Non è dato sapere con sicurezza quando esattamente avvenne la lenta fusione del grande ghiacciaio che caratterizzava il territorio prealpino tanti secoli addietro: gli studiosi stimano possa trattarsi del periodo tra il 12000 e l’8000 a.c.. L’enorme blocco di ghiaccio ritirandosi lentamente grazie all’ablazione dovuta ai raggi solari, ha portato con sè detriti pietrosi di gigantesche dimensioni che poi si sono depositati nel momento in cui hanno toccato il terreno e da allora li sono rimasti. Li vediamo tutt’ora questi massi granitici perlopiù nascosti nei boschi, ammantati da rovi, inglobati da contorte ramificazioni oppure immersi nei laghi, tanto da essere quasi invisibili nonostante le loro importanti proporzioni. Si chiamano Massi Erratici e nelle nostre lande i piu’ famosi sono: il Sasso del Fungo, Il Sass Cavalash, il Masso Nero, il Sass Gross ed il Sass della Rossera. Tra tutti però ne spicca uno in particolare, sia per la posizione, ma sopratutto per la conformazione, anche se in origine non era così evidente. Si tratta del Sass Galèt, letteralmente infilato nel lago Maggiore a pochi metri dalla riva e si trova a lato della galleria nel comune di Castelveccana Laveno Mombello. Fino a pochi decenni or sono la lacuale Laveno-Luino gli correva proprio a fianco, poi però le continue frane costrinsero le autorità ad alienare quel tratto ed a ricorrere alla costruzione della attuale galleria, di fatto negando agli utenti della strada la vista di quel particolare monumento pietroso tanto che oramai la sua esistenza, con il passare degli anni sia praticamente passata nell’oblio. Le dimensioni del Sass Galèt erano in origine ridotte ai minimi termini rispetto a come lo possiamo vedere oggi. Pare infatti che, come attestano antiche documentazioni, fino a prima del dominio dell’Impero Romano sul Verbano, esso sporgesse dall’acqua per non più di qualche decina di centimetri, tutt’altra cosa rispetto ai 15 metri di oggi! La motivazione per la quale questo pinnacolo di granito si sia elevato verso la volta celeste è avvolta nel mistero! Alcuni studiosi avvallano la teoria di un accumulo di depositi glaciali ma voci di popolo che si tramandano di generazione in generazione parlano invece di un ben diverso andamento della questio di fatto e che ha per certi versi quasi dell’incredibile! Ma andiamo con ordine. Sul finire del III secolo a.c., queste lande furono assoggettate dai Romani e nel giro di poco meno di duecento anni, i latini presero pieno possesso dell’Italia del Nord trasferendo nei territori conquistati ai Galli dei coloni ai quali venivano assegnati grandi appezzamenti di terra sui quali poi, una volta preso possesso, agivano sulla popolazione locale come fossero piccoli imperatori. Da Roma ne era partito un folto gruppo alla volta delle rive del Verbano per la maggior parte vetrani militari. Ad accompagnarli c’era l’imperatore Vespasiano il quale voleva rendersi conto di persona quale tipologia di territorio si sarebbe aggiunta al suo già immenso impero. Da quelle lontane terre, era giunta voce che, tra le peculiarità della zona e cioè quelle paesaggistiche, enogastronomiche e culturali, vi erano le donne indigene, fiere discendenti dei Galli, le quali erano molto avvenenti, difficili da domare e pure molto passionali. Quindi i futuri consoli, da buoni romani tradizionalmente farfalloni incalliti, e sempre alla ricerca di femmine esogene, prima di partire per le terre settentrionali, fecero incetta di tutti gli intrugli afrodisiaci che giravano sottobanco sia tra nobiltà romana che tra i bassifondi della peggiore suburbia. La scelta era abbastanza ampia e variegata: gli “amatoria locula” come nominavano loro i filtri d’amore erano venduti da soggetti poco raccomandabili e si trattava perlopiù di misture costituite da una sorta di composti non ben definiti, spesso tossici che a volte si rivelavano anche letali. Gli ingredienti principali erano la mandragora, una radice usata anche per generiche pozioni magiche, la bacca arancione della noce vomica che conteneva la velenosissima stricnina ma anche cuori di rospo bufo bufo, sangue di impiccato con una corda da 22mm. di diametro mescolato in un teschio di un abitante di Frosinone alta, stufato di poiana stridula della famiglia delle Accipitridae, frullato di barlafùs romano al lampone, cistifellea di cicisbeo grigliata oppure polvere di femore di bue muschiato dal lungo pelo corto ma non troppo. Il prodotto più gettonato però era il lampascione, un bulbo proveniente dalla Apulia detto anche aglio di biscia o cipolla canina avente proprietà diuretiche, lassative oltre che essere un ottimo detergente adatto per lavare i freni a tamburo del Garelli monomarcia e i pistoni della Prinz verde che però erano ben lungi dall’essere inventati e quindi, non potendolo utilizzare per quegli scopi lo adoperava come afrodisiaco. Un fanatico assuntore di qualsivoglia pastrocchio che potesse dare aiuti supplementari nella pratica erotica era l’imperatore Caligola, la cui vita era degenerata proprio a causa di questi pastrocchi venefici. E’ noto il fatto che dormisse con Incitatus, il suo cavallo preferito tanto da nominarlo senatore dell’Impero! E’ altresì appurato che si travestiva da plebeo per potersi aggirare furtivamente tra i quartieri più malfamati della Roma antica alla farneticante ricerca di tutto ciò che potesse dare maggior brillantezza fisica durante i baccanali nella sua villa da sogno dove oltre a mangiare piccioni con i datteri, la trasgressione ai massimi livelli era considerata cosa normale. Vespasiano invece, al contrario, cercava di combattere il fenomeno a suon di decreti molto severi, che contemplavano anche la pena di morte per chi fosse trovato in flagranza di spaccio di queste sostanze. Su questo punto non voleva sentir ragioni: non aveva tempo da perdere in quanto era preso anima e corpo in un progetto che non aveva ben capito nemmeno lui cosa fosse, che desse lustro al suo nome nei secoli dei secoli e che però gli rimuginava in testa da illo tempore senza manifestarsi concretamente. A dar man forte ai paladini dell’integerrima morale c’era pure il famoso poeta Publio Ovidio Nasone il quale aborriva ogni genere di devianze sessuali salvo poi combinarne peggio di Bertolo che però a quei tempi non esisteva ancora quindi il paragone è nullificato. Il fatto che Vespasiano, imperatore mastino ligio alle leggi, prendesse parte alla spedizione partenza verso il Verbano , aveva turbato non poco la tranquillità dei nuovi consoli. Già si vedevano contornati da giunoniche femmine celtiche tutte messe ko dalla loro incredibile virilità, beneficiata proprio dagli Intrugli che Vespasiano combatteva. Ora invece se lo ritrovavano sulla stessa carovana di carri che li avrebbe portati verso le Prealpi e sui quali avevano caricato decine di otri colmi di tutto il peggio degli intrugli afrodisiaci che il mercato potesse allora offrire e questo era un grosso problema da risolvere al più presto in quanto non osavano pensare alle conseguenze nel caso in cui Vespasiano avesse avuto anche solo un minimo sospetto! Il programma di viaggio prevedeva la risalita dello stivale con un lungo convoglio di 15 carri trainati da buoi di razza sardo-giapponese Subaru che aveva la caratteristica di possedere la trazione fissa su tutte le quattro zampe, unica nel suo genere ed oltretutto di disporre di una illimitata potenza; di contro consumavano 3/4 kg di fieno verde al chilometro! La partenza avvenne dal Colosseo proprio il giorno in cui si svolgeva la finale di Champions Stragis tra I Gladiators di Ronaldus ed i Leones di Messius. Questa coincidenza parve una beffa per i consoli che da tempo avevano allenato i loro pollici per poterli mettere in posizione versa pin modo che potessero fare giustiziare il maggior numero di gladiatori possibile con una grazia ed una velocità fuori dal comune. Ed invece, Vespasiano ordinò di partire proprio quel giorno perché a lui le lotte tra i gladiatori annoiavano e quindi dovettero loro malgrado obbedire ai voleri dell’imperatore cheli avrebbe condotti addirittura su fino all’estremo nord dell’Impero in direzione di un luogo che mai nessuno aveva sentito nominare: Sesto Calende! A quei tempi la sua con una denominazione era Sextum, in quanto distante sei pietre miliari da Somma Lombardo. Se fosse stata ubicata più vicina probabilmente l’etimologia sarebbe stata diversa e forse