IN QUANTI MODI SI PUO’ COLLABORARE PER RAGGIUNGERE UNA PIU’ GIUSTA LEGALITA’ SOCIALE?
di Felice Magnani
In quanti modi si può arrivare alla legalità? In diversi modi. Credo che la strada migliore, quella più a portata di mano, sia l’educazione famigliare, che nasce e cresce con un padre, una madre, con dei fratelli e delle sorelle o con i nonni: in che modo? Parlando con chi ci osserva e ci ascolta per tentare di cogliere il significato di quello che stiamo dicendo. Parlare sembra scontato, ma non è così, si parla pochissimo e in molti casi abbiamo trasformato le parole in stereotipi da mercatino rionale. Nella maggior parte dei casi il dialogo manca della sua fisicità, si affida sempre più spesso all’assenza di presenza. Oggi non si parla, nella maggior parte dei casi si urla, i politici e i giornalisti ne sono un esempio, basta infatti seguire qualche trasmissione televisiva colorata di sfumature partitiche per rendersene conto. Si urla in casa, in televisione, nel telefonino, dalla finestra, per strada, dai finestrini della macchina, l’urlo ha preso il posto della pacatezza dell’intonazione e di una sana modulazione espressiva, sembra quasi che l’essere umano sia diventato un soldatino gettato in prima linea a depotenziare il nemico, urlando la propria rabbia e la propria aggressività. Tornare a parlare e a pensare è un esercizio fondamentale, il primo passo per una riacquisizione di autorevolezza sociale. Emettere dei suoni o formulare dei gesti non basta, occorre infatti non dimenticare che la parola è figlia di un pensiero, di una organizzazione logica, che diventa parte fondamentale di una chiara sequenza concettuale. Parlare sì, facendo precedere la parola da una pensata strategia riflessiva, sollecitando quella sfera creativa dell’emozione che abbiamo disimparato a usare. Il primo passo verso una riacquisizione di legalità lo si compie imparando a parlare con il prossimo, chiunque esso sia, ovunque si trovi. Ricordo a questo proposito un simpatico aneddoto legato a un calda serata estiva. Un gruppo di ragazzi adolescenti arriva sotto casa mia e tempesta di botte un segnale stradale. Il rumore è assordante al punto che mi metto le scarpe e scendo in strada per vedere cosa stia succedendo. Io ero solo e i giovani almeno una quindicina e tutti belli robusti. Avrei potuto, sbagliando, arrabbiarmi e minacciare, ma niente di tutto questo, ho parlato loro come si fa con qualcuno curioso che non conoscendoti bene vuole capire chi sei, cosa dici, come sei fatto e che intenzioni hai, perché hai fatto quel gesto, spinto da quale pulsione. Ho parlato con un gruppo che, in virtù di una brevissima sospensione di natura pragmatica, si è subito interessato al mio racconto creato quasi per analogia, al momento. Lo sport, si sa, ha sempre avuto un importante sex appeal presso il mondo dei giovani. Abbiamo camminato insieme fino al campanile della chiesa, io in mezzo a loro in ciabatte e loro attentissimi, che mi guardavano con interesse, attenzione e molta curiosità. Ho raccontato loro di un libro di sport che avevo appena terminato di scrivere, ho posto loro delle domande, abbiamo interloquito con grande tranquillità, adottando quella sana metodologia socratica, che permette ancora a distanza di millenni di aprire le porte di un dialogo più approfondito, fraterno, amichevole, ma non per questo meno autorevole. Alla fine alcuni dei ragazzi si sono offerti di aiutarmi a tagliare la siepe e l’erba del giardino, si capiva benissimo che la mia comunicazione li aveva affascinati, forse per la prima volta si sentivano coinvolti come uomini da un uomo come loro, da una persona che era contenta di averli incontrati, di aver scambiato quattro chiacchiere con loro, anche se in una circostanza imprevista. Il risultato? Non hanno più tempestato di botte quel segnale stradale e ogni volta che mi incontravano in giro per il paese mi domandavano gentilmente come stavo. La legalità nasce anche così, dalla comprensione e dal desiderio di conoscere e di approfondire i comportamenti dell’altro, creando connessione, empatia e magari anche un po’ di simpatia, un modo più umano e gioviale di creare relazione, partendo da quella voglia di curiosità che è parte integrante della volontà di noi umani. Parlare, saper parlare, saper orientare le parole verso la definizione di un pensiero organico, quindi intelligente, può modificare radicalmente le sorti di un di un comportamento, aprendo le porte a quella capacità di ascolto e di connessione che permette di sentirsi più capaci di valorizzare la capacità riflessiva, il proprio pensiero, il proprio carattere. Una società cambia nella misura in cui l’educazione all’uso della parola e quindi del linguaggio, viene insegnata da tutti, è così che la società prende coscienza del proprio ruolo, della propria identità, dell’importanza che il