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“La Cooperativa Operaia di Consumo della Caldana” ha 100 anni
| Pippo | |
“La Cooperativa Operaia di Consumo della Caldana”
in occasione del centenario della sua fondazione.
L’idea veniva dall’Inghilterra e la cosa era già stata sperimentata con successo nei paesi vicini: per l’acquisto dei beni di prima necessità risultava conveniente cercare una cooperazione.
Un giorno di cento anni fa – era il 14 febbraio 1914. – l’iniziativa prese piede anche a Caldana; un gruppo di uomini del paese si riunirono attorno ad un tavolo e, con tanto di carta e di penna, fondarono la “Cooperativa Operaia di Consumo di Caldana”.
Inizialmente non furono in molti a credere in questa iniziativa tant’è che, per raggiungere il numero legale, si fu costretti a chiedere la partecipazione anche ad alcuni uomini di Orino.
Mancavano anche i soldi e quindi la possibilità di procurarsi dei locali idonei e quasi casualmente si trovò in affitto una stanza presso lo stabile oggi occupato dal Ristorante Campo dei Fiori. L’attività iniziò con una vendita, riservata ai soci, di pasta, riso, formaggio e altri generi di prima necessità offrendo contemporaneamente ai soci l’opportunità di bere qualche bicchiere di vino. I soci, una settimana ciascuno, si accollarono l’impegno di vendere i prodotti.
Chiamarlo negozio era un ottimismo lessicale. Non era nemmeno un’osteria in quanto mancavano anche le sedie; chi voleva se le portava da casa.
Veniva chiamato “il Gröp“.
L’attività comunque ebbe sicuramente successo in quanto si avvertì subito la necessità di un ampliamento. Per questa ragione ci si spostò nella casa conosciuta a Caldana come la casa “del Venanzi“, un centinaio di metri oltre il Ristorante Campo dei Fiori.
Rispetto alla precedente, questa sede era decisamente più ampia: addirittura due locali. Uno destinato allo spaccio dei generi di prima necessità ed uno ad osteria. Poi ci si dovette spostare in un nuovo posto, dal Chilöö, pressappoco dove si sarebbe insediata successivamente l’osteria Centrale.
Intanto maturava sempre più fra i soci il proposito di costruire una sede propria. La ricerca della zona ove porre la prima pietra risultò però laboriosa: in un primo tempo la scelta sembrava ricadere su un terreno compreso fra l’abitazione delle famiglia De Maddalena e la Corte di Scigulìt, ma si incontrarono degli impedimenti di carattere edilizio. Poi si pensò di insediarsi all’interno dell’edificio della Società Operaia, ma anche questo progetto non trovò realizzazione.
Si spostò quindi l’attenzione sul terreno ove è situata l’attuale sede.
Nel 1924, Ciglia Pietro detto Peder Laciatt, a quel tempo presidente, diede inizio ai lavori. Costui era un valido impresario costruttore e, lavorando con tutti gli altri soci, fornì un notevole contributo alla suddetta costruzione. Le casse societarie non permettevano però opere importanti e si costruì un solo locale. Era posto pressappoco in quella parte dell’odierno bar che guarda verso il gioco delle bocce e ad esso si poteva inizialmente accedere solo dalla stradina che affianca il negozio Alimentari Paronelli.
Quest’unico locale conteneva quindi sia lo spaccio che il bar. Allo spaccio si vendevano quasi tutti i generi di prima necessità ad eccezione dei salumi che arrivarono solo in seguito. (Furono introdotti quando il Circolo prese la consuetudine di uccidere il maiale e di venderlo insaccato nello spaccio stesso).
Al bar si vendevano vino, birra, vermouth, marsala e poco altro. La grappa si vendeva
“a poos” perché non veniva concessa licenza per i superalcolici.
Il vino rappresentò da sempre la bevanda eletta e divenne motivo di grosse dispute. Barbera o vino meridionale? In un primo tempo si andava in Piemonte, con carri trainati da buoi, a comperare uve barbera; un giorno per il viaggio di andata ed un giorno per il viaggio di ritorno. Poi tutti insieme, dai bambini agli anziani, ci si dedicava alla pigiatura.
Ma i risultati non erano sempre soddisfacenti ed allora ci si rivolse alla Ditta Oliviero di Besozzo che rifornì per anni vino barbera già vinificato. Attorno agli anni 1934-35 si preferì passare al vino meridionale che veniva fornito da un certo Ruffa, un conte titolare di una ditta a Milano. Dopo l’ultima guerra, infine, si ritornò alla pigiatura. Il vino non deluse mai e raccolse sempre i dovuti onori: con il vino bevuto dai nostri nonnetti “se puderia fa giraa la roda dur murin par dees dì“, mi confessava compiaciuto il Mario Gasparini.
Comunque la nuova sede beneficiò nel tempo di numerosi ampliamenti, resi possibili anche dall’acquisto della porzione di terreno che dava sulla piazza.
A tal proposito una nota deliziosa. Proprietario di detto terreno era un certo Martin e, alla sua morte, la moglie Palmira, preferì cederlo al Circolo nonostante offerte più vantaggiose in quanto quello era il desiderio del marito.
Sono trascorsi cento anni da quel fatidico 14 febbraio 1914 e bisogna riconoscere che il vecchio Gröp di strada ne ha fatta e, anche se oggi affiorano alcune difficoltà, il contributo che esso ha fornito alla socialità del paese è stato straordinario.