si sarebbe chiamata Quintum o magari Quartum e conseguentemente oggi sui cartelli stradali avremmo letto “Quinto o Quarto Calende” , se invece fosse stata costruita più avanti senza dubbio alcuno l’avremmo conosciuta come Septimum ma lì era e quindi con buona pace del mondo antico e poi moderno così è stata denominata! Dal porto di codesto luogo sul lago Verbanus una galea lacuale, la quale era una imbarcazione da lago non da mare altrimenti la galea sarebbe stata marina, avrebbe condotto i nuovi consoli a Laveno che allora si chiamava con un nome che non è dato sapere in quanto Tito Labieno, il console lì assegnato, avrebbe poi chiamato col suo nome quel luogo perché, come del resto gli altri consoli, era parecchio egocentrico. Infatti, oltre appunto Labieno e l’imperatore guastafeste Vespasiano, a bordo della galea veleggiavano Sovinius, Vercobius, Attius, Cassanus e Septilius. Essi erano primi consoli che andavano ad occupare questo territorio così lontano e sconosciuto, facendo da apripista ad altri che poi sarebbero arrivati in un secondo momento. Poi ovviamente sulla galea vi erano tutti gli effetti personali dei consoli e quella quindicina di otri entro i quali vi erano celati gli intrugli afrodisiaci accumulati tempo prima nelle borgate romane. Vespasiano incuriosito da tutto questo materiale chiese spiegazioni sul contenuto di quei misteriosi recipienti. Pensava già al conto salato del trasportatore e quindi si doveva inventare una nuova gabella da far pesare ai romani per recuperare il costo di quel viaggio! Optò per tassare il subligaculum, una sorta di perizoma in lino che andava per la maggiore a quei tempi, così le spese di questa spedizione sarebbero state riassorbite in tempi ristretti. La giustificazione, studiata a tavolino dai consoli fedifraghi, consisteva nel dichiarare tutti quanti concordemente, che trattavasi di una prima parte dei vestimenti delle mogli che a breve si sarebbero riunite ai consorti perché la restante sarebbe arrivata con le vestali. Vespasiano strabuzzò gli occhi! Ma che immenso guardaroba avevano in dotazione quelle dannate matrone? Non volle sapere di più, per fortuna dei consoli e quindi si mise a prua della galea e, con la tramontana che gli sferzava sul volto, pensando a quel famoso progetto che sentiva di avere in mente ma che non riusciva a partorire. L’imbarcazione correva veloce sulle acque del Verbano, il porto della futura Labieno era in vista e Furio Labieno pronto a scendere ma il popolo, venuto a sapere che su quella galea si trovava il nuovo console romano che avrebbe avuto su loro potere di vita e di morte , aveva indetto una protesta feroce. Forniti di armi non convenzionali come forconi, asce, picconi, badili, pure un paio di pitali branditi come fosse una gladius e muniti di striscioni con insulti indigeni del tipo barlafuus ,va foo di ball, balabiott, pelabrocc, sciusciabaslott, brusapiviùn, schisciapiocc, brùbrù ed altri epiteti innominabili, i locali costrinsero la barca riprendere il lago, evitando così un possibile linciaggio e cercare un porto più tranquillo dove attraccare. Vespasiano si era rifugiato nel punto più nascosto della stiva della galea, proprio dietro gli otri dal contenuto misterioso che nel frattempo avevano iniziato ad emanare uno strano fetore ma l’imperatore impaurito dalla veemenza di quel barbaro popolo, non se n’era nemmeno reso conto anche perché la paura, oltre che fare 90, gli aveva messo addosso movimenti interiori poco nobili. Contemporaneamente i consoli ed il capitano della galea, tutti in preda al panico poco coincidente coll’animo bellico che avrebbe dovuto contraddistinguere quella banda di maltrainsema, avevano perso la capacità di intendere e di volere e quindi l’imbarcazione, praticamente priva di ogni tipo di comando, si stava dirigendo a nord verso Luvinum, proprio a fil di costa in balia delle onde provocate dalla tramontana. Appesantita dal carico umano e di tutto ciò che era stivato, l’imbarcazione ballava pericolosamente rischiando di schiantarsi verso la parete della roccia oppure di impattare sugli scogli che affioravano dal fondo. Infatti, dopo un ulteriore ondeggiamento, la chiglia impattò tremendamente contro un