IN GIUSEPPE UNGARETTI LA PROFEZIA DELLA PAROLA
di felice magnani
Biografieonline.it
Giuseppe Ungaretti
Può la parola essere profetica, può risalire la corrente della storia senza correre il pericolo di diventare prigioniera di un pensiero che non riesce più a ritrovare la via dell’energia espressiva o la capacità di riabilitarsi dalla forza evocativa di un suono o di una visione troppo strutturalmente complessi? Giuseppe Ungaretti ha avuto il coraggio di sovvertire un ordine, rimettendo al centro la nuda corporeità di una parola divenuta simbolo di purezza espressiva, senza dover sottostare a strategie, schemi e misure metriche impregnati di figure, immagini o preconfigurazioni semantiche che limitano di fatto quegli slanci che amano dilatarsi senza dover per forza sottostare a condizionamenti di vario ordine e grado. La forza della poesia di Ungaretti è tutta conservata nella sua strutturale essenzialità, nello spazio interpretativo che il poeta sa ritagliare, nella capacità di saper definire la forza evocativa di un pensiero che non ha bisogno di troppe arzigogolature per esprimere uno stato d’animo o un diverso modo di esistere nella mimesi poetica dello scrittore. Da cosa nasce l’ordine della poesia ungarettiana? Forse dalla straordinaria capacità dell’uomo prima e dello scrittore poi di saper creare un mistico incontro di affinità elettive con quell’ assorbente natura nordafricana, sapientemente disposta tra mare e deserto, che ha caratterizzato e arricchito la fonte emotiva primaria del poeta, quella che padroneggia la voglia d’intimità, sentendosi parte integrante di una natura generosamente pronta a valorizzare al massimo livello il silenzio, la bellezza, il colore, la profondità, la verticalità, l’idea di poter vivere con l’indispensabile, senza dover per forza ricorrere ad artifizi che rischiano di compromettere l’energia e l’immediatezza del testo poetico. Ungaretti ha appreso moltissimo dalla fisicità esistenziale di una natura che offre la parte migliore di sé, quella che scuote la sensibilità dell’essere umano, creando la giusta intensità emotiva e il giusto rapporto con quel mondo che si piazza frontale davanti agli occhi del poeta per essere letto e interpretato senza inutili smancerie. Nello sguardo di Ungaretti si colloca il pensiero esplorativo e investigativo del poeta, alimentato da quella sfera dell’immaginario che gli consente di espletare una naturalissima intraprendenza, quel fine desiderio di entrare subito nello spazio esistenziale senza dover per forza cedere al richiamo di velleità o di particolari strategie linguistiche, grammaticali. Con Ungaretti il cuore della poesia si rifugia in quella quotidianità di azione e di pensiero che sa parlare direttamente al cuore, senza doversi piegare a modelli regolativi troppo razionalmente configurati. Chi è Ungaretti? E’ il poeta che sa sorprendere, che sa concedere lo spazio di una riflessione, che cammina di pari passo con l’uomo del suo tempo, pur aprendo le porte a un futuro che valorizza al massimo la forza evocativa di una lingua che si propone in tutta la sua ampiezza, anche quando raccoglie per strada cocci di suoni usati e clandestinamente abbandonati. Ungaretti insegna a vivere i drammi posizionandosi sul fronte di una esternazione più vera, più intima e più umana. Forte nella sua prassi poetica è il tema del ricordo, che si lega a immagini, volti, figure, amicizie e conoscenze che a distanza di tempo restano il vero punto di partenza della sua sensibilità poetica, della sua considerazione umana e culturale, portata a vitalizzare il ricordo di una storia che ha inciso e che continua a incidere con forza su varie forme di emancipazione culturale e sociale. Ungaretti è un poeta che sa stupire e sorprendere, un letterato al quale non sfugge nulla, capace sempre di trasformare la materia in acume riflessivo, in occasione di meditazione e di discernimento. Ungaretti è il poeta che ha fatto della parola la chiave di lettura di un mondo troppo spesso privato della sua vera forza attrattiva, della sua pura genuinità, della sua capacità di essere espressione autentica di una umanità che non ha bisogno di cornici dorate per esaltare la propria bellezza. Le sue parole nascono e si conservano nel solco di una cultura che ha radici profonde nella storia della gente comune, quella che ama soprattutto pensare, riflettere, armonizzare, sentirsi umanamente sollecitata ad aprire quel mondo emotivo individuale che altrimenti rischierebbe di rimanere prigioniero di un eccesso di interiorizzazione. Poesie memorabili quelle del poeta lucchese, nate e coltivate nel cuore di un’esistenza a tratti drammatica e complicata, dove la vita e la morte si accavallano e s’inseguono lasciando aperti spazi di pura riflessione, dove la permeabilità emotiva dello scrittore cerca disperatamente una compensazione, la possibilità di ricreare il tempo di un’attesa che non sia frustrazione, ma corretta interpretazione di sensibilità raccolte armonizzando le parti complesse di un cammino articolato e profondo. Tra i drammi che ne hanno caratterizzato l’esistenza ci sono quelli famigliari, quelli che lo hanno investito direttamente, come la morte del fratello e quella del figlio Antonietto, la morte del padre e quella della madre, le morti di quei commilitoni diventati compagni di sventura sulle terre del fronte, dove tutto si colora di un esacerbato realismo e dove la poesia si trasforma in strumento di rifondazione e di riproposizione, capace di dare corpo a quel tenace desiderio di riappropriazione che ha sempre accompagnato il cammino del poeta. Poesie a tratti brevissime quelle di Ungaretti, capaci d’illuminare, di amplificare al massimo quel desiderio di pace e di armonia che si fa sentire soprattutto quando il tempo e lo spazio si restringono, fino ad annullarsi. Analogia e similitudine, spazi bianchi, fitta sequenza di respiri contratti, momenti di purissima visione introspettiva che scompiglia il silenzio e la solitudine, ristabilendo una fitta connessione con la vita stessa e la sua intensa vibratilità. “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” o “M’illumino d’immenso” o “Balaustrata di brezza per appoggiare stasera la mia malinconia”, sono attimi di fortissima intensità musicale ed emozionale, forgiati alla luce di una acutissima energia, di una straordinaria capacità di saper cogliere ciò che la parola può regalare se la si sa rapportare alla forza creativa di una natura capace di saper esprimere il massimo con il minimo, preconfigurando quello che potrebbe sembrare umanamente impossibile. Ricordare Giuseppe Ungaretti è non solo rendere omaggio a quella cultura letteraria che ha sempre accompagnato la nostra storia, ma anche continuare a credere nel messaggio educativo della poesia e nella sua innegabile forza medianica, nella sua capacità di piegare quell’eccesso di prosa che tradisce spesso la voglia di esserci dell’animo umano. In un momento in cui la guerra propone ancora una volta il tema della vulnerabilità, Ungaretti raccoglie il desiderio dell’essere umano di rimettersi in volo alla ricerca di spazi con cui riannodare quel fine sentimento d’amore che richiama costantemente alla riabilitazione di quella pace che resta pur sempre il punto di partenza e di arrivo di un mondo che guarda avanti con la speranza che la vita possa avere la precedenza su tutto. In un mondo come quello attuale in cui le guerre segnano con prepotenza la storia degli esseri umani, Giuseppe Ungaretti offre all’inquietudine esistenziale la possibilità di una riflessione profonda sul tema della vita, sull’importanza di saper fare tesoro di tutti quei valori che ne hanno determinato la forza e la bellezza nel corso della storia, ripiegando anche solo per un attimo sulla necessità di far prevalere la forza di un pensiero lasciato troppo spesso solo, in balia di malesseri e frustrazioni che ne hanno minato lo slancio e il carattere. E’ nella riappropriazione che la lingua torna a essere nobile strumento di conoscenza e di indagine introspettiva, capace di restituire nuova linfa all’immagine sbiadita di un mondo che non riesce ad armonizzare, lasciando sempre più spesso l’essere umano in uno stato di profonda frustrazione.
QUANTE IMMAGINI E QUANTI PENSIERI E QUANTE RAPPRESENTAZIONI E QUANTI SOGNI E QUANTA TENEREZZA NELLA ESPLOSIVA SOLARITA’ DI M’ILLUMINO D’IMMENSO, LA POESIA DI GIUSEPPE UNGARETTI CHE HA ATTRAVERSATO LA SENSIBILITA’ DEL MONDO, DEPOSITANDO OVUNQUE LA FRAGRANTE PUREZZA DEL SUO TEPORE
di felice magnani
Ci sono parole che hanno il dono divino della sapienza e che proprio per questo possono scardinare ogni sorta di durezza per far scorrere copiosamente tutta la sottile bellezza di quel benessere di cui ogni essere umano sente la necessità, soprattutto quanto il mondo tenta di coprire tutto con la sua iperattiva e un po’ aggressiva dose di materialismo. Quattro parole, quelle del poeta nato ad Alessandria d’Egitto, per cambiare lo stato di salute delle persone, per dimostrare che basta veramente poco per riappropriarsi di quella fiducia nelle cