INCONTRO CON IL RICORDO
RICORDARE E’ FARE IN MODO CHE LA VITA CONTINUI A ESSERE QUELLA CHE ABBIAMO APPRESO DALLE PERSONE CHE ABBIAMO AMATO
Padre Kolbe morente nel campo di sterminio, afferma:<Solo l’amore costruisce. L’odio distrugge. L’odio non costruisce niente. Può solo disgregare. Può disorganizzare la vita sociale, può tutt’al più fare pressione sui deboli, senza però edificare nulla>”.
di felice magnani
Nel ricordo c’è quella parte del cuore che ci ha insegnato a voler bene, a continuare nel tempo una storia che ci accompagna e grazie alla quale mettiamo a fuoco il nostro impegno e la nostra volontà. Ricordare è esercitare un dovere, lasciando ai sentimenti e agli affetti la possibilità di esercitare una continuità oltre i limiti materiali del tempo. Ci sono visi, sorrisi, parole, avvenimenti, frasi, atti, gesti, voci, affetti, simpatie, sguardi e immagini che ci portiamo dentro e che serbiamo con grande cura, anche quando ce ne dimentichiamo, perché sono parte fondamentale della nostra vita, di quella passata, di quella presente e di quella che verrà. E’ difficile dimenticare l’affetto di una madre, l’esempio di un padre, l’amore di un fratello o quello di una sorella, la tenerezza di un amico o di un’amica, quello di un parente, l’amore di una moglie e quello di una figlia, i gesti e parole che hanno colorato e che continuano a colorare di benessere la nostra vita. Ci sono persone che hanno accompagnato il nostro cammino, qualche volta in silenzio, in alcuni casi animate dalla voglia di dare consigli, di dimostrare il loro modo di esserci, di vivere accanto a noi e insieme a noi alcuni tratti fondamentali della nostra storia, magari anche con molta difficoltà. Non sempre l’amore si traduce in atti concreti, spesso ha bisogno di crescere, maturare, sbagliare, redimersi, ritrovare dentro di sé e fuori di sé l’energia giusta per dimostrare che nonostante tutto è più forte del male, di quegli errori che entrano in alcuni casi con prepotenza nella dimensione umana, quella che viviamo nell’interlocuzione quotidiana, fatta spesso di giudizi, di critiche, di pregiudizi, di superficialità, di un eccesso di leggerezza, di odi e di rancori. Ricordare è una disciplina interiore, un modo molto umano di mantenere vivo il filo diretto delle connessioni, quelle che ci permettono di rimanere vincolati alla nostra dimensione umana, in una misura più saggia, più razionale, più sapiente. Quando l’uomo ricorda, vive, si rigenera in quella parte affettiva che il tempo tenta di cancellare, lasciando spesso un’incompiuta, quella di non essere stati fino in fondo quello che avremmo voluto. Nel ricordo riusciamo a trovare quell’armonia che la frenesia umana tenta di isolare in spazi sempre più ristretti, abbiamo così tutto il tempo di valutare e di analizzare il senso di una vita meravigliosa, che spesso cade in un eccesso di materialismo, lasciandoci nell’illusione di aver fatto tutto il possibile per viverla al meglio. Il ricordo restituisce quello che la vita spesso sottrae, consegna alla natura umana la possibilità di poter convivere con coloro che ci hanno accompagnato in un viaggio, ci aiuta a riformulare un giudizio frutto di un’analisi interiore profonda, animata dalla voglia di ricompattare quei patrimoni affettivi e sentimentali che abbiamo ricevuto in eredità. Ricordare è restituire l’anima alle persone che hanno accompagnato la nostra esistenza, rendendola affettivamente più piena, più ricca di emozioni. Ritrovare l’angolo del ricordo è respirare di nuovo il senso delle cose che abbiamo visto, che abbiamo detto e che abbiamo fatto, è stabilire un filo diretto con quella parte più intima della natura umana che spesso viene trascurata per dare spazio all’immediatezza, a ciò che ci sembra temporaneamente più utile. Anche le cose meno belle, quelle che hanno in parte destabilizzato il nostro cammino, assumono forme e contenuti molto diversi, sottoposti al vaglio di un’analisi affettivamente prodiga di buoni consigli e di visioni sollevate dal peso di un eccessivo realismo. Ci sono modi