“Chiedere non è facile. Io al suo posto che cosa farei?”. Sta in questa domanda che evidenzia occhi attenti a cogliere ogni sfumatura di vero bisogno, scevri da ogni pietismo, la chiave che muove ancora oggi a Varese l’operato della Società San Vincenzo De Paoli. A illustrarne l’essenza è la decana, Carla Aletti Sandroni, presente con responsabilità direttive fin dal 1972. Nel suo lungo percorso vincenziano ha assunto per ben 13 anni a Parigi il ruolo di coordinatrice di dieci Paesi europei. “Una esperienza bellissima, di una tale ricchezza che ne sento i benefici ancora oggi”, sottolinea, schernendosi. Non vuole apparire. Ma il suo raccontarsi ci conduce a comprendere a fondo le motivazioni che determinano l’impronta di vite rivolte agli altri, abili a tessere nel silenzio una rete di sostegno efficace. “E’ un vero privilegio entrare in relazione amicale con le persone -aveva scritto nel 2006 in occasione del centenario di presenza della Società a Varese- un’amicizia che travalica il momento contingente per stabilire rapporti duraturi. La nostra presenza non è mai vista come quella di chi dà, ma di chi partecipa in un rapporto paritario alle gioie e ai dolori di chi riceve l’aiuto”. “La San Vincenzo -aggiunge oggi- è casa mia. A 84 anni non riesco a staccarmene. E’ parte di me”. Il non fare mai sentire a disagio coloro che necessitano di aiuto è la cifra intepretativa dell’agire delle volontarie, come lo è altrettanto il provare gioie difficili da esprimere: “Lo sai che la Carla ti ha visto prima di me!”, ha detto un giorno una mamma alla figlia, ricordando la sua presenza in sala parto. Non si lavora per la riconoscenza, ma questa si manifesta in tanti modi, come nella Casa di prima accoglienza, messa a disposizione dal Comune “dove le mamme e i loro figlioletti -spiega- hanno la possibilità di vivere con noi un momento difficile della loro vita e di intraprendere un cammino che, passando attraverso la soluzione di problemi contingenti, le porti ad una completa autonomia”. O nel Centro di ascolto di via Procaccini n.3, dove c’è la loro sede, o nell’alloggio, da utilizzare al massimo per un anno, messo a disposizione da parte della parrocchia di Casbeno per una famiglia. Sono importanti gli incontri quindicinali per poter coordinare la loro azione: si aprono con una meditazione, seguita da una preghiera. Determinante poi è il parlare delle persone seguite. C’è poi un’azione concreta, che ha il sapore della privazione a favore del dono: la colletta segreta a cui è tenuta ogni partecipante, secondo le modalità stabilite dal fondatore, Federico Ozanam, nel 1833, anno di fondazione della Società. “Questo gesto è determinante per venire incontro alle necessità più urgenti. Così siamo diventate più “risparmiose”, anche a casa nostra e desiderose di avere a disposizione oggetti da vendere -sottolinea sorridendo riferendosi al piacere di essere supportati da ditte fornitrici e da privati che danno una mano- Abbiamo una clientela fissa: quando allestiamo i nostri mercatini attende le nostre marmellate, i nostri liquori, acquista volentieri quello che mettiamo in vendita”. Anche i giovani sono disponibili senza essere iscritti. Anche solo come manovalanza nel distribuire i pacchi alimentari, ad esempio. “Ogni singolo incontro per Carla ha una storia come per le altre volontarie (Daniela Fagnani, Manuela Autelli, Maria Grazia Busti, Maria Luisa Gellona, Giustina Milella): ha l’oculatezza dell’esperienza e l’entusiasmo che si rinnova ogni volta, in una Varese che sa essere solidale.
Federica Lucchini