“Per i cazzaghesi è sempre stata come la Mecca”: le parole di Diego Montalbetti, 38 anni, che ha gestito con la famiglia fin da quando aveva 21 anni la “Trattoria della Rosa” rappresentano efficacemente quel luogo mitico per il paese. In questi giorni sta sbaraccando con tanta amarezza, dopo avere dedicato tutti questi anni a mantenere alto il nome del locale, promuovendo la convivenza tra tradizione e innovazione. Ma d’altro canto c’è la riconoscenza dei clienti che hanno esternato anche sui social il loro dispiacere per la mancanza della sua presenza, certo come cuoco, ma anche persona attenta a tenere viva la socialità nello spirito originario del locale. La chitarra del padre Alberto che intratteneva i clienti, il sedersi attorno al camino originario a “contarsela su”, il dipinto sulla parete che richiamava la pesca (le barche dei clienti, il porticciolo, le ghiacciaie, e il papà del Negus, il pescatore ancora in attività) erano tutti connotati che offrivano un clima familiare, tutto particolare. “Questo posto ci ha visto crescere”, ha scritto una cliente in una poesia intrisa di riconoscenza. Per capire la magia del luogo bisogna risalire al suo lungo passato, fino ai primi del 1800, e alla sua ragione d’essere nel cucinare il pesce di lago. Ma chi era la Rosa? Rosa Giorgetti, classe 1864, era la bisnonna dell’attrice Betty Colombo che l’ha rappresentata magnificamente in uno dei suoi testi teatrali. Donna forte, intrepida, da sola nel 1888 affrontò la traversata dell’oceano Atlantico, portando con sé il figlio più piccolo per giungere in Argentina alla ricerca del marito di cui non sapeva più niente. Quando due anni dopo ritornò con il coniuge, Celestino Quaglia, era incinta del suo quarto figlio che chiamò Amerigo. Continuò nella sua trattoria conosciuta con il nome di trattoria della “Bagin”, come era soprannominata lei. Ma perché tale soprannome? “Deriva da Babuskha, nonna. Gliel’avevano assegnato i soldati slovacchi, di stanza a Cazzago”, spiega Betty. Grande affabulatrice, sapeva intrattenere i clienti con i suoi racconti. Luigi Stadera, su un numero di “Virgola”, periodico quasi comico di Cazzago, di fine anni Cinquanta, scrisse pagine impagabili su questo luogo di ritrovo. “Prendiamo ad esempio il vecchio camino che, se potesse raccontare tutto quello che ha sentito, io non dubito ne verrebbe la storia più autentica e più immediata di Cazzago nell’ultimo secolo. E’ facile dire che un camino del genere ha fatto il suo tempo. Eppure, a me come a tutti, piace sedere nel suo canto, con un grosso ceppo che arde, e ascoltare le avventure di caccia del pa’ Lisander, le storia dei nostri pescatori che, tanti tanti anni fa, i pesci li prendevano a quintali, mentre adesso, è naturale, non si pesca più nulla”. La trattoria/osteria era il luogo delle partite a carte, della briscola chiamata, dello scopone scientifico e questa tradizione è continuata fino agli anni Duemila. “Basta sentire come urlano -aggiunge Stadera- e che pugni pestano sul tavolo. Questo spiega perché i tavoli sono tutti in noce massiccio”. Curioso, al tempo della Bagin, era il momento del rosario, “pittoresco”, come lo definisce Stadera, recitato dalle donne, “cosparso di difetti del prossimo”. I tempi sono cambiati, naturalmente, ma la trattoria è sempre rimasto un luogo unico. Chiuderla, fa sentire un po’ orfani. Gli auguri migliori a Diego che con la famiglia ripartirà al Circolo Famigliare 1904 a Buguggiate.
Federica Lucchini