diversi di ricordare, di rimettere in moto quel mondo delle emozioni che pensavamo di aver perduto per sempre, ma che non ci abbandonano mai, ridestandoci soprattutto quando ne abbiamo bisogno, quando l’armonia richiede con insistenza la sua parte. Ricordare significa non ripetere mai più gli errori del passato, rinnovare la propria fede nella natura umana, significa essere coscienti di tutto il male che è stato fatto per non cadere più nella dimenticanza, mantenendo sempre acceso il fuoco della vita e quello della speranza. Troppo spesso ci si dimentica del valore della vita, troppo spesso si vive tralasciando il sacro fuoco della coscienza, quello spazio che va sempre mantenuto vivo e attivo per rinnovare la bellezza dell’esistenza in tutte le sue forme. Mantenere vivo il “GIORNO DELLA MEMORIA” significa ricordare tutti coloro che hanno subito l’efferatezza della violenza, ricordando alle generazioni future che non bisogna mai abbassare la guardia, perché la via della concordia, della pace e della rigenerazione sociale richiede una elevata attenzione morale e culturale. Il passato è un monito perseverante che ci aiuta a non dimenticare e a costruire con determinazione e tenacia la fede e la speranza in una condizione sociale, che veda tutti gli esseri umani uniti in una grande corsa verso la creazione di un mondo migliore, dove non ci sia spazio per nessun tipo di violenza.
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INCONTRO CON LA MALEDUCAZIONE
SIAMO TESTIMONI OGNI GIORNO DELLA MALEDUCAZIONEI. COSA FANNO LE FAMIGLIE E LA SCUOLA PER FAR CRESCERE GIOVANI CAPACI DI COSTRUIRE UNA SOCIETA’ MIGLIORE?
DI CHI SONO LE COLPE?
di felice magnani
Ci sono dei momenti in cui diventa importante riflettere su cosa accade attorno a noi. Il cittadino ha il sacrosanto dovere di fare ogni tanto l’esame di coscienza, per vedere se ha fatto tutto quello che sarebbe stato necessario per evitare che l’esuberanza si trasformasse in cattiveria, aggressività, incapacità di dare un senso alle azioni. Da un po’ di tempo a questa parte si parla pochissimo di educazione e nella maggior parte dei casi lo si fa soltanto quando tocca di persona. Ma i luoghi dell’educazione cosa fanno? La famiglia ha ancora uno sguardo attivo sui propri figli? La scuola fa davvero fino in fondo il proprio dovere? Il mondo religioso sa ancora orientare le speranze dei nostri giovani? Gli adulti sanno ancora essere guida sicura per tutti coloro che si affacciano alla vita per dare un senso alla loro presenza? La Costituzione viene letta, studiata e messa in pratica? Ci sono diversi punti interrogativi che non trovano risposta, perché nella maggior parte dei casi la paura prende il sopravvento, così come la protezione omertosa, quella che sempre più spesso vediamo e leggiamo sui media. La paura può essere un freno positivo, nella maggior parte dei casi però diventa il volano di chi punta su di lei per sottomettere e sopraffare. Ce ne rendiamo conto soprattutto quando vediamo sfilare in televisione il variegato mondo della delinquenza, che conquista paesi, città, stato e regioni, costringendo spesso i cittadini a un mutismo cronico, pena varie forme di ricatto e di violenza. Quando i luoghi dell’educazione non fanno il proprio dovere o lo fanno in una misura irrisoria e inaffidabile, ecco che il sistema democratico sballa e così dentro questa generale confusione si inseriscono le malefatte di tanti che reagiscono in modo del tutto inappropriato, creando le premesse di una democrazia fuori controllo. Possibile che il mondo degli adulti non si renda conto che se non educa con coraggio, crea le basi di un sistema che va dove vuole, al punto che tutto diventa possibile, anche intraprendere strade senza vie d’uscita. La paura nasce quando il cittadino è cosciente che lo stato non lo difenda, lo lasci solo in balia di ogni tipo di cattiveria. La maleducazione vive libera e sa di poterlo fare, si materializza senza timore alcuno, porta a compimento ogni sorta di misfatto e lo fa con la certezza che troverà sempre una via d’uscita. Nasce