pinnacolo che emergeva dalle acque per qualche decina di centimetri. Un rumore secco di fasciame di legno spezzato, amplificato come una cassa di risonanza dalla parete del Sass de Soliroeu che sovrasta quel tratto impervio di costa, fece scappare di gran carriera con uno starnazzare mai udito tutti i tarabusi ed i fischioni li presenti. Il fasciame era quello della galea che da uno squarcio enorme sulla prua iniziava ad imbarcare senza ritegno alcuno acqua di Verbano all’interno della stiva. In quel punto la profondità del lago è minima ma sufficiente per far affondare la galea nella sua quasi totalità lasciando fuori dalle acque il ponte o poco più. Gli sventurati occupanti dell’imbarcazione colata a picco si ritrovarono tutti su quel poco che era rimasto; constatarono di non essere feriti e comunque, nonostante il terrore che aveva preso possesso di ogni millimetro quadro dei loro corpi, erano ben felici di essersi salvati. Poi la riva eri lì a portata di poche bracciate a nuoto, sul cosa fare poi avrebbero pensato non appena avessero toccato la terra ferma. Vespasiano, da Imperatore in tutto e per tutto , radunò quel piccolo drappello di uomini un po’ in disarmo e chiese attenzione perché aveva da impartire ordini, era pur sempre un Condottiero, soprattutto in una situazione di emergenza come quella. Iniziò alzando il dito indice per darsi un contegno ducesco, stava aprendo la bocca per dare il la al suo comizio quando nel pronunciare con regale drammaticità “Roman….” l’acqua sottostante inizia a ribollire come se un vulcano avesse improvvisamente aperto un cratere proprio in quel punto. Bolle sempre più grandi, dai colori sgargianti esplodevano, lasciando nell’aria circostante un olezzo pestilenziale: una scena apocalittica! Un boato più forte degli altri fece letteralmente volare in aria i derelitti provenienti da Roma che si ritrovarono senza rendersi conto in un battibaleno sulla riva, storditi, malconci ma salvi e contemporaneamente un rumore sinistro terribile, simile alle unghie sulla lavagna moltiplicato all’ennesima potenza, si stava manifestando tra quel ribollire infernale. Gli occhi strabuzzati dei Romani videro un evento al di fuori di ogni immaginazione: la loro galea sfasciata che era affondata si stava pian piano elevando verso il cielo, lentamente ma senza interruzione. Il rumore sempre più assordante aumentava con l’elevarsi della barca che una volta fuoriuscita completamente dalle acque permetteva di vedere cosa la portasse verso l’alto: si trattava di quel piccolo pinnacolo che aveva provocato l’affondamento! Vespasiano a questo punto perse ogni genere di dignità, troppe emozioni ravvicinate in un arco di tempo talmente ristretto stavano lasciando nella sua fragile psiche e soprattutto nel suo corpo segni inequivocabili di resa, proprio lui che era un Imperatore del più grande Impero del mondo! Si stava lasciando andare nel modo meno dignitoso che ci possa essere quando ebbe una grande intuizione, casualmente nel contesto meno propizio che possa essere per far funzionare il cervello con razionalità. Aveva trovato quello che stava seguendo da tantissimo tempo, ciò che avrebbe legato indissolubilmente il suo nome ad un qualcosa che avrebbe lasciato un segno indelebile per tutti i secoli a venire, forse addirittura fino alla fine del mondo: Vespasiano come sinonimo universalmente riconosciuto di cesso, l’unico autorizzato ad essere associato ad un oggetto così utile anzi, indispensabile! Tutti i popoli del mondo lo avrebbero nominato nel momento del bisogno, sarebbe stato sulla bocca di ogni essere umano del globo, il suo nome avrebbe superato la barriera spazio/tempo: Vespasiano l’immortale, Vespasiano glorificato ed incensato, Vespasiano colui che avrebbe messo tutti seduti, dal più umile dei paria al semidio adorato e venerato come nessun altro sul globo terracqueo! Nel mentre l’imperatore fantasticava sulle future glorie, il pinnacolo di granito si erigeva sempre più verso la volta celeste. L’imbarcazione, non riuscendo più a sfidare la fisica, ad un determinato momento cedette alla legge dell’equilibrio, ricadde sugli scogli e quindi in acqua frantumandosi in migliaia di piccoli pezzetti che presto