LA FORNACE DELLA RASA UN PEZZO DI STORIA CHE STA SCOMPARENDO
Ho avuto modo di fare una lunga chiacchierata con la signora Luciana Donati di Varese con discendenze di Orino e Cuvio, da tempo in pensione dopo una vita dedicata all’insegnamento, la quale ha un grosso rammarico che l’assilla da tempo ed è quello di poter in qualche modo salvare la fornace della Rasa detta della Riana che ha cessato la produzione nel 1971. Una fornace che quando veniva gestita da suo nonno che ne era proprietario, alla fine del 1800, dava lavoro a non pochi operai, produceva calce molto apprezzata ed esportata, ed era estremamente all’avanguardia nella tecnologia di produzione con l’adozione dell’impianto di cottura delle pietre a sistema americano continuo, (così come riportava L. Zanzi nel ‘Manuale della Provincia di Como del 1891) quando il grande complesso di Caldè si è avviato alla cottura a ciclo continuo solo negli anni 30. La Fornace della Riana è posta all’ingresso della Rasa venendo da Brinzio subito dopo la Villa Cagnola, per intenderci quella che mostrava la scritta “Il fascista disdegna la vita comoda” che tutti avranno notato. Sono tanti anni che la Signora Luciana tenta di sensibilizzare le istituzioni sulla bontà di un recupero di questo complesso industriale coinvolgendo politici e interessando giornali. In un primo momento pareva si potessero fare interventi di risanamento dato che molte persone con incarichi costituzionali l’avevano ritenuta una delle più importanti testimonianze archeologie industriali del territorio varesino, ma poi una dopo l’altra si è trovata tutte le porte chiuse e le mani legate per l’impossibilità di intervenire a cagione di vari vincoli ed oggi il complesso è in grave degrado con il grande camino che rischia di crollare. Il Comune di Varese nella scheda di indagine per la stesura del P.G.R. del 1993 aveva datato la fornace antecedente al 1722 e l’aveva inserita nel Piano delle Regole dell’attuale P.G.T. tra i manufatti a valenza culturale, storico-architettonica e paesaggistica che non si possono assolutamente demolire (art. 22 delle Regole n. 56). Passarono gli anni ma nulla venne fatto perché malgrado i buoni propositi, non si trovarono mai i fondi tanto da far dichiarare alla stampa al Presidente del Parco Campo dei Fiori Giuseppe Barra, nel 2015, che sarebbe stato un rammarico se per mancanza di fondi si rischiasse di perdere ciò che rimane di questa antica testimonianza industriale. Anche la Camera di Commercio di Varese e l’UNIVA (Unione Industriale di Varese) la segnalarono come un valore da recuperare. Nel 2015 si sparse la voce, falsa, che si voleva demolire la Fornace della Rasa. Ci fu un’alzata di scudi da parte di persone qualificate, e allora don Elio Gentili, parroco di Rasa, scienziato e studioso di fossili, organizzò il 10 febbraio 2017 un incontro di quartiere alla Rasa nel quale si proponeva di valorizzare la zona della Rasa con iniziative culturali incentrate sul patrimonio geologico e fossile di notevole importanza del territorio (molti i fossili ritrovati nella cava) suggerendo di inserire nell’antica Fornace un museo o un polo attrattivo incentrato sull’attività della cava e da repertorio fotografico a quello dei mestieri e sul rilevante patrimonio fossile. La zona, concludeva don Elio, potrebbe essere valorizzata da un punto di vista di ricerca e collaborazione con l’Università proprio per lo studio di tali elementi peculiari. Anche stavolta ci furono buoni propositi ma non si riuscì a trovare nessun fondo cosicchè la situazione non cambiò e la fornace ha continuato inesorabilmente a deteriorare. Oggi il complesso è in grave degrado Il camino, cuore della fornace, elemento distintivo che spicca su tutto e simbolo del paese, è in uno stato preoccupante, è scomparsa la copertura circolare del tetto a spiovente che riparava il bocchettone di caricamento delle pietre e appaiono fessure che fanno temere per la sua stabilità; all’interno dell’edificio alberi hanno messo radici ed una fitta vegetazione ha invaso l’area circostante. “Sarebbe auspicabile procedere sollecitamente ad un intervento di disboscamento da effettuarsi per esempio con l’aiuto di volontari, di alpini, o altri. – dice la signora Luciana – così si darebbe una migliore visibilità all’edificio.”La Signora Luciana e gli altri eredi hanno manifestato più volte la volontà di donare l’intero complesso a chi fosse interessato a un progetto di riqualificazione così come è stato fatto a suo tempo con la bella villa Cagnola ristrutturata ed ora meta di turisti e scolaresche con la quale, viste le condizioni, è in stridente contrasto. Se così si riuscisse a fare, si recupererebbe questo pezzo di storia industriale simbolo di un tempo che fu e della storia di un paese e del suo territorio.