COSA C’E’ CHE NON VA NELLA FAMIGLIA? di felice magnani
INCAPACITA’ DI AFFRONTARE LE PROPRIE RESPONSABILITA’ EDUCATIVE.
Riconoscere le proprie responsabilità significa avere ben chiari i diritti e i doveri che regolano le dinamiche comportamentali ed essere quindi nella condizione di saperli esercitare, nell’interesse dei singoli componenti e dell’unità stessa del nucleo familiare. Assistiamo a una progressiva deresponsabilizzazione. La famiglia sta perdendo la sua vocazione educativa, orientativa e formativa, tende sempre più a delegare il proprio indirizzo educativo. Così facendo perde di vista una delle sue funzioni fondamentali, quella di essere il centro dell’evoluzione educativa di una società che vuole crescere e maturare con la certezza di poter restituire almeno una parte di quella meravigliosa realtà, che è la vita.
DECADENZA CULTURALE.
La famiglia sta perdendo il suo patrimonio culturale, il suo essere erede di informazioni, storie, racconti, episodi, usi, costumi e tradizioni, la sua vocazione a comunicare ciò che la storia le ha insegnato. Il suo budget umano e culturale è diventato sempre più esiguo e in molti casi viene delegato alla televisione, al computer o ad altri strumenti digitali. L’informazione telematica sostituisce il dialogo familiare, il silenzio spegne la socialità, la narrazione, la voglia di raccontarsi, di ascoltare , le persone si ammalano di mutismo cronico, disimparano a parlare, a guardarsi negli occhi, a lasciare che il cuore parli mettendo a nudo le proprie emozioni. I figli soffrono spesso di solitudine e di abbandono. La fragilità genitoriale nasce spesso da un’impreparazione culturale, dalla mancanza di tempo, da un lavoro stressante, da difficoltà finanziarie, da varie forme di povertà, da un consumismo che esalta la ricchezza e condanna la povertà, da una società che a parole si vanta di essere moderna e democratica, ma che in realtà professa forme di individualismo estremo. C’è un grande senso di vuoto che aleggia nella vita delle persone, un vuoto che diventa difficile da colmare senza l’aiuto di qualcuno o di qualcosa che di quel vuoto diventi miracoloso guaritore. Il materialismo rovescia i simboli della felicità, annulla la speranza, la voglia di lottare, di esprimere la passionale esuberanza dell’interiorità, la voglia di conoscere, di scrivere, di leggere, crea aridità e desertificazione, aprendo a forme esplosive di dissenso. La cultura si perde nell’inconsistenza verbale, non aiuta a osservare con occhio libero e aperto quel mondo che ci viene incontro ogni giorno con l’idea che si possa vivere senza per forza dover morire.
MANCANZA DI REGOLE.
La famiglia tende ad assolvere ogni tipo di prevaricazione o di trasgressione, per evitare di prendere posizione ed inimicarsi i componenti. La paura di essere se stessa, di essere educante fino al rispetto delle regole che la governano, la relega in un ruolo di subalternità e di fragilità, che si ripercuote sulla sua forza organizzativa, sulla sua capacità di essere convincente e propositiva, capace di vivere il presente, pensando al futuro.
DIFFICOLTA’ ECONOMICHE.
Molte famiglie mancano della giusta tranquillità economica per affrontare i loro problemi esistenziali e lo Stato fa troppo poco per risolverli. Il lavoro è sempre più precario, i salari e le pensioni, in molti casi non sono adeguati ad affrontare con serenità i costi della vita quotidiana, la pandemia distrugge sistematicamente l’impianto culturale e quello economico. Le difficoltà economiche costringono la famiglia a impegnare tutti i suoi sforzi sull’unico fronte che le permetta di sopravvivere, il lavoro. In tal modo non ha più il tempo e la tranquillità necessari per assolvere tutte le problematiche di natura educativa che la riguardano. Questa situazione si ripercuote negativamente sull’educazione dei figli che, in molti casi, sono costretti ad arrangiarsi.