linguaggio stesso riveste nei comportamenti umani. In un mondo dove la parola è spesso associata a varie forme di irrazionalità, alla rabbia, al disagio, all’incomprensione, all’arroganza e alla violenza, si sente fortemente la necessità di capire e di voler bene, di spiegare, di accompagnare, di trovare nuove vie e nuove strade da percorrere per rendere più agevole la vita delle persone, si sente soprattutto il bisogno di connettere la parola al pensiero, evitando di trasformare la libertà in una sorta di guerra aperta. Il mondo adulto in particolare è oggi chiamato all’assunzione di un grande senso di responsabilità, soprattutto nei confronti di quel mondo giovanile che viene erroneamente considerato incapace di rispondere positivamente alle sollecitazioni di una comunità che in molti casi pensa molto a se stessa e troppo poco agli altri, soprattutto a tutti coloro che premono per un riconoscimento legale della propria presenza e della propria identità sociale. Una delle principali carenze della società in cui viviamo è la mancata valorizzazione morale, costituzionale e sociale di quelle persone che percorrono quotidianamente i nostri “sentieri” e che si attendono quell’attenzione che nessuno ha mai riservato loro. L’illegalità naviga un po’ dappertutto, si presenta ogni volta con volti diversi, compito quindi di una corretta educazione resta quindi quello di individuarla e di correggerla, accompagnando le parole con l’esempio, un modo concreto per dimostrare che è soprattutto grazie a una testimonianza che gli esseri umani, anche quelli meno apparentemente disponibili, rimettono in moto quel dinamismo emozionale e concettuale che è rimasto per troppo tempo abbandonato a se stesso. Parlare ai giovani, spiegare la verità con l’entusiasmo necessario, valorizzarli, collaborare sviluppando forme di coinvolgimento e di confronto, senza escludere mai nessuno, includere sempre, fare in modo che ciascuno si senta protagonista di un tratto di storia, dimostrando il proprio valore, la propria capacità di voler essere centro di un cammino che ha bisogno dell’aiuto di tutti e delle capacità di ognuno. Viviamo in una società che non ha ancora superato del tutto quel male di vivere che la perseguita da sempre e che le impedisce di essere se stessa, veramente libera di poter dimostrare senza timore alcuno che la costruzione del bene ha bisogno del concorso di tutti e che non devono esistere muri contrapposti in lotta fra loro, ma volontà che s’incontrano, si confrontano, parlano e discutono per conoscersi più a fondo, per rendere più agevole un cammino a tratti complicato e difficile per tutti. L’unione fa la forza, dicevano i nostri vecchi, mettersi insieme è un principio estremamente correttivo di una società che tende sempre di più a dividersi, a settorializzare. Il mondo degli adulti deve riprendersi le sue responsabilità, deve tornare a parlare, a confrontarsi, deve rimettere in campo un sistema che punti decisamente all’incontro, alla possibilità di creare ampie forme di confronto che favoriscano l’integrazione e l’inserimento, scremando via via tutte quelle forme di inutile burocrazia che impediscono alle persone di prendere possesso della libertà di osare e di fare, di diventare cittadini attivi di una società che vuole allargare il livello d’impegno e di collaborazione. Rompere i muri dell’incomunicabilità, rimettere in campo il senso della storia, discutere e partecipare, restituire senso e motivazione alla storia quotidiana, dare un volto sempre più attivo e moderno alla nostra bellissima Costituzione, rilanciare la forza sociale di tutti, dare la possibilità a tutti di parlare, di farsi capire, di esprimere pareri, punti di vista, di poter entrare in connessione diretta con tutti quei mondi che ci ruotano attorno e che ci aspettano per essere esplorati con sempre maggiore verità. Ritrovare l’autorevolezza, il senso della realtà che ci sta di fronte, avere la possibilità di tirar fuori il proprio pensiero, magari sollecitandolo, sono passaggi che creano unione, comprensione, rispetto reciproco, voglia di collaborare, di mettere insieme quel pacchetto di energie positive che gli uomini e le donne si portano dietro fin dalla nascita. Quando vedi che un giovane ti sorride, vuol dire che hai toccato il suo cuore, vuol dire che le tue parole e il tuo pensiero lo hanno messo nella condizione di sentirsi amato e rispettato, cose non da poco in un mondo che si è abituato a vedere tutto in bianco e nero, non riconoscendo più la gentile bellezza dei colori. Una società migliora e acquista una sua dimensione sociale e soprattutto legale se rimette in campo la volontà di andare incontro all’altro per conoscerlo un tantino meglio, oltre quel sistema dell’indifferenza e della superficialità che ci hanno caratterizzato in questi tempi difficili e molto complicati.