Sull’ultimo numero di RMF del 16-XI-2024 sono pubblicati due articoli, uno di Massimo Lodi (In che verso) e l’altro di Silvano Colombo (Meglio Nonni che studenti) che pongono l’attenzione sulla scuola, l’insegnamento della letteratura e la poesia.
Il primo ci dice che in una “classe seconda media, Varese: viene indetto tra gli allievi un concorso di poesia…Forse(con) l’intento d’affermare una stravagante, pur se utile, passione educativa. O la voglia di rendere un surplus di servizio, migliorando col tic dell’originalità il carnet d’istruzione disponibile…”…. “Poi ho cambiato idea, (vista l’assoluta mediocrità e conformismo della routine quotidiana) ritirando il pregiudizio e ho pensato che suggerire a ragazzi di dodici anni d’industriarsi a poetare non fosse un esercizio estemporaneo/sterile …Ho pensato che fosse un click capace d’accendere l’interiorità profonda degli studenti, conducendo a scoperte imprevedibili: la miniera dell’animo, i suoi sorprendenti filoni, il richiamo a portarla/portarli in superficie. Dunque un suggerimento pedagogico affatto banale e invece meritorio…”. un antidoto di soccorso alla trasandatezza morale.. …La poesia, insegnano i classici e i loro epigoni, rappresenta più una medicina dello spirito che un’arte dello scrivere… Poesia uguale scintilla della fiducia e germe della speranza: ce n’è bisogno dentro un’aula di studio, e figuriamoci fuori.”
Nel secondo Il prof. Colombo, colto, preparato, autorevole, laureato in lettere, oltre che critico d’arte, ci racconta della nipotina brillante, che “frequenta la seconda media in un Istituto di rango di Varese”…. che si deve misurare con la poesia della Scuola Siciliana di Iacopo da Lentini, confessando di essere inadeguato a siffatto compito, e meditando ricorda: “faccio mente locale alla Scuola Siciliana: il notaro Iacopo da Lentini, Cielo d’Alcamo eccetera. Si chiede: “Ma io, quando ho incontrato questi personaggi? In prima liceo classico, dopo aver fatto due anni di ginnasio. Si sente, e non può che essere ironico, “ inesorabilmente sorpassato dai compilatori di antologie ad uso della seconda media” che propongono L’isola dei giovani lettori, la quale, se si legge la presentazione, si propone come “…Un’Antologia può essere anche un viaggio, un viaggio fantastico in un mondo di storie, da leggere e da utilizzare come modelli per scrivere. L’avventura di un gruppo di ragazze e ragazzi naufragati su un’isola dà vita alla cornice narrativa che accompagna gli studenti a familiarizzare con le caratteristiche dei testi e costituisce uno stratagemma didattico per memorizzare e imparare….Un’Antologia di testi che tiene conto della tradizione letteraria italiana e straniera, classica e contemporanea… selezione dei brani dei grandi autori classici e dei gusti degli adolescenti per suscitare in modo naturale e divertente il piacere di leggere “.Bel proposito. Ma ne “L’isola dei giovani lettori: i nostri ragazzi sono isolati, galleggiano in un mare sconosciuto, soli e perduti senza la fantasia che li può aiutare.”
Ancora un ricordo: “Ho trovato in casa un lavoro di un eminente critico militante come Giansiro Ferrata che pubblicava presso Antonio Vallardi di Milano un ben frondoso L’albero della fantasia. Antologia di letteratura per la scuola media (edizione 1942) Tanto per chiarire il campo d’interesse: L’albero della fantasia. Si fa riferimento, immediato, alla fantasia, come componente essenziale per far crescere in ciascuno di noi un nostro campo sul quale educare un albero, che porterà i suoi rami, le sue foglie, i suoi frutti.”
“La fantasia è una fede, dice il Ferrata, ed in apertura scelgo tra i suoi autori: Carlo Collodi, Guido Gozzano, Lewis Carroll, Giovanni Pascoli, Umberto Saba, Edmondo De Amicis, Fëdor Dostoevskij, Alessandro Dumas, Giacomo Leopardi, Giosuè Carducci, Ugo Foscolo, Alessandro Manzoni e basta. Tutti pesci in un mare che l’Isola non può pescare. Perché i giovani lettori non hanno né amo né lenza né la pazienza di leggere bene e di intendere meglio parole ben scritte. Devono impegnarsi a cercare fossili sull’isola, frammenti di cortecce, a fingersi filologi quando la fantasia è una fede.”
Come non ricordare il grande Rodari? lo ribadiva in ogni pagina, tornando spesso a quel frammento di Novalis che gli piaceva citare: «Le ipotesi sono reti: tu getti la rete e qualcosa prima o poi ci trovi». Passa dunque attraverso la fantasia la strada per un mondo nuovo e «Tutti gli usi della parola a tutti». Che è come dire: la fantasia al potere. Non perché necessariamente tutti siano artisti, ma perché tutti siano più liberi. I racconti, le favole hanno insegnato il potere liberatorio del meraviglioso, in cui il silenzio delle cose normalmente indicibili viene infranto…: ché le storie fantastiche aprono la mente: «come la poesia e la musica, come il teatro o lo sport (se non diventano un affare)», come la letteratura, senza la pretesa della obbligata contestualizzazione storica-letteraria in una scuola dell’obbligo! Giusta la conclusione: “Meglio essere Nonni oggi, che studenti oggi”.
Maria Grazia Ferraris