate – per spiegare ai ragazzi di molte scuole secondarie, nell’ambito del progetto “Cittadinanza e Costituzione”, il suo incontro con i migranti nella sua veste di presidente della commissione per il riconoscimento della protezione internazionale. Un ruolo determinante che si accompagna a quello di viceprefetto di Milano. E lo ha fatto con molta chiarezza e delicatezza presentando realtà crude e altre che indicano la strada della convivenza feconda. Maria Luisa Inversini – Luisella per i gaviratesi – nell’auditorium pieno di ragazzi, accanto al preside David Arioli, ai rappresentanti dell’Anpi, dopo lo spettacolo degli alunni delle terze medie della scuola “Carducci” di Gavirate che, con la regia della docente Angela Lischetti, hanno rielaborato la storia di Piumini “Lo zio Diritto”, è entrata subito nel vivo, dopo aver sottolineato l’emozione particolare che provava in quel momento accanto al sindaco, Silvana Alberio, sua compagna di Liceo. “Mai avremmo pensato di trovarci un giorno in queste vesti”, ha detto sorridendo felice. E soprattutto mai avrebbe pensato che quella bambina che un tempo giocava nelle strade adiacenti l’auditorium, nei vicini boschi della Bellaria vivendo l’infanzia all’aperto come gli anni Sessanta permettevano, ora ha una responsabilità determinante nell’ascoltare la storia dei migranti e, applicando le norme europee, capire se meritano la protezione internazionale. Un ruolo delicatissimo che fa’ si che misuri le parole nel definire il suo metodo: “Nell’ascoltarli fondamentale è l’atteggiamento di rispetto – ha spiegato – ma intervengono tanti altri fattori legati alla professionalità”. Poi fa capire che le storie ascoltate “si portano a casa”, toccano nel profondo, ma vitale è l’applicazione delle norme. E ha dato ampio spazio all’umanità con cui viene a contatto giornalmente non solo citando cifre, ma parlando delle persone che fuggono dai loro Paesi non solo per motivi razziali, ma per le guerre. “Sapete, ragazzi, quante sono le guerre nel mondo censite nel 2015? Ben 33. L’Onu ha in corso 16 missioni di pace”. Poi i filmati che illustravano a tutto tondo realtà impensabili ascoltate in un silenzio profondo e molto partecipato, con la sua voce che sapeva cogliere le sfumature dell’animo dei protagonisti. Come quello di Susan, ragazza ugandese, costretta, per salvarsi la vita, ad uccidere un giovane che aveva tentato la fuga. Si intuiva la lenta agonia e l’epilogo era scritto nel volto della ragazza. Ancora: sono scorse storie di bambine con cinture d’esplosivo addosso, poi, un crescendo di speranza nel sorriso di una nonna, il cui nipotino in Giordania aveva ricevuto il certificato di nascita. “Il mondo è pieno di bambini giuridicamente invisibili – ha spiegato – Quattro bambini su dieci sono inesistenti, a causa soprattutto delle guerre”. Poi un’impennata nel tono di voce: “Le storie di rifugiati hanno anche un buon fine”, mentre scorrono le immagini di Albert Einstein, di altre figure famose e di giovani le cui storie non passano alla cronaca, ma indicano la piena realizzazione nella convivenza. “Questo è il mio augurio – ha terminato – come segno di speranza in una prospettiva verso cui tutti dobbiamo tendere”.
Federica Lucchini