furono preda delle onde. I consoli spiaggiati come inebetiti fissavano del coso cilindrico di sasso che non smetteva di crescere fino a che l’ebollizione delle acque iniziò a scemare lentamente, i colori sgargianti dispersero tra i flutti e alla fine anche l’affare dopo un breve sussulto finì di erigersi in direzione del firmamento. Cosa diavolo era capitato? Forse qualche dio pagano indigeno aveva udito il popolo protestare contro l’arrivo dei nuovi conquistatori ed aveva mandato loro una maledizione? Oppure un fatto naturale, un maremoto…? Un maremoto il lago? Impossibile, mai nessuno aveva sentito il verificarsi di un lago moto! Ed allora…? I consoli ancora sotto evidente confusione mentale e fisica tentavano di dare una spiegazione logica a ciò che era successo quando qualcuno nominò tra le altre cose, il fatto che il loro prezioso carico di sostanze erotiche si era disciolto in acqua e quindi addio galoppate amorose in quantità industriale con le lascive femmine barbare autoctone. …ma, vuoi vedere che…? Un lampo di genio si materializzò improvvisamente e contemporaneamente nei cervelli già messi a dura prova dei derelitti naufraghi. Tutta quella tremenda apocalisse era stata procurata nientepopodimeno che proprio dalla mescolanza di quelle strane sostanze avvenuta a causa della fuoriuscita dagli otri durante l’affondamento della galea. I consoli si guardarono l’un l’altro con espressioni stralunate ed ognuno aveva una sua sensazione: chi si disperava perché l’effetto su di loro sarebbe stato stellare e che manco il dio Eros in persona sarebbe stato in grado di competere e chi invece ringraziava la dea Angerona, quella che allontana le angosce, per averlo salvato da una cosa che sarebbe stata incontrollabile visto e considerato che il pinnacolo era salito fino alla ragguardevole altezza di ben 15 metri in pochi minuti! Quel manipolo di personaggi di estrazione militare che in teoria doveva assoggettare con facilità i barbari pagani del luogo, era rimasto vergognosamente in mutande, tremante di paura come una panna cotta alla cannella e senza sapere come agire. Di loro non si seppe più nulla a parte una diceria che narra di un misterioso convento abbarbicato sull’aspra rupe dell’Alpe Pirla dove la prima ed unica ferrea regola era l’applicazione talebana della castità, ma forse è una leggenda che si tramanda di generazione in generazione senza un vero fondo di verità. Il loro Condottiero Vespasiano invece dopo aveva perso onore, dignità e l’uso della ragione stava vagando per quelle lande sconosciute e perigliose gridando: “fate largo, io sono Vespasiano, il dio dei cessi, quello che è sempre presente nel momento del bisogno!”. Partorì nel contempo l’idea di applicarci una gabella sull’utilizzo: la Vespatass, ogni tiro di sciacquone, mezzo sesterzio e poi andò a fare l’autostop per tornare a Roma per concretizzare le sue teorie. Purtroppo per lui le auto erano ben lungi dall’essere inventate ma pur non essendoci notizie che abbiano documentato il travagliato peregrinare, in qualche maniera ritornò trionfalmente in Patria e riuscì a mettere in atto tutti i suoi propositi! Ma il vero protagonista di questa incredibile vicenda, Il Sass Galèt, che in origine era denominato Preja Erbiùn …la pietra del pisello, così chiamato dalla gente del posto, un nome che si perde nella notte dei tempi …poi modificato in Sass Galèt perchè sulla sommità vi è stato messo un affare a forma di galletto, è li da almeno 20 secoli con i piedi a mollo nel lago, forse non ricorda le vicende che lo hanno visto nascere, da piccolo spuntone di poco più di 50 centimetri ad un corpo che ora svetta fino a toccare i 15 metri. Per uno scherzo del destino un intruglio composto da strani componenti maldestramente mescolati che in origine doveva erigere un altro genere di corpo, ha invece permesso al già stupendo colpo d’occhio del Lago Maggiore che tutto il mondo ci invidia, si aggiungesse un elemento dal valore paesaggistico decisamente pittoresco! Alla fine della storia vien da pensare che forse è stato meglio così, decisamente! Anche se non c’è alcuno che crede che sia andata in questo modo… Ma il dubbio aleggia…
Flavio Ferdinando Ferretti
Da internet