– E’ stata la realizzazione di un sogno in un momento in cui la vita sembrava gli avesse voltato le spalle. Gliel’ha servito su un vassoio d’argento con tutto il necessario perché si avverasse. Allora sono venute avanti la gratitudine e la riconoscenza, sotto forma di condivisione. E’ una bella storia quella di Alberto Lena, ferrarese, olivicoltore per passione. Conoscerla permette di essere stimolo per non perdere mai la speranza. Ha avuto una vita serena fino a quella giornata in cui una maledetta caduta, mentre era sul lavoro, a cui è seguita una emorragia cerebrale, lo ha costretto ad un periodo buio in cui ha toccato il baratro. Poi, piano piano la risalita, tanto tempo per la cura, la riabilitazione, mentre la sua testa continuava a lavorare alla ricerca di progetti possibili. E quel terreno per il quale, prima dell’incidente, aveva versato già la caparra per creare un uliveto, era diventato uno stimolo importante per cominciare a rivivere. Poco ha importato che il progetto non si sarebbe realizzato dove pensava lui (la caparra era stata riconsegnata dalla moglie Paola al proprietario nel momento in cui le speranze di guarigione erano poche), bastava cercare un altro luogo con le caratteristiche giuste per far vivere un uliveto: esposizione al sole, senza ristagno d’acqua. E finalmente, un terreno, che degrada verso il lago di Varese “che ricorda una collina toscana”, spiega Alberto, sembrava fosse lì ad aspettare lui. Era il maggio del 2019. Finalmente poteva dare adito alla sua passione, ottima medicina, assieme al recupero fisico e del linguaggio, e all’amore della moglie Paola, che ha sempre assecondato i suoi desideri. “Cercavo a Varese, quello che ho perso lasciando Ferrara, punti di riferimento che mi ricordassero il mio mondo agricolo”, spiega. Da anni lavorava e lavora come volontario nell’associazione degli olivicoltori dell’olio di lago di Sant’Imerio, nel tagliare l’erba e nella manutenzione dell’uliveto di via Monte Bernasco. E ora anche nella potatura: è uno dei tre potatori ufficiali (dopo aver seguito un corso), che raggiunge gli uliveti di chi dona le olive solidali per l’associazione di sant’Imerio. Ha studiato, con la moglie ha visitato tanti uliveti sul lago di Como, di Garda per saperne di più. Il suo, nel giro di un anno o due, darà frutti, di cui parte saranno destinati all’associazione. Non c’è stata miglior guarigione per Alberto: ha iniziato con 50 piante di frantoio e leccino, integrate poi il pendolino, specie impollinatrice, 3 piante di casaliva, tipica del lago di Como, e di maurino che tiene bene l’umidità e il freddo. E’ nella sua dimensione quando è nell’uliveto. “Ma dov’è la città con la sua frenesia? -mi dico- Sono a pochi km. dal centro di Varese. Lavoro nel silenzio, con calma, accanto scorre un ruscello, si sente il cinguettare degli uccelli. Mi viene a trovare una volpe”. E per Alberto è l’ora di ricambiare diffondendo la coltura dell’ulivo. “Non si tratta di iniziare allo sbaraglio -termina- Basta essere bene indirizzati, ascoltare i consigli, e ognuno può diventare un piccolo produttore di olive. La storia ci insegna, in base ai documenti ritrovati, che la loro coltivazione era già sviluppata attorno all’anno Mille nella nostra provincia”. Un particolare: in fondo, in cima alla collina dove è posto il suo uliveto, c’è una statua di una Madonnina a protezione di un terreno che ha ridato la vita.
Federica Lucchini