e cresce in una società che non vede, non sente, non parla, che gira le spalle. Trova spesso nell’ignoranza la possibilità di rafforzarsi, di dare il via libera alle sue peggiori rappresentazioni. Se la famiglia non segue i propri figli, se la scuola non diventa scuola di vita, se la paura s’impossessa delle volontà, il rischio è che diventiamo prigionieri in libertà provvisoria e guai puntare il dito o alzare la voce, la maleducazione non ama infatti chi predica la verità, non ama la critica, il dialogo, la discussione, tutto questo lo capiscono benissimo i giovani, che hanno un occhio molto attento su quel mondo che non si intromette, che spiana loro la strada, solo per continuare indisturbato a fare i propri comodi. E’ su questa via che l’anarchia si fa strada, è su questa via che la maleducazione dilaga con l’appoggio esterno di chi si è completamente dimenticato che una società senza regole è destinata a un totale fallimento. I giovani sanno di avere quasi sempre la legge dalla propria, sono certi che la famiglia li protegga sempre, hanno la certezza di poter uscire indenni da qualsiasi bravata, anche quando le bravate sono dei veri e propri attentati all’incolumità fisica delle persone. Siamo sicuri che i luoghi considerati sicuri, lo siano anche oggi? E’ ancora possibile chiedere alle famiglie di collaborare, per trovare soluzioni concordate e adeguate, per il bene dei loro figli? Molti genitori stanno appollaiati sulla difensiva, come se i figli fossero un bene da tutelare sempre, senza rendersi conto che uomini e donne sono dotati di una loro personalità e che, proprio per questo, devono imparare a gestire in modo appropriato le loro responsabilità, sapendo dove stiano di casa il bene e il male e quali siano gli atteggiamenti educativi più adeguati per evitare che si possano trasformare, strada facendo, in aspiranti delinquenti. I giovani devono imparare che la vita comunitaria ha dei doveri che devono essere rispettati, devono sapere che i diritti, anche quelli che fanno parte integrante della nostra storia e della nostra comunità, devono essere costruiti ogni giorno con fatica, con determinazione e perseveranza. E’ in questo spazio educativo che si inseriscono le grandi responsabilità di famiglia e scuola, è in questo ambito che diventa indispensabile agire sulle trasgressioni che si consumano quotidianamente a danno di cittadini inermi, è in questo ambito che gli educatori hanno il sacrosanto compito di trovare adeguate soluzioni educative, orientando positivamente le difficoltà dei ragazzi. Sono necessarie famiglie e scuole che sappiano arrivare al cuore dei giovani, che li sappiano amare, ma non per questo assolvere sempre, perché nella maggior parte dei casi la tolleranza diventa la porta aperta verso un libertinismo pericoloso. I papà e le mamme devono sapere cosa fanno i loro figli, devono dialogare con loro, devono trasmettere dei valori, devono orientarli e indirizzarli, devono accompagnarli soprattutto nel periodo dell’adolescenza, quando il disagio può davvero diventare fatale. I giovani non amano la paura, vogliono capire e realizzare, vanno guidati verso un ordine interiore che sappia trasformarsi in ordine civile, sentono l’importanza di essere amati e orientati, proprio per questo hanno bisogno di educatori che sappiano entrare nel loro cuore, sollecitando quei talenti che, se abbandonati a se stessi, rischiano di lasciare campo libero alle peggiori intraprendenze. La maleducazione è esibizione di una povertà assoluta. Chi si mette volontariamente fuori dal circuito educativo mostra tutta la sua immaturità e soprattutto fa fare brutta figura a tutte quelle mamme e a quei papà che, insieme ad altri educatori, hanno fatto e fanno di tutto per far crescere in modo positivo e propositivo i propri figli. E’ tempo dunque che i ruoli tornino a essere vera e propria promozione umana, capacità di intercettare i bisogni e le necessità delle persone, perché la vita non è uno scherzo, bisogna aiutarla a entrare con gioia nel grande cerchio della famiglia umana.
