“Vorrei che la Regione Lombardia e le Istituzioni statali, di fronte all’evidenza, riconoscessero che la mia malattia esiste”. Deborah Iori, la mamma affetta da Mcs (Sensibilità Multipla Chimica), curata a Dallas grazie al contributo di moltissimi cittadini, è appena ritornata da un ringraziamento pubblico alla Pro Loco di Sangiano che come tante altri associazioni ha fatto molto perché venissero raccolti contributi per la cura. La sua Nuova Vita con la maiuscola, come sottolinea, corrisponde ad una qualità impensabile nei mesi precedenti la partenza per la clinica specializzata: può mangiare, abbracciare i suoi figli soprattutto, e camminare. Certo, non è guarita, non guarirà mai. “Desidero – riprende – che la mia malattia venga riconosciuta tra le malattie rare, che necessitano di cure particolari. Si migliora la qualità della vita, ma sempre stando sotto osservazione. Ho avuto una breve parentesi sociale perché sentivo la necessità del ringraziamento, e sono stata a Laveno Mombello per due minuti senza mascherina perché era notte ed ero all’aria aperta, ma subito ho dovuto indossarla. Non posso stare a contatto con tanta gente. Mi intossico, per le sostanze chimiche che il mio fisico non può sopportare. In casa l’aria è filtrata con strumenti provenienti da Dallas, dove dovrò tornare nel mese di febbraio per verificare se la terapia va modificata. Il dottor William Rea, che mi ha curato, ha riconosciuto che la mia malattia è al quarto stadio, il più grave. Di conseguenza ci saranno terapie che durano due anni, altre cinque, altre tutta la vita. E’ come per un diabetico: senza insulina non vive”. Deborah comunica un dato a cui non si penserebbe mai: negli Stati Uniti la Mcs è più frequente che l’Aids. Ecco il motivo dell’alta qualità delle cure.
E ha un pensiero di intensa gratitudine verso il suo medico curante, il dottor Marco Kogoj, che l’ha sempre aiutata moralmente e che gli ha riprescritto l’ossigenoterapia secondo le indicazioni della dimissione americana.
Federica Lucchini