DECREMENTO DEMOGRAFICO
Un tempo, i figli erano l’unica, vera ricchezza della famiglia. Rappresentavano la continuità, il fine e lo scopo, la forza e il collante della famiglia stessa. La società civile e lo stato proiettavano le loro speranze sulle famiglie e sui figli, anche con iniziative di sostegno e di incentivazione. Oggi il paese soffre la mancanza d’incremento demografico a causa di una profonda crisi economica che relega la famiglia in una condizione di subalternità. La mancanza di un lavoro sicuro, una scarsissima attenzione ai ruoli, in particolare a quello della donna, condannata spesso ad essere vittima di varie forme di maschilismo, di uno sfruttamento perpetrato da chi sfrutta le potenzialità altrui per rafforzare le proprie.
GENITORI CONCEDONO TUTTO, PER COPRIRE LA LORO ASSENZA.
La famiglia è sempre più assente dal contesto familiare e cerca di coprire la propria assenza con concessioni a tutto campo. Non è più in grado di motivare un no deciso ed è sempre più vittima delle richieste dei propri figli. In questo modo perde di credibilità e di autorità, diventando incapace di orientare la propria azione educativa.
LA POLITICA NON FA ABBASTANZA PER LA FAMIGLIA.
Un eccesso di laicizzazione ha creato un grosso disorientamento nei giovani che vorrebbero avviarsi al matrimonio. Gli effetti collaterali si possono leggere in una fuga generale verso situazioni di comodo e nella disaffezione nei confronti del senso di responsabilità. La politica ha cercato ancora una volta di difendere disperatamente i propri interessi, barattando il principio della “sacralità” con quello “profano” dell’interesse personale e di una libertà indefinita. In molti casi chi parla della famiglia è chi vive situazioni di trasgressività conclamata. La politica disorienta gli animi e suscita malesseri diffusi. Si parla della famiglia, ma di fatto è completamente isolata, viene tenuta in una condizione di sudditanza materiale e psicologica, priva di un proprio spazio politico.
IL RUOLO DELLA DONNA NELLA FAMIGLIA, NON E’ SUFFICIENTEMENTE SUPPORTATO.
Si è molto parlato in passato del ruolo della donna all’interno del nucleo familiare, ma per la donna che sceglie la casa, come realizzazione della propria personalità, non è stato fatto niente. Pur essendo ormai universalmente riconosciuto il ruolo della donna nella famiglia, non si fa nulla per permetterle di poterlo esercitare, investita di quella dignità che le compete per diritto umano e costituzionale. Lavorare nella famiglia è un investimento di straordinaria importanza, soprattutto oggi, in una società che sta perdendo tutti i suoi valori. Si era parlato di un salario che supportasse la donna che avesse scelto di lavorare in famiglia e per la famiglia, ma è andato tutto in fumo. La politica ha dimostrato ancora una volta la sua incapacità e la sua mancanza di volontà, perseverando in un maschilismo immobilista.
LA FAMIGLIA FAVORISCE E, IN MOLTI CASI CREA IL DISAGIO GIOVANILE.
