Ormai l’investimento non è più luogo comune, boutade messa lì per accalappiare voti e consensi, è una realtà in divenire, un meccanismo che sta prendendo piede nella politica e nella filosofia comune, quella che lotta per reintrodurre il benessere là dove il consumismo distrugge senza pietà alcuna. Francia e Svizzera stanno prendendo sul serio l’idea di aprire le città all’uso delle biciclette, creando così ampi spazi al rispetto dell’ambiente, alla salute pubblica, a una vita che si riprende quell’identità abbandonata tra i veleni e i gas delle auto. C’è dunque un risveglio che si va ampliando, uscendo così dalla spettacolarità, da un sistema pubblicitario che in molti casi non trova adempimenti reali. Si tratta dunque di recuperare una volontà che traduca in atti concreti il desiderio di benessere della gente. Qualcosa in questi anni si è fatto, le piste ciclabili ne sono un esempio, ma non basta, non basta lavorare solo sulle periferie, quando i centri storici sono letteralmente invasi da rumori assordanti, veleni, sopraffazioni, da situazioni che inchiodano i pedoni a una vita impossibile, mettendone a rischio sistematicamente l’incolumità fisica. Aprire le città e i paesi all’uso costituzionale della bici potrebbe essere un risultato di grande positività per tutti, con vantaggi di natura ambientale, sanitaria, sociale, per la gioia di chi vuole recuperare la voglia di ritrovare un rapporto nuovo con la vita, l’arte e la natura. Chi vive quotidianamente con gli occhi puntati sul traffico delle nostre città e dei nostri paesi sa benissimo quali siano i problemi: litigi, sopraffazioni, violenza, invadenza, maleducazione, incompetenza, la vita sembra essere diventata territorio di conquista, luogo di scontri fisici e verbali, dove si consuma la parte migliore dell’essere umano, quella che ama mettersi in relazione diretta con le cose, le persone, l’ambiente e tutto ciò che si può cogliere nella sua immediatezza positiva, con la bici. Chi usa la bici ne conosce la forza e la bellezza, sa quale sia il suo contributo ambientale, ma soprattutto ne conosce i vantaggi terapeutici, quelli che consentono di vivere meglio alle persone e alle comunità. I vantaggi non sono mai solo di natura individuale, ma la loro parte migliore è quella che riverbera sulla volontà collettiva, quella che ha bisogno di essere stimolata e sollecitata per riprendersi dal torpore di un consumismo becero e distruttivo. Certo nei passaggi epocali ci vuole qualcuno che sostenga le volontà, che ci metta del suo per far trionfare il buon senso, l’amore vero per le cose che contano, come la salute ad esempio. Lo stato potrebbe avere in sé la forza necessaria per compiere il passo giusto, magari costituzionalizzando l’uso della bicicletta. Una comunità che ama i propri figli, che lotta per il loro benessere, che vuole realmente conservare e legittimare meglio l’ambiente in cui vive deve trovare nuove vie da percorrere, deve allertarsi per evitare che la civiltà si trasformi in un agglomerato di lamiere e veleni.