Della Chiesa di Carnisio e di antichi dissapori
Trascorreva il Medioevo. Fra la povera gente, cioè fra la quasi totalità della popolazione, il problema esistenziale era quello di riuscire a riempire la pancia e, a molti, questo problema risultava di difficile soluzione. Tra i nobili, cioè i ricchi, l’interpretazione della vita era invece diversa e abbastanza strana. I loro appetiti alimentari erano regolarmente soddisfatti, ma, nelle famiglie aristocratiche, convivevano in una per noi pittoresca ed inconcepibile promiscuità ferocia e carità, vendetta e pietà, ascetismo e religiosità. Per esempio i Besozzi, ricchi signorotti locali, da un lato conducevano una vita piena di sfruttamenti, prepotenze e baldorie e, dall’altro, per farsi perdonare queste loro cattive abitudini, costruivano ogni tanto, in penitenza dei loro peccati, chiese e cappelle.
Fu così che Giacomo Besozzi, titolare di molti possedimenti in Caldana, Carnisio e Cerro e, in particolare, padrone della tenuta che oggi è Villa Moerlin, decise di costruire, ai margini della sua proprietà, una cappella.
Siamo nel 1260 circa. Si legge nel documento che ho sottomano che
“ nell’anno 1262 [..] da un Frate Leone dell’Ordine de minori conventuali di prima pietra fù instituita la Capella ò Chiesa di Carnisio con titolo dell’Assontione della Beatissima Vergine”.
Sulla costruzione della cappella è aperta una disputa non risolta. Fu costruita sulle rovine di una chiesa antica (un convento francescano ? un tempio pagano ?) oppure fu normalmente edificata appena fuori dall’abitato di Carnisio, su un poggio panoramico e deserto?
Forse non lo scopriremo mai, anche se l’ipotesi che preesistesse una costruzione di carattere religioso è avvalorata da un’affermazione del Cardinale Schuster in occasione di una sua visita a Carnisio.
La cappella era molto più piccola dell’odierna Chiesa; ritengo possa essere stata ampia meno della metà della Chiesa attuale.
Nel 1272 i figli del defunto Giacomo Besozzi fecero costruire accanto alla cappella una casa atta ad ospitare il sacerdote e donarono alla Chiesa dei terreni allo scopo di fornire i mezzi per il sostentamento del sacerdote. Questi poteva concedere i terreni ai contadini e riscuotere la decima, cioè una sorta di tributo che chi coltivava i terreni era costretto a corrispondere alla Chiesa. Da parte sua, il sacerdote era obbligato dagli accordi a celebrare due Messe per settimana. Tutto il paese trovava motivo per accorrere in Chiesa. Molti erano richiamati dal sincero desiderio di onorare la Vergine Maria; molti dal desiderio, non altrettanto spirituale, di farsi assegnare qualche terreno da coltivare o di avere altri vantaggi economici (nella Vigna del Signore c’è sempre stata tanta uva da piluccare).
Comunque la Cappella di Carnisio non aveva autonomia religiosa. A Carnisio c’era un sacerdote, ma le pratiche liturgiche più importanti (battesimi, matrimoni, comunioni etc..) venivano celebrate esclusivamente a Cocquio, sede di Parrocchia.
Nel 1578 viene a trovarci una persona di straordinaria rilevanza storica ed ecclesiastica. Arriva l’Arcivescovo di Milano Carlo Borromeo (San Carlo), il quale riconosce i disagi della nostra gente. Constata che la Parrocchiale di Cocquio è lontana “un milio, un milio è mezzo” e che la popolazione di Carnisio, Caldana e Cerro è “popolo numeroso” e quindi concede al Sacerdote di Carnisio di “ministrare …..etc..etc…..” , ma solo nei giorni feriali.
Aggiunge però che la Chiesa è ancora “indecente et incapace e provista di una sola e picciola campana” e che, “nelli giorni festivi” il Coadiutore è ancora comunque tenuto a “convenire alla Parochiale di Cocho per attendere in aiuto alla Dottrina cristiana, et al vespero”, portando con se tutta la popolazione.
In cambio di questa collaborazione domenicale il Curato di Cocquio deve versare “50 donce” al Coadiutore di Caldana e “due moggie di mistura” al Sagrestano.
Non restò che prendere atto della disposizione.
Fin da allora fra Carnisio e Cocquio non correva però buon sangue. Presto cominciarono ad esserci “liti et controversie” soprattutto perché il Curato di Cocquio non aveva nessuna voglia di pagare le “50 donce”. Gli abitanti di Carnisio si rivolsero allora al Cardinal Federico Borromeo e, in seguito al suo intervento, il Curato di Cocquio dovette metter mano al portafoglio.
Nel frattempo la Chiesa di Carnisio si allargò. Nel 1626 il Coadiutore, spendendo “anco del suo” e probabilmente avvalendosi della manodopera dei Caldanesi, fece costruire due cappelle: quella della Madonna Assunta e quella di S. Giuseppe.
Ma i rapporti con Cocquio non davano, nel frattempo, segnali di miglioramento.
Nel 1629 “tra Cocho e Carnisio nacquero parimenti molte controversie nel governo della Cura”.
Nel 1631 “cominciorono essere liti et controversie tra li moderni beneficiati etc…etc…”.
Nel 1632 “…seguirono molte disentioni, et controversie…….e sempre vi è che dire “.
Quanno i Cocquiesi udivano lo zoccolare della gente di Carnisio che stavano arrivando, si appostavano e davano luogo a sassaiole.
Non si poteva più continuare così e quindi gli abitanti di Carnisio incominciarono ad adoperarsi per ottenere l’elevazione della loro Chiesa a sede di Parrocchia; tutto ciò soprattutto allo scopo di interrompere qualunque rapporto con Cocquio.
In quegli anni Caldana, Carnisio e Cerro contavano complessivamente 300 abitanti, mentre Cocquio ne contava 250. La richiesta di elevazione a sede di Parrocchia era sotto questo aspetto legittima. Tra baruffe varie si arriva al 1641. Ecco che allora il Prevosto di Besozzo constata che è ” ….difficile portare i poveri fanciulli a Cocho per essere battezzati, i cadaveri per essere sepolti, …molti morti son senza il Santissimo Sacramento…, le processioni son sempre con confusione per la puocha unione dei popoli di Cocho et Carnisio ( ogni volta eran botte?), l’andare a Cocho nelle notti del Santissimo Natale pare molto disdicevole…..”.
Siamo ormai prossimi alla realizzazione di quella che è ormai un’aspettativa di tutta la popolazione e il desiderio si concretizza l’ 8 giugno 1649.
S.E. il Cardinale Cesare Monti istituisce con decreto la nuova Parrocchia di Carnisio con proprio territorio e proprio beneficio. Viene finalmente staccata dalla Parrocchia di Cocquio e viene nominato Don Bartolomeo Cabiolo come primo parroco di Carnisio.
Ora la Chiesa è “in stato molto honorevole provista d’ogni sorte di paramenti, provista di due campane con sacristia e vestiario, tabernacolo per il SS. Sacramento, casa decente per l’abitazione del sacerdote…..”.
Ma, soprattutto, quelli di Caldana se ne stanno a Caldana e quelli di Cocquio a Cocquio.
P.G.R. (per grazia ricevuta) – si diceva allora.
Alberto Palazzi