I ragazzi di oggi sono più liberi, ma godono di una libertà forzata, perché in molti casi i genitori sono impegnati nelle loro attività e quindi diventa sempre più difficile organizzarla, quando non c’è nessuno che guidi e orienti. Non avendo punti di riferimento e interlocutori, i figli diventano schiavi della dispersione, della frustrazione, delle dinamiche di gruppo, della dipendenza e della trasgressione. Nella vecchia famiglia patriarcale esistevano più punti di riferimento, i figli si sentivano ascoltati, aiutati e protetti, respiravano il calore umano di un dialogo, di una conversazione o di un racconto. I nonni erano un punto fermo di straordinaria importanza affettiva. Erano molto vicini ai ragazzi e soprattutto creavano il giusto equilibrio tra le generazioni, erano il ponte tra il passato e il presente, tra l’esperienza e la conoscenza. Oggi la maggior parte degli anziani finisce nelle case di riposo, che crescono un po’ dappertutto, oppure vengono lasciati in balia di persone provenienti da altre nazioni. La solitudine esistenziale creata dalla famiglia, genera frustrazioni che, a loro volta, generano reazioni di diverso ordine e natura. Molti genitori stanno troppo fuori casa e i figli si trovano senza qualcuno a cui comunicare le proprie gioie e le proprie difficoltà. In molti casi non sanno con chi confidarsi, dove trovare appoggio e comprensione. La conseguenza di questo stato di abbandono favorisce la ricerca del gruppo, come soluzione alla solitudine. Il gruppo può essere un elemento di copertura socializzante, ma può anche accentuare la dipendenza dei soggetti deboli, con conseguenze estremamente negative. Ci sono casi in cui i genitori non sanno stabilire relazioni affettive e delegano ad altri il compito educativo, aprendo le porte alla incomunicabilità e alla mancanza di fiducia nel mondo genitoriale e adulto in genere. E’ assolutamente necessario che la famiglia si riappropri del ruolo e delle proprie competenze, perché è nella famiglia che il giovane si forma, acquisisce quei valori base che lo accompagneranno per tutta la vita.
IL PUNTO DI VISTA DI UN’ADOLESCENTE, SULLA FAMIGLIA
“Nella mia famiglia cercherò di mantenere un equilibrio stabile. Per non viziare i miei figli, insegnerò loro a collaborare nelle faccende domestiche, in modo tale che crescano indipendenti e collaborativi. Secondo i voti che prenderanno a scuola, avranno più o meno tempo libero per giocare e uscire con i loro amici. Li avvierò all’attività sportiva, perché la ritengo molto utile per una buona crescita fisica e mentale. Saprò dire no quando la situazione lo richiederà. Lascerò loro quella libertà che serve per crescere, per imparare a vivere. Sarò sempre pronta ad aiutarli nel momento del bisogno. Cercherò di far capire loro i veri valori della vita: l’amore per la natura, per il prossimo, l’onestà e la sincerità. Insegnerò ad apprezzare quello che hanno e soprattutto dovranno portare rispetto a tutti. Saprò essere severa, ma allo stesso tempo cercherò di stabilire un rapporto amichevole, basato sulla fiducia e sul dialogo, in modo tale che abbiano sempre un punto di riferimento sicuro con cui confrontarsi. Credo molto nel dialogo tra genitori e figli. Avrò il mio lavoro, ma non li trascurerò. Passerò ogni istante di tempo libero accanto a loro, alle loro gioie e ai loro problemi. Come tutti i genitori vorrò loro un mondo di bene”
UNA LETTERA INDIRIZZATA DA UN GIOVANE ADOLESCENTE
“Carissime, vi ringrazio per tutto il bene che avete donato alle nostre comunità. Senza di voi la società sarebbe un corpo senz’anima, uno sguardo senza sorriso. Vigilate sui vostri figli, siate loro vicino, non abbandonateli davanti a un video o nel bel mezzo di una strada con cattive compagnie. Cercate sempre di trovare spazio e tempo da dedicare ai loro problemi, alle loro difficoltà, alle loro gioie. I figli hanno bisogno dei genitori, anche solo per una parola di incoraggiamento. Non lasciatevi travolgere dalla superficialità dei tempi che stiamo vivendo, credete nella vostra unione, nella vostra forza e nella vostra missione. Sono felice di potervi parlare, perché così posso esprimere tutta la mia riconoscenza per quello che avete fatto, ma soprattutto per quello che saprete fare per il bene della nostra gioventù. Vi auguro un mondo di bene. Un abbraccio fraterno”.
