E’ stata una sorpresa scoprire come il voler approfondire la ricetta del carpione, in funzione dell’omonima sagra che si terrà il 30 luglio prossimo sul lungolago conosciuto come il lago di piazza, abbia aperto una pagina ricca di storia e di attualità del lago di Varese. Pagina di vita che trasuda di passione, di cura per quella preparazione che permetteva e permette la conservazione del pesce. E’ palpabile la gioia che prova Angela Monti, moglie di Natale Giorgetti, storico presidente della Cooperativa Pescatori del Lago, quando ricorda il marito che cominciava a sfilettare il gardon, il meglio, secondo lui, che potesse essere utilizzato per questa ricetta. “Non hanno mai saputo valorizzarlo -diceva- mentre è una bontà!”, rammenta. Era un momento particolare quando si metteva all’opera avendo a disposizione tanto pesce: si appartava nel luogo deputato a quella funzione e metteva in pratica quanto appreso dalla zia Giulia, rielaborato con i suoi accorgimenti. Non rivelò mai a nessuno la ricetta: l’attenzione, l’indugio caratterizzavano quella operazione dedicato esclusivamente alla famiglia e agli amici. Era un modo di esternare il suo amore. Sapeva di portare festa in casa quando sulla tavola c’era il suo carpione. “Era una bontà”, aggiunge la moglie la quale confessa di non aver potuto mai vedere il pesce prima del matrimonio. Lei amava il suo lavoro di tessitrice. “Ma il giorno in cui si mangiava il carpione era una festa per i ragazzi”, continua. Tra di loro sedeva Giancarlo, il figlio attuale Ministro dell’Economia. “Mio marito non apprezzava il siluro (“Carne troppo molle”, diceva), e nemmeno le scardole (“Troppe spine”). Il 26 ottobre 2013, quando gli prese un forte dolore al braccio sinistro, che lo avrebbe portato alla scomparsa, le sue reti, dove sarebbero finiti anche i gardon, erano rimaste in acqua. Ci pensò Daniele Bossi, il più giovane pescatore, che lui riteneva come un figlio, a raccoglierle.
La testimonianza del pescatore Ernesto Giorgetti è focalizzata nel periodo della sua infanzia fino alla fine del secondo conflitto mondiale e racconta di una ricetta essenziale, in cui la parte dominante era rappresentata dall’aceto. Tanto e fortissimo, in modo che potesse dissolvere le spine dei ciprinidi e potesse conservare a lungo il pesce, intero o tagliato a pezzi, in un luogo apposito. Non era fatto per palati raffinati (“Il gusto era rude”, spiega), ma per quelli che conoscevano la fame. Non c’era verdura, al limite la cipolla, e lo si mangiava con la polenta. In mancanza del carpione, l’aringa salata e in mancanza anche di questa, si spargeva sulla polenta l’aceto. “Adesso vogliono il filetto”, dice Rita, la vedova del Carlin del Pizz, il pescatore scomparso il 30 gennaio scorso a 89 anni. La sua ricetta è elaborata, con verdure, vino bianco e zucchero, come gli aveva spiegato una religiosa. L’eredità è raccolta dalla figlia Mariangela. Ma se volete dal vivo partecipare all’inizio della preparazione c’è un luogo deputato a questo, grazie a una figura che ogni giorno puntualmente è al lago di piazza, seduto sempre nello stesso posto, all’ingresso della casa dei pescatori, che ripete gli stessi gesti per sfilettare i pesci, gettando bocconi ai gatti felici. E’ il Negus, Luigi Giorgetti, abituato da una vita a preparare il carpione. Non lascia il lavoro mentre parla e sorride sornione con le sue battute furbe. La sua ricetta, che svela facilmente, è caratterizzata da tanta cipolla. Ma alla fine è importante saperla? La giuria, composta da rappresentanti di Slow Food, e da Santo Cassani, esperto in materia, decreterà domenica quale sarà il migliore. Ma tutti meritano di essere premiati: tengono viva una pagina di storia e di vita.
Federica Lucchini