INCONTRO CON LA RIFLESSIONE
IMPARIAMO A DARE UN SENSO ALLE COSE CHE FACCIAMO
di felice magnani
Capita sempre più spesso che si facciano delle cose così, senza sapere esattamente quale sia il senso o il motivo vero di quello che si fa o di quello che si dice. In molti casi si agisce come se intorno non ci fosse nessuno, come se quel mondo nel quale siamo nati e nel quale dobbiamo vivere fosse una proprietà privata. Si agisce senza pensare, senza una motivazione precisa, senza aver ponderato l’effetto di un pensiero, di un’ azione, di un atto, come se <gli altri> non esistessero o fossero soltanto dei numeri. Se dovessimo mettere in fila tutte le prevaricazioni e le inadempienze che osserviamo ogni giorno nella nostra vita quotidiana, avremmo un quadro molto interessante su cui riflettere, per cercare di capire veramente chi siamo e cosa sarebbe più giusto fare per vivere una dimensione più armonica e più rispettosa della nostra vita e di quella degli altri. Viviamo in un paese che è considerato tra i più belli e più ricchi al mondo, che è conosciuto per il suo genio, per la sua creatività, per la sua straordinaria capacità di indagare e di scoprire i segreti della bellezza, ma anche, purtroppo, per l’incoerenza della sua armonia, dalla quale emergono spesso tutte le negatività che relativizzano e che cancellano quanto c’è di veramente grande e di buono nella natura umana. E’ importante dunque riflettere? E’ importante ripiegarsi su se stessi per cercare di entrare un poco alla volta nel paradiso dell’interiorità, per capire meglio di che pasta siamo fatti? Quanto conta prendere coscienza di chi siamo, di cosa facciamo, di come lo facciamo, di che peso abbia nella nostra vita e in quella della comunità il desiderio di conoscersi? Riflettere è un po’ come sedersi in un angolo del nostro soggiorno di casa, dove il silenzio è più ampio e profondo, lasciando che lo sguardo entri nella bellezza che ci sta di fronte e che anima spesso la nostra inquietudine, per cercare di capire sempre qualcosa di più di quel mondo nel quale abbiamo avuto la fortuna di vivere una parte fondamentale della nostra esistenza. Riflettere può essere la porta d’ingresso di un nuovo paradiso interiore, dove ogni cosa è al suo posto, capace sempre di fornire la risposta giusta, soprattutto quando le cose di questo mondo non vanno sempre come vorremmo. La natura umana ha tutto quanto serve per essere un pochino più felice, non si limita a consegnare una visione superficiale delle cose, vuole sempre qualcosa di più, ci chiede di cercare e di costruire, di investigare e di indagare, vuole insomma che diventiamo più consapevoli delle nostre eredità, imparando a investire in modo più adeguato la nostra ricchezza. Essere riflessivi ci aiuta a dare un senso, a finalizzare un’azione, a capire meglio che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato, ci costringe a fare un esame di coscienza, a creare rapporti interpersonali più veri e più maturi, a non lasciarci soggiogare dall’ira e dalla rabbia, da quell’aggressività che troppo spesso consuma e distrugge l’energia positiva che portiamo dentro. La riflessione nasce spesso da una mediazione, ha bisogno di trovare chi la sappia suggerire e stimolare, ha bisogno di chi sappia sollecitare il desiderio di esplorare, di ampliare il raggio d’azione della nostra intelligenza. La riflessione aiuta a non dimenticare il passato, a vivere meglio il presente e ad allargare lo sguardo su quello che ci attende, per questo ha spesso bisogno di educatori formati, di persone che sappiano lavorare sull’intelligenza delle emozioni, sulla capacità dell’essere umano di sapersi conoscere e amare, fuori dagli schemi preconfezionati di un materialismo di maniera. Un buon allievo ha sempre bisogno di un buon maestro, ha bisogno di qualcuno che lo sappia orientare senza scalfire quella naturalissima voglia di crescere che è parte integrante di ogni essere umano.
INCONTRO CON LA SOCIETA’
CHE TIPO DI SOCIETA’ E’ QUELLA IN CUI VIVIAMO?
SIAMO SICURI DI ESSERNE I GARANTI?
di felice magnani
Da un po’ di tempo a questa parte si parla spesso di Costituzione. Se ne parla soprattutto in occasione di grandi feste nazionali, quando le ricorrenze sono strettamente legate alla nascita e alla vita della nostra Carta fondamentale, alla sua natura etica e giuridica, al suo essere lo specchio di una società che nasce da una volontà comune, che tende ad armonizzare la vita, rendendola sempre più capace di crescere nella maturità e nella consapevolezza, nella pace e nel rispetto, nella libertà e nell’educazione. La società è un mosaico di straordinaria bellezza, dove ciascuno ha un posto privilegiato, un posto che assume una rilevanza incredibile e dove l’armonia nasce dalla somma di intelligenze e di volontà che si mettono insieme per dare una forma sempre più nuova, moderna e autorevole alla vita d’insieme. Essere membri di una società è un privilegio? Certamente sì, perché consente di creare una interessantissima serie di interconnessioni e di legami che, sapientemente costruiti e valorizzati, danno il senso dell’energia che una comunità è in grado di esprimere. In una società ci sono regole comuni, diritti e doveri, ordinamenti e indicatori che fanno sì che la vita possa delinearsi più dinamica, armonica e sicura, avendo una linea di condotta comune da seguire. La Costituzione è un punto di partenza? Certamente. Le regole in essa contenute sono l’inizio di un cammino che può essere meraviglioso, se lo si sa cogliere e orientare. La nostra Carta fondamentale è dinamica, nel senso che definisce dei punti fermi da cui partire per una sempre più piena realizzazione dello spirito in essa contenuta. Di solito le regole servono a capire meglio il senso di quello che si fa, a sviluppare una visione più ampia e più vera, a esprimere con maggiore efficacia la propria adesione all’ordinamento democratico. Le Costituzioni democratiche hanno il pregio di essere figlie di volontà libere, di saper cogliere le aspettative della gente, di offrire un terreno su cui costruire la propria identità, mettendo in campo risorse e talenti che altrimenti rischierebbero di essere assorbiti da varie forme di assolutismo. La Costituzione è una carta fondamentale che va letta, studiata e soprattutto applicata. E’ grazie a lei, alla sua forza motivazionale, che i cittadini scoprono il senso della storia che stanno vivendo, è rispettandola che la rendono sempre viva e sempre nuova, è impegnandosi che dimostrano di essere coerenti con le volontà dei padri costituenti. La famiglia e la scuola dovrebbero parlare quotidianamente di Costituzione, come si parla di un’amica preziosa che suggerisce sempre una visione sicura della realtà. C’è nella nostra carta costituzionale l’anima della nostra storia, che chiede con insistenza di essere posta al centro della nostra vita personale, ricordandoci a ogni passo che è già tutto scritto, basta solo rispettare le consegne, mettendole in pratica. Siamo sicuri di osservarla con tutta quella disponibilità e collaborazione che merita? Siamo sicuri che il testo costituzionale venga presentato, letto e spiegato in famiglia e nelle scuole del nostro paese, con quella carica motivazionale che merita? Il problema è che spesso anche le cose importanti cadono nel dimenticatoio, un po’ per superficialità e un po’ per mancanza di quella continuità necessaria che favorisce un’acquisizione più matura dei diritti e dei doveri presenti nel nostro documento fondamentale. Sui diritti e sui doveri bisognerebbe tornare ogni giorno, soprattutto nelle scuole e nelle famiglie, creando un dibattito aperto con le nuove generazioni, sviluppando un rapporto critico in forma propositiva, in modo tale che i nostri giovani si sentano coinvolti, come parte integrante di un mondo che ha bisogno della loro collaborazione e della loro coerenza per diventare sempre un pochino migliore. Ci disperiamo spesso quando assistiamo alle trasgressioni e alle varie forme di violenza poste in essere dal mondo giovanile, diventiamo pessimisti ogni volta che ne constatiamo l’arroganza, ma dovremmo anche pensare un pochino di più per capire questo mondo così carico di energia, orientandolo verso una più solidale comprensione del proprio ruolo all’interno della comunità. La Costituzione è il punto di partenza per la costruzione di una società forte e dinamica, capace di unire le forze in campo, offre lo spunto per la realizzazione di una personalità sintonica con le aspettative comunitarie, è in questa direzione che occorre procedere, favorendo una sempre maggiore assunzione di senso di responsabilità da parte di tutti, in particolare di coloro che hanno il compito di formare con l’esempio le future generazioni.
INCONTRO CON L’EDUCAZIONE
IN UNA SOCIETA’ CHE CAMBIA, L’EDUCAZIONE AL CENTRO
di Felice Magnani
Fin dai banchi della scuola elementare c’erano maestri e maestre che avevano collocato l’educazione al centro del loro insegnamento, era la chiave di volta della loro quotidiana attenzione nei nostri confronti. Educazione a tutto campo. Educazione come rispetto nei confronti delle cose, delle persone, educazione come modello di vita, come modo di essere e di porsi, educazione come forza trainante di una comunità, come impegno quotidiano, come coesione e collaborazione. Di solito si partiva sempre dall’esempio. Bastava un esempio per costruire una storia che avesse come fine quello di insegnare qualcosa di buono, qualcosa che modificasse per esteso la nostra voglia di capire, di crescere, di indagare, di metterci alla prova. All’ordine del giorno c’erano spesso le parolacce, suoni stonati appresi un po’ di qua e un po’ di là in famiglia, all’oratorio, nel gioco, per la strada, per bocca di giovanotti ormai maturi e proprio per questo sempre meno vincolati alle regole della buona educazione. La parolaccia diventava spesso sinonimo di liberazione, di maturità acquisita, di poter finalmente superare il limite di una imposizione stringente e opprimente. L’educazione una sorta di prigione? Forse sì o forse no, sta di fatto che nella maggior parte dei casi aveva un perimetro educativo molto ben definito. La cosa più difficile per l’educatore è sempre stata quella di spiegare nel modo più fluido e chiaro possibile il perché quella cosa non si dovesse fare o non si dovesse dire. Perché tutto questo? Forse perché alla base della nascita di un sistema educativo dovevano esserci delle regole rispettate da tutti. Una cosa è certa, le regole non sono mai piaciute. Non è facile dire a una persona che non deve fare. Mai imporre, parlare sempre con garbo, cercando di utilizzare il massimo dell’empatia possibile. Viviamo in un mondo in cui la libertà non ha confini, guai limitarne il perimetro. L’educazione ha sempre incontrato un sacco di ostacoli, perché nella maggior parte dei casi è stata presentata come una proibizione, non come una maturità vera, capace di cambiare in meglio la vita delle persone, di rendere più bella e operosa quella della comunità. Nella maggior parte dei casi si è lasciato correre, si sono chiusi non uno, ma due occhi, sperando che il tempo stemperasse quella voglia di prevaricazione che rimescola nel genere umano. Uno dei grandi temi di oggi è: “Cosa possiamo fare, per rimettere un pochino le cose in ordine, senza incorrere nella rabbia e nel rancore?”. Forse qualche piccolo cambiamento potrebbe modificare in meglio la nostra vita, come ad esempio creare una scuola più aperta e creativa, capace di stimolare l’immaginazione giovanile, curando la bellezza in tutti i suoi ambiti e rafforzando quella voglia di fare e di essere che vive dentro ognuno di noi. Educare dunque? Si, ma partendo sempre da una volontà libera, capace di sprigionare tutta quell’energia che, se ben coltivata e orientata, modifica radicalmente la volontà e il modo di essere, rendendoli il più positivi e propositivi possibili.