“Angolo di mondo dove sempre ritrovi la vita: lì tra fango, acqua, piante, fiori e animali di ogni specie, ti accorgi che milioni di esseri, amandosi e lottando tra loro per vivere, sono come te, animale tra gli animali, vivo tra la vita”. Piergiorgio Zanetti, 74 anni, ornitologo e cacciatore, ritrova fra i suoi tanti diari della sua esistenza dedicata alla natura questo scritto, intitolato “Palude”, risalente all’8 settembre 1983. Quella mattina sul barchetto in un chiaro d’acqua del laghetto-palude di Biandronno aveva provato una sensazione di tale pace, in sintonia con tutto l’ambiente che lo circondava, che aveva voluto fissarlo sulla carta, consapevole di essere privilegiato nel vivere una simile esperienza. Da “genius loci” di quello che un tempo era un lago, ora arrivato all’ultimo stadio della sua vita, e divenuto riserva faunistica, ne conosce i più profondi palpiti fin da quando aveva 15 anni e quando i “chiari” d’acqua esistevano ancora. Una premessa: proprio perché l’uomo non riesce a penetrare nella palude, questa è diventata un paradiso per la fauna che cresce indisturbata. Lui, invece, è abilissimo a camminare velocemente per evitare di sprofondarvi. “Si sviluppa una sensibilità nei piedi insospettata”, aggiunge. Da ragazzo ha visto entrare i fioristi per estrarre lo sfagno, un tipo di muschio, che serviva per tenere l’umidità alle piante. “Arrivavano con gli slittoni -ricorda- e la loro attività faceva sì che il terreno venisse tenuto pulito, non permettendo la nascita delle canne che piano piano hanno chiuso i chiari”. In passato Piergiorgio era abituato ad entrare alle 4 del mattino al buio, con i cani, senza pila per non spaventare gli uccelli, già sicuro comunque di fare qualche bagno e di restare bagnato fin quando sarebbe uscito per andare al lavoro. Ricorda sorridendo, quella mattina ancora al buio quando a fatica aveva individuato una “cosa” scura. Con un impermeabile aveva cercato di avvolgerla, ma subito aveva dovuto desistere: era una puzzola. Quell’impermeabile era diventato in un attimo inservibile. Era importante individuare durante il giorno cespugli consolidati o comunque punti solidi dove potersi fermare per le osservazioni, ammirare gli insetti, le libellule di un rosa e di un azzurro inimmaginabili. Un mondo incredibile e impensabile a poca distanza dall’abitato, dove cresce la “Drosera rutundifolia”, pianta carnivora, dove vola indisturbata una specie di farfalla rarissima. Solo per citare alcuni esempi di vita di un sito che è potuto divenire così perché l’uomo non vi entra. Già, le osservazioni, effettuate anche dal casottino che raggiungeva con il barchino da palude, lasciato nei pressi della fontana di Biandronno. “Seduto sul barchetto sentivo i porciglioni, le gallinelle, la schiribilla -rarissima, ne ho vista una per caso- l’usignolo di fiume, la cannaiola, la cannaiola verdognola, la salciaiola”, continua. “10 marzo 1973, ore 16: noto 80 marzaiole, 10 mestoloni, 15 alzavole. Penso che, comunque, oggi sostino più di 150 anatidi”, scrive in una pagina di diario scelta a caso. “La palude era un rifugio per le anatre -spiega- ma resta tale se la si mantiene: le canne cadono sull’acqua (un tempo veniva appiccato il fuoco in inverno in modo che ricrescessero rigogliose), formano un fondo solido dove attecchiscono le piante e cominciano a nascere le betulle, che sono le prime a crescere, seguite dai rovi. E la palude scompare”, spiega. E’ un mondo di sensazioni che quando descrive pregusta, socchiudendo gli occhi: “Lì, mi affascina il silenzio. E’ vivo, tappeto incredibile di suoni: fermo nel canneto vedo miriadi di insetti, vedo un pesce che guizza. E’ fantastico. Come l’alba. Si è immersi nella nebbia, si alza il sipario e appare la luce. Si apre la vita. E’ una sensazione impagabile. Soprattutto in primavera. Mi sento vivo tra una miriade di animaletti. Vedo i gerridi, chiamati anche insetti pattinatori, che camminano sull’acqua. Di fronte a questa animazione mi sento sminuito. La palude con il suo equilibrio è un ambiente meditativo -conclude- per questo deve essere gestita”.
Federica Lucchini