Le cornee di Giovanni Lami, il giardiniere di 58 anni, deceduto domenica scorsa in barca nello specchio d’acqua davanti a Cazzago Brabbia, hanno donato la vista a un non vedente. Fino all’ultimo la sua esistenza è stata all’insegna dell’altruismo. Ieri, la chiesa parrocchiale di san Giovanni gremita durante le esequie, è stata la testimonianza di quanto il suo improvviso decesso abbia scosso gli animi di chi lo conosceva: ognuno dei presenti, provenienti da tanti paesi limitrofi, ha sentito il bisogno di essere lì, per l’ultimo saluto ad un amico. Come ad un richiamo. Ancora increduli. “Dietro questa donazione c’è un’analogia che merita di essere conosciuta -spiega Misaele Perin, capogruppo degli alpini di Azzio Orino- In questo periodo era proprio lui che si stava dando da fare, all’interno della nostra associazione, perché ad Azzio venisse portata una reliquia di don Carlo Gnocchi, ora santo, cappellano degli alpini in Russia durante l’ultimo conflitto mondiale, le cui cornee furono donate dopo il decesso. E’ come se il cerchio si chiudesse”.
Molti i gagliardetti ieri, durante le esequie: anche il gonfalone della sezione di Luino, quello dell’Avis, perché, nello stile di Gimmy (così era conosciuto), fino a quando la salute glielo ha permesso, non poteva mancare per lui questa donazione. Il parroco don Maurizio Cantù durante l’omelia lo ha citato come esempio di colui che vive non all’insegna della paura, ma di colui che lascia un segno nei cuori con i suoi gesti. Tre anni fa era partito per il Libano, come volontario con la sezione di Luino, assieme al vicepresidente nazionale Ana, Lorenzo Cordiglia, per contribuire alla sistemazione di un sito archeologico. Aveva lavorato non lesinando le energie: sudato, stanco e sorridente. La sera prima del decesso, era stato attivo ad una festa della Pro Loco di Cuvio, dove operava da anni, nel cucinare (era apprezzato come cuoco) e nella distribuzione delle bevande. In ogni necessità lui c’era. Quando domenica a Gavirate si è diffusa la notizia del suo decesso, a molti è venuto alla mente un ricordo tristissimo: quando a metà degli anni Settanta, suo fratello Giuseppe, adolescente, presente nella nazionale giovanile di canottaggio, perse la vita nelle acque del lago di Varese. Un’altra analogia.
Federica Lucchini