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Jane Goodall, un cuore che parlava alla natura

 7 Ottobre 2025 |  Pippo | |

“Uh!” “Uh!” “Uh!”. “Uh Uh Uh Uh Uh Uh Uh”. Era coinvolgente Jane Goodall, la primatologa, etologa e attivista inglese di fama mondiale, scomparsa il 1° ottobre a 91 anni in California. Esordiva con il saluto dello scimpanzé quando iniziava le conferenze o soprattutto incontrava i bambini. “Aveva un bel senso dell’umorismo -ricorda nella sua dimora di Bodio Lomnago la regista Annalisa Losacco che ha avuto il privilegio di incontrarla in tre contesti diversi- ma soprattutto la sua presenza era illuminante, entusiasta di qualsiasi iniziativa prendesse”. Il suo racconto ci permette di ascoltare gli insegnamenti ricevuti, ma soprattutto le emozioni provate di fronte a questa figura che sapeva emanare amore puro. Se ne rese conto quando a Roma nel 2006 la intervistò per la prima volta in seguito ad un evento organizzato dalla sezione italiana del Jane Goodall Institute, fondato da lei e presente in 25 Paesi diversi per la salvaguardia delle grandi scimmie. Con la sua collaboratrice Daniela De Donno aveva dato impulso ad un orfanatrofio, fondato da una Ong danese, di ragazzi i cui genitori erano morti di Aids. “A pranzo parlò della sua avversione ai fast-food e a tutto quello che comportava l’allevamento intensivo degli animali -ricorda Annalisa- Mi colpì quando, durante gli incontri con i ragazzi spiegava loro come lei stessa avesse preso coscienza di cosa significasse cibarsi di quella carne: erano animali spaventati che sapevano di essere uccisi e la loro paura veniva trasmessa nella fettina che ritrovava nel piatto. Fu allora che smise di mangiare carne. Jane aveva trascorso moltissimo tempo a stretto contatto con gli animali e aveva grande esperienza del fatto che potessero provare emozioni, sentimenti. In una parola, che fossero esseri senzienti”.  Il suo racconto diventa più intenso quando ricorda Jane nel 2014. Annalisa era con il marito, il regista Eugenio Manghi, giunti a Kigoma sul lago Tanganica. La incontrarono nell’ambiente di cui era il genius loci nella foresta di Gombe, una foresta primaria, mai stata tagliata, in mezzo ai suoi scimpanzé che i due registi dovevano documentare e con i bambini di un orfanatrofio. “Nonostante l’età (allora aveva 80 anni) era arzilla, saliva da sola nei punti di migliore osservazione con le scarpette di plastica. “Ma come fai a salire?” le domandammo. Il suo segreto era mangiare molto poco. Ciò gli permetteva di essere attiva 300 giorni l’anno andando a presiedere innumerevoli incontri. In lei -continua Annalisa- c’era un aspetto che non poteva non colpirci: aveva avuto una sequela enorme di riconoscenze e avrebbe avuto modo di parlare a dismisura, invece ci chiese della nostra vita, da curiosa e umile qual era. Generosa nei confronti dell’altro, usava poche parole che andavano in profondità. Ci esortò a lavorare sui cuori delle persone per fare la differenza sul pianeta. Ripeté spesso che per fare la differenza è indispensabile incanalare i nostri talenti”.  L’ultimo incontro della Goodall con Annalisa  avvenne il primo novembre 2022 a Venezia nella Fondazione Ligabue: “Passammo una piacevolissima serata con una vista sui tetti della Laguna assieme allo staff della sezione italiana del suo istituto. Mi diceva di quanto importante fosse parlare ai giovani della speranza che sembravano avere perso. Restituire speranza ai giovani ponendo tanta attenzione alla pace: questo è stato il suo ultimo compito. È stata una grande perdita -conclude Annalisa- Una buona parte del mio lavoro è ispirato ai suoi insegnamenti nel comunicare che facciamo parte di un ecosistema e siamo un tutt’uno con la natura che ci circonda”.

Federica Lucchini

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