E’ molto difficile apprezzare il mondo se non se ne ama la bellezza. In tempi come il nostro, vessati da guerre, distruzioni, genocidi, stragi, terrorismi, femminicidi, crisi familiari, corruzioni sorge spontaneo fermarsi un momento e rivolgere lo sguardo dentro la natura umana e intorno. Occorre farlo con cura, attenzione, senza fretta, con l’idea di ritrovare quel mondo che abbiamo dimenticato dopo averlo scoperto, quel mondo che non finisce mai di sorprendere anche quando fatica moltissimo a farsi notare, amare, vivere come vorrebbe. La bellezza è la porta d’ingresso, è la fonte prima dell’idea di mondo, l’unico vero modo, forse, di conciliare l’aspirazione all’arte con la religiosità di cuore e di pensiero, con le vocazioni di fondo dell’essere umano. Ogni volta che riposizioniamo il nostro spirito, affidandolo alla custodia della bellezza, proviamo leggerezza, è come se all’improvviso le negatività dei pensieri e delle crudeltà umane sgombrassero il campo per fare spazio a una ritrovata condizione di bene. Sono in molti oggi a fermarsi a riflettere, soprattutto chi, avendo molto amato ed essendo stato molto deluso, cerca disperatamente di risanare le parti infette con lo spirito purificatore dell’arte, di una bellezza che diventa religiosa ricomposizione di armonia, movimento, forma, rispolverando di nuovo il tema della funzione educativa dell’arte, la sua capacità di trasformare, modellare, riproporre e riattivare. Poesia, musica, pittura, scultura, tornano con prepotenza a ristrutturare e a restituire intatta la voglia di bello, di pulito, di rigenerante che alberga in ognuno. E’ ritrovando lo spirito che riposizioniamo la materia, è riattivando la conoscenza che riapriamo lo sguardo su chi siamo, dove andiamo, qual è il fine e lo scopo della nostra vita, che cosa facciamo, se quello che facciamo è morale, ha una sua utilità sociale. Persino quel fine desiderio d’immedesimazione che tanto contribuisce a far scoprire e ad accentuare le volontà, si è lasciato convincere ed è arretrato, per fare posto a quell’ansia da prestazione che ha ormai invaso tutti i campi del sapere e della conoscenza in generale. Oggi manca moltissimo quella sana idea di scoprire strada facendo i doppi sensi dell’amore, le sue sfumature, le sue intonazioni, i suoi risvolti umani, religiosi, artistici, strutturali, letterari, scientifici e moderni, la sua storia passata e quella presente, il suo essere principio e fine di ogni risorsa e di ogni avventura umana. Forse mai come oggi quello che noi definiamo il classicismo della cultura torna prepotentemente alla ribalta con compassionevole autorità, per farci capire quanto abbiamo fatto e quanto abbiamo dimenticato, quanto abbiamo ricevuto e quanto abbiamo perduto. E’ nella grande storia che scopriamo il nostro vero volto, quello che sottoponiamo spesso a impietose critiche, a irriguardose vituperazioni, impedendogli di venirci in soccorso, regalandoci così quella rinata speranza di bellezza che induce a così nobili compromessi.
Oggi siamo inondati da una marea di sovrapposizioni, non riusciamo più a sentire, presi come siamo dalla smania di dipendenza, da un progresso che se abbrevia in parte la solitudine, dall’altro la acutizza, riempiendola di vuoti difficilmente risanabili. La poesia richiede i suoi tempi, regala pensieri e riflessioni, riempie di nuovo l’anima di entusiasmi, la indirizza, la propone, riattiva quel sistema delle relazioni di cui la parola e il verso diventano miracolose espressioni. E’ della poesia del tempo che abbiamo bisogno, dell’analisi e della riflessione. Poco importa se la parola poco tintinna e poco risuona di vibrazioni sonore, l’importante è che restituisca l’unità corporea e mentale, quella meravigliosa ricomposizione di fluidi ed emozioni che fanno della natura umana armoniosa mescolanza di vita. La musica eleva lo spirito, lo porta in alto, lo deposita nei suoi legami eterei, nella sua infinita necessità di dolcezza, di affinità, lo appoggia tra vibrazioni e suoni che alleviano, restituendo l’appoggio umano di una misericordia quasi divina. La musica è incontro con quella parte di verità che ha bisogno di silenzi prolungati, di capacità di ascolto, di posizionamenti. C’è poi la forza di una pittura capace di sentire, sorprendere, sviluppare, animare, colpire, lasciando all’occhio la sua parte e al cuore la capacità di riprendersi dal mondo delle emozioni sonore e visive. La bellezza salverà il mondo, come diceva san Giovanni Paolo II? Sono in molti a pensarlo, ma bisogna forse che il pensiero si allarghi fino a diventare coscienza e definisca il suo modo di essere, la sua funzione in una società che assorbe tutto, ma che dimentica altrettanto, ritrovandosi poi sola in mezzo al guado, senza una mano ferma che la porti in salvo. Forse abbiamo bisogno anche della bellezza di una croce che sia soprattutto speranza in qualcosa di nuovo di cui si sente prepotentemente la mancanza.