Questi due punti di vista sono un esempio di come esista una straordinaria corrispondenza tra scuola e famiglia, nella costruzione di una società forte, chiara, imperniata su valori universalmente riconosciuti come fondanti nella vita delle persone. Bisogna dunque partire dalla famiglia, la più piccola cellula sociale, perché, come affermava Giovanni Paolo II: <La famiglia è una realtà sociale saldamente radicata e, in modo tutto proprio, una società sovrana, anche se condizionata sotto vari aspetti>. Partire dalla famiglia significa salvaguardarla e potenziarla, affinché possa esercitare in modo autonomo quel ruolo educativo e formativo che le viene universalmente riconosciuto. Il ruolo della politica non deve generare dubbi, prevaricazioni o alterazioni che possano trasformarsi in pericolosi boomerang nei confronti della famiglia stessa. Il ruolo del politico è prima di tutto d’immagine. Un esempio sarà molto più credibile di tante parole rovesciate sullo schermo mediatico. Chi parla di famiglia non è sempre chi ne vive la dimensione corretta, ma chi usa due pesi e due misure, uno per la vita privata e uno per la vita pubblica. La verità è che la famiglia non è presente nel panorama politico italiano. Di lei si parla, si discute, si pontifica, ma non è lei la protagonista vera della sua storia. Forse sarebbe il caso di inserire di fatto la famiglia nella dimensione politica del nostro paese, garantendole una ufficialità rappresentativa. Risanare la famiglia significa ridefinirla nella sua unicità naturale, sacrale, storica e costituzionale, mantenendo viva quella tradizione che è stata per anni il suo fondamento naturale e religioso. Rafforzare la famiglia significa sviluppare un’azione politica che tenda a cementarne la forza e il ruolo all’interno del nostro sistema democratico. Una società e uno stato sono tanto più forti e solidi, quanto più possono contare sull’unione delle famiglie, sulla loro capacità di costituire un punto fermo nella costruzione di una umanità sana e consapevole del proprio valore e delle proprie finalità. Credo sia molto importante puntare sulla famiglia come culla della vita umana. La società consumistica, tutta proiettata alla soddisfazione di bisogni materiali, ha completamente girato le spalle alla procreazione, ritenendo che fare figli potesse limitare il proprio bisogno di libertà e di piacere personale. E’ quindi necessario rivalutare al massimo livello il valore della vita, il significato vero e ultimo dell’unione dell’uomo e della donna. Il problema non è il primato dell’economia e della ricchezza patrimoniale, ma la gioia di poter dare un senso a ciò che si è e a ciò che si può realizzare. I figli sono una ricchezza immensa per la famiglia e per la società civile, lo saranno sempre di più se troveranno ad accoglierli genitori attenti e consapevoli del loro ruolo sociale e formativo. Mettere al mondo un figlio, oggi, significa rinunciare a una fetta di benessere e di libertà personale. Ci sono troppe famiglie che non posseggono una forza economica propria e che, quindi, non possono provvedere al proprio sostentamento materiale. In questo caso la politica si deve attivare per far sì che si creino le condizioni umane, materiali ed economiche che mettano la famiglia stessa nella condizione di vivere normalmente la propria condizione sociale. Scuola e famiglia devono interagire, ma ciascuna nel pieno rispetto del proprio ruolo e delle proprie competenze. In questi anni abbiamo assistito ad un progressivo depauperamento delle rispettive sovranità. Gli organi collegiali hanno determinato situazioni di sovrapposizione, prevaricazione, incomprensione, incomunicabilità e confusione. Spesso scuola e famiglia sono diventate realtà in lotta tra loro, si sono accusate reciprocamente delle proprie inefficienze professionali, umane, morali, etiche e culturali. E’ assolutamente necessario che si elevi il loro livello di autonomia, di capacità educativa, di autostima e di consapevolezza etica e sociale, mettendole nella condizione di poter agire e interagire secondo criteri nuovi, rispettosi dei propri ruoli e competenze. Il ruolo docente e quello genitoriale devono trovare nello spirito e nelle regole generali dello Stato e in quelle della società civile il loro fondamento e il loro riconoscimento, alimentando la convergenza verso principi educativi unanimi e complementari allo stesso tempo. I problemi principale di oggi sono di natura fortemente educativa. Non si educa più e il ruolo dell’educazione è sempre più delegato ad agenzie, gruppi, persone, associazioni, parenti, amici, istituzioni. Manca soprattutto una coerenza educativa, per cui molto spesso i nostri giovani vivono una dimensione esasperata ed estremamente confusa dei valori. I nostri ragazzi non sanno più chi ha ragione e chi no, da che parte stia la verità, ed ecco perché, nella maggior parte dei casi, si creano delle verità soggettive, all’interno delle quali consumano la propria identità. Oggi lo Stato e la Società civile non sono più in grado di offrire modelli attendibili e percorribili, che non siano quelli della consumazione immediata. Manca anche una capacità di valutazione razionale. Molti giovani, infatti, rifiutano tutto ciò che impone loro delle considerazioni etiche o di lunga prospettiva, preferiscono vivere alla giornata, senza porsi problemi. Nessuno più vuole problematizzare, neppure per ridestare quella razionalità che sembra essere scomparsa per sempre dal panorama della vita politica e pubblica in generale. Che ruolo ha la famiglia in questa progressiva depauperazione del nostro patrimonio etico e affettivo? Un ruolo fondamentale. Nella maggior parte dei casi ha abdicato ai valori tradizionali, ritenendoli troppo esaustivi, si è affidata alla occasionalità, a situazioni del tutto arbitrarie, ma perfettamente coerenti con l’inefficienza dei ruoli e dei contenuti educativi. Si è snaturato il significato del matrimonio cattolico, fondato su quel vincolo di sacralità che lo rende ancora più grande di quanto si possa pensare. La politica deve dare linee guida sicure, che non diano adito a dubbi. Deve indicare la via della temporalità, ma senza dimenticare mai che la vita umana non è di proprietà assoluta dell’uomo e delle sue invenzioni, ma vive un costante rapporto con l’altra parte dell’esistenza, quella che si lega ai bisogni spirituali, a quella ricchezza interiore troppo spesso abbandonata nelle penombre di una vita senza senso. Ricostruire un’armonia non è un compito facile, richiede maestri attrezzati, capaci di orientare l’animo umano, di riformare una coscienza lasciata spesso in balia di varie forme di qualunquismo, richiede soprattutto che l’educazione torni a essere il punto di partenza vero, quello che informa tutta l’azione umana, la sua essenza e la sua sostanza. La sofferenza della pandemia ha costretto gli esseri umani a ripensare al significato della vita, ha imposto una revisione fondata su interrogativi e riflessioni che avevamo in parte dimenticato, ha sottoposto ad analisi critica tutto quello che veniva dato per scontato. La sofferenza è un dramma che apre nuovi spazi di conoscenza, che inietta nuove convinzioni e soprattutto l’idea che dal male possa scaturire un bene maggiore e che in molti casi l’immobilismo impedisce alla condizione umana di migliorarsi, di dare risposte più esaurienti alle sue domande. Rinforzare la famiglia significa ricompattare la società civile e lo stato, ritrovare quell’armonia e quell’equilibrio che si sono persi lungo la strada, lasciando un vuoto profondo nelle persone, soprattutto nei giovani. La famiglia è il punto di forza di una comunità che vuole ritrovare se stessa, mettendo di nuovo in campo quei valori che hanno permesso all’Umanesimo e al Rinascimento di farsi largo nel corso della storia, lasciando che il coraggio della conoscenza potesse aprire le porte di una società più libera e cosciente, più capace di trovare nella natura umana lo spirito necessario per rinnovarsi e per concedere all’umanità la possibilità di conoscersi meglio e più a fondo, di poter esprimere al massimo livello in tutti i campi le proprie potenzialità. Una società che vuole rinnovarsi deve avere il coraggio di rivolgersi con il massimo del rispetto alla famiglia, dotandola di tutte le abilità necessarie per poter svolgere in un clima di assoluta serenità il proprio ruolo.