E’ valsa l’attesa di tre ore per ascoltare la “lectio magistralis” di Vittorio Sgarbi sulla pittura di Antonio Pedretti! Domenica scorsa il chiostro di Voltorre ha costituito la scenografia raffinata di un evento artistico riassunto nell’espressione del vicepresidente della Provincia Giorgio Ginelli: “Abbiamo fatto centro!”; espressione condivisa dal sindaco Silvana Alberio, dal direttore artistico Piero Lotti e dall’amico Romano Oldrini, fautore in passato del rilancio del chiostro. Dunque, il chiostro ha riaperto le porte nel 25° anniversario del suo restauro e una fiumana di visitatori ha risposto all’appello. C’era un ottimo motivo: la mostra di Pedretti “la naturalità come processo mentale”, presentata dal grande critico che, come ha spiegato lui stesso, avendo avuto una giornata intensa comprensiva di una tappa ad Asolo e a Bologna, è arrivato a Voltorre con un consistente ritardo. E l’inizio della presentazione, dopo essere stato circondato da tanti fans entusiasti, è stato brioso, tra battute scherzose: “Finalmente sono arrivato fra voi! Voi siete persone che avete fede; avevo garantito l’arrivo e vi ringrazio di essere rimasti”. Poi al via un “excursus” sulla storia dell’arte del Novecento per arrivare a delineare la pittura di Pedretti “nella quale la dimensione razionale è inferiore a quella emozionale”. Il percorso è stato molto ricco e, ricordando il critico Giancarlo Testori, ha toccato la pittura lombarda che ha sempre valorizzato l’immersione nella natura. La presentazione di Sgarbi è proceduta per paralleli tra la crisi della pittura e la crisi della religione: “l’emblema della fine della pittura è stato il taglio di Lucio Fontana sulla tela su cui cadevano le emozioni del pittore. Dunque, la pittura non c’era più. La crisi della pittura ha anticipato quella dei valori forti della religione. Se togliamo il “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo – quadro orizzontale e non verticale come le pale degli altari – dove gli uomini si aiutano da soli, in una religiosità dunque tutta umana, la religione è uscita dalla pittura. Il Novecento – ha continuato – non ha un’immagine di Dio, è all’insegna della mancanza di rispetto della religione. Tutto spazzato via e la pittura l’ha intuito ed è come se fosse uscita da se stessa. Resta la natura che è come una sindone ideale. Pedretti sente l’attrazione della palude, sente che in essa c’è vita. E’ uno degli ultimi naturalisti. Il suo è un corpo a corpo con la tela, dalla quale è come si sentisse l’umidità della rugiada, grazie a quel graffio dolce, estremamente accattivante, e a quell’incontro con le acque estremamente gradevole. Pedretti – ha concluso Sgarbi – ha scelto la sfida di cercare di tenere vivo il percorso della pittura. Onore al compagno Pedretti per la sua resistenza alla fine della pittura!”
Prima dell’arrivo del critico il consigliere provinciale delegato alla Cultura Alberto Tognola parlando della ripresa delle attività del chiostro, ha sottolineato “la volontà di ragionare in prospettiva per coinvolgere una serie di soggetti”.
Federica Lucchini
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Vittorio Sgarbi descrive Antonio Pedretti
Il prof. Vittorio Sgarbi sull’arte di Antonio Pedretti durante la mostra al Chiostro di Voltorre – Gavirate (VA) dall’10 maggio al 30 giugno 2015