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“E la Minerva l’ha mai tremà, e mai la trema, né la tremerà”. Con questo motivo cantato sull’aria della ‘biondina capricciosa garibaldina’, cominciava l’inno della Minerva, da cantare nelle ricorrenze ufficiali quali il carnevale, in gita, o alla cena sociale, con la tazza in mano, stravaccati sulle sedie che scanchignavano e pareva si spaccassero da un momento all’altro sotto quel continuo dondolare sconnesso.
La Minerva, ufficialmente era la società della tazza perché i soci erano obbligati, dietro multa, a bere nella loro caraffa numerata quando si trovavano in sede, cioè al Circolo.