Sembra che la natura della nostra terra abbia partecipato alla nascita di Gesù, in questo grande presepe di via Marconi. Ora che verrà smantellato si notano per l’ultima volta dettagli sorprendenti di una bellezza particolare: è la legna raccolta sulle spiagge dei nostri laghi, con i segni lasciati dal tempo, che prende una nuova forma e una nuova vita. Levigata dall’acqua con venature che evocano sculture, o lavorata da eventi climatici, è stata raccolta negli anni anche sulle pendici del Campo dei Fiori. Lavorare tutto l’anno in funzione del presepe, in un percorso di fede e di bellezza, per Giovanni Alberio, ex primo cittadino di Gavirate, significa avere l’occhio su ogni elemento naturale che incontra nel suo cammino. Così una radice, trovata sul greto di un torrentello, pulita, lavorata può costituire una capanna, come le cortecce recuperate. Perché per Giovanni non si tratta di fare un unico presepe: crea anche quelli da asporto, come li definisce, usando un’espressione molto attuale. Quelli più piccoli formato “mignon”, che basta sollevare con una mano. Sono di una bellezza raffinata. E’ suggestivo entrare nel suo laboratorio dove l’ordine è calato in un apparente disordine. Ogni raccolta ha una logica: affascinano quei mazzetti di origano nei cartoni per terra. I rametti serviranno per creare una macchia verde, calata su un tappeto di muschio che in questo laboratorio ha diverse sfumature, perché conservato in tanti anni. Poco lontano rami di siepe tagliati con bacche a cui il passare del tempo ha conferito una tonalità di un rosso particolare. Serviranno per altri presepi. Colpiscono l’attenzione quei legni, che sono stati posti precedentemente sul tetto ad asciugare. Le venature sembrano raccontare una storia: ce n’è uno che evoca la forma di una culla. Da lì scaturirà una natività curiosa. Da questo laboratorio che richiama passione in nome della fede, si torna a guardare per l’ultima volta il grande presepio, posto all’ingresso tra vetrate luminose: è diviso in tante scene con tanti personaggi, tanti paesaggi. L’occhio ci si perde. Ma alla sera, quando è buio, rimane accesa tra luci soffuse la natività. E’ questo il senso di tale lavoro che dura da anni.
Federica Lucchini