E’ stata per più di un secolo un luogo “mitico”, che andava oltre la solida costruzione muraria, per rappresentare l’essenza di un’attività che permetteva di vivere a molte famiglie. Poi, con la costruzione della ghiacciaia presso la sede della Cooperativa dei Pescatori del lago di Varese alla Schiranna, ha perso la sua funzione, ma è sempre rimasta nascosta tra le strutture rurali a ricordare il suo passato significativo. Ora sarà riqualificata e potrà essere ammirata nella sua caratteristica bellezza: si tratta della ghiacciaia costruita dalla famiglia Quaglia, che controllava il commercio del pesce sul lago di Varese e di Biandronno, e per tutto l’Ottocento fino alla prima guerra mondiale, rappresentò il punto di partenza di quintali di pesce per i molti mercati.
Grazie alla segnalazione dei cittadini al progetto “Bellezz@ – recuperiamo i luoghi dimenticati”, promosso dal governo Renzi, che metteva a disposizione risorse per 150 milioni di euro, il sito, di proprietà comunale, è stato scelto per essere finanziato con la cifra di 120mila euro. “Tale cifra – spiega l’assessore Salvatore Consagra – qualora venisse erogata (non abbiamo ancora ricevuto ufficialmente la notizia con l’importo) è destinata alla riqualificazione della struttura e della strada che, in centro paese, conduce al sito storico”. Dunque, la “giazzera”, nascosta dalla vegetazione, lungo una stretta curva, difficile a notarsi, se non per il suo tetto conico in beole con un pennacchio che la completa, dallo stile esotico, decisamente insolito per le nostre contrade, inizierà una nuova vita, dopo essere stata dapprima un luogo di animazione, poi dimenticato. Dopo i lavori di ristrutturazione inizierà la fase della sua ammirazione: quel “tempio del lavoro” che fu per oltre un secolo (è innegabile la sua somiglianza con le tre di Cazzago Brabbia) lo merita. Non si ha modo di vedere l’interno, ma è comunque interessante osservare la tecnica di costruzione esterna, in pietro naturale. Costruita a tramontana, proprio perché la frescura favoriva una più lunga conservazione del ghiaccio, era luogo comunitario di lavoro: in inverno a fine gennaio-febbraio, come ricordavano gli anziani, le barche si addentravano nel laghetto di Biandronno, dove il ghiaccio raggiungeva uno spessore consistente. Avvolti in ampie coperte, i lastroni, arpionati con grossi uncini e trascinati a riva e in seguito trasportati su carri in attesa sulla riva, venivano stipati nella buca interna della ghiacciaia, a strati che si alternavano con la pula di riso. Fuori i buoi erano pronti per un altro giro. La sera, l’osteria del pesce, prospiciente quella che oggi viene ancora ricordata ancora come “piazza del pesce”, echeggiava del canto degli uomini, stanchi per il lavoro faticosissimo, ma resi allegri dal vino offerto, solitamente, dalla comunità: il ghiaccio, infatti, sarebbe servito non solo per uso ittico, ma anche medicinale.
Federica Lucchini