INCONTRO CON L’IMPREVISTO
felice magnani
Esci una mattina per una sana passeggiata in bici. Varchi il cancello di casa e ti butti come al solito nella leggera, quasi trasparente bellezza di un paesaggio che si espande amorevolmente tra lago, colline e montagne. Un paesaggio reso ancora più forte e più coinvolgente da un sole che sorprende con tutta la sua forza e la sua abbagliante luminosità. Ti senti tutt’uno con quella natura che è entrata nella tua seconda vita, quella che definisce meglio un carattere, fornendogli la possibilità di assemblare tutto quello che hai costruito prima. Il respiro è fresco e profondo, l’aria accarezza il corpo con quella delicata dolcezza che tonifica i muscoli e il pensiero, permettendo al cuore e alla mente di cominciare a volare verso quella parte d’infinito che ha sempre stimolato la tua voglia di sognare, regalandoti il gusto della felicità. Pedali rotondo, con l’occhio sempre vigile e attento, pedali sicuro verso quella salita circondata dal verde dei boschi, che si fa attendere vezzosa, tra piccoli borghi arroccati, ville e casolari di campagna. Pedali affidando alla gioia di vivere il tuo presente, sicuro che non ci sia nulla che possa cancellare la tua voglia di stare dentro quell’orgoglio semplicissimo, che è stato e continua a essere l’anima vera e profonda della tua traspirazione. E’ fantastico assaporare la voce del silenzio che ti accompagna, regalandoti la certezza che oltre il rumore esiste un genere di vita più cortese e più garbato, capace di riconciliarti con quel bellissimo mondo che pedala con te per accompagnarti, dimostrandoti che vivere bene si può, si deve, che è importante non dimenticarsi mai di quell’intensa felicità giovanile, che riempie di sogni e speranze la nostra vita e il suo desiderio di futuro. Nello spazio di pochi chilometri da casa quanti ricordi, quanta energia, quanta voglia di ringraziare, quanto ardore sportivo. All’improvviso la luce si spegne. Ti svegli, ma intorno a te non ci sono boschi, casolari di campagna, alberi, non c’è neppure la punta svettante di un campanile, ci sono tanti lettini in fila, con dentro persone che soffrono. Sei all’Ospedale di Circolo di Varese, con il braccio sinistro bloccato in una custodia. Hai rotto l’omero e il tuo corpo porta evidenti i segni di una terribile caduta. Non ho assolutamente coscienza di quanto sia successo, la mente ha cancellato tutto. Della tremenda caduta sono rimaste le ferite, non c’è nessuno che possa aiutarmi a capire. Vago nella mente per ricevere una risposta, niente, rinuncio. Quello che mi è successo è ermeticamente chiuso in una cassaforte. Eppure qualcuno ha telefonato a casa, qualcuno che sa, qualcuno che ha pensato di non andare oltre il politicamente corretto. Sono caduto da solo o qualcuno mi ha fatto cadere? Resta un mistero. I misteri possono anche sembrare interessanti, possono sviluppare l’attività investigativa della mente, possono alimentare la parte meno conosciuta della natura umana ma, come in questo caso, impediscono all’emozione di manifestarsi per quella che realmente è. Il non sapere, l’impossibilità di conoscere la verità su quanto ti è accaduto, ti lascia uno sconforto, ti porta via una parte importante di quella sicurezza che ha sempre contraddistinto il tuo modo di essere e di vivere, ti disorienta, è come se all’improvviso perdessi una parte fondamentale della tua personalità. Quella bici da corsa che alimentava la tua capacità di credere e di sognare, di ritrovare ogni volta il senso profondo di una felicità che aveva inebriato la tua giovinezza, diventa improvvisamente complice di un destino avverso, di fronte al quale ti senti umanamente impotente. Il tempo per guarire è lungo, a tratti faticoso, pesante, sembra non passare mai, hai la netta sensazione che non sarà più come prima, che dovrai prendere delle decisioni, che il sogno di invecchiare in bici, respirando a pieni polmoni l’ossigeno dei boschi rimarrà un sogno, ti convinci ogni giorno di più di quanto la vita sia legata a un filo e di quante volte pedalando in pianura o sulle montagne tu abbia sfidato la morte. Con questo pensiero cerchi di compensare il mistero, quell’inviolabile terreno del nulla che per un attimo ha violato la tua intimità, quella tua irremovibile voglia di non dimenticarti mai del fanciullino che è in te, di vivere senza l’opprimente compressione del tempo.