Quando la politica è buona? Probabilmente quando interpreta positivamente i problemi della gente, li affronta e cerca di risolverli. La politica è prima di tutto servizio, un grandissimo servizio pubblico che nasce da una chiamata, chi non sente la chiamata difficilmente diventerà un buon politico, perché gli mancheranno le basi umane da cui partire e con le quali trasformare il materialismo gretto in forme comuni di civile convivenza. Sentire la chiamata significa mettersi in ascolto e cercare di capire dove volge quell’inquietudine esistenziale che si riprende ogni volta che s’imbatte nei bisogni e nelle necessità degli esseri umani, magari unita a un profondo esame di coscienza, quello che di solito manca in chi si propone con audacia a gestire la cosa pubblica. Dunque non servono le appartenenze, le matrici ideologiche, i modelli filosofici cui ispirarsi, serve soprattutto avere a cuore lo stato d’animo delle persone, i problemi, le aspirazioni, quella voglia che anela a un benessere diffuso, ben calibrato, attento e rivolto a una positiva rivalutazione del genere umano verso la conquista di un bene comune che stimoli e motivi sistematicamente la vita di tutti i giorni. Dunque la buona politica abita dove incontra una solidale missionarietà, dove le competenze e le idee convergono, s’incontrano per dare spazio a quella voglia di fare e di fare bene che alberga nelle persone. Certo bisogna lavorare molto sulla persona e sulle sue credenziali, sulla sua capacità di entrare in empatia, di cogliere il senso di un’idea, di un progetto, di una caratteristica caratteriale, bisogna soprattutto creare una forte disponibilità al confronto, al dialogo al mettersi in gioco ascoltando se stessi e gli altri, senza partire dal presupposto che gli altri siano sudditi e non cittadini responsabili. La buona politica deve avere un’ampia visione della vita e delle cose della vita di cui l’esistenza si alimenta quotidianamente, deve saper abbracciare con forza le energie che le vanno incontro e non respingerle perché contrarie a quell’idea di partito che ci siamo creati.
La buona politica ha sempre gli occhi bene aperti e gli orecchi attenti a non trascurare nulla di quello che le viene suggerito o sottoposto. Non c’è peggior errore di sottovalutare ciò che gli altri ci offrono, il loro punto di vista, la loro idea, la loro competenza e il loro coraggio. La buona politica è soprattutto volontà, capacità di entrare in sintonia con quel popolo che osserva, ascolta e scruta per capire se può coricarsi tranquillo la sera, senza dover prendere il sonnifero di turno per dormire sonni tranquilli. La buona politica è buona per natura, non intriga, intrallazza, non va alla ricerca di rivalse, di invadenze, di domini o di prevaricazioni, la buona politica si mette a disposizione e cerca di capire, di confrontarsi, di diventare pane quotidiano per tutti. E’ nella buona politica che alberga la speranza, è nella collaborazione che gli uomini imparano a conoscersi e a sostenersi al di fuori degl’interessi economici e finanziari, quelli che ingrassano sempre le tasche di qualcuno e per nulla quelle degli altri. La buona politica fa riflettere e la riflessione aiuta a scoprire di che pasta siamo fatti e che cosa possiamo fare per diventare cittadini migliori. E’ partendo da questi presupposti che la politica si affranca dalla cattiveria e dall’arroganza, dall’egoismo e dall’ignoranza, è perseguendo obiettivi veri, reali, intelligenti, che rilancia la sua forza e il suo coraggio, diventando esempio per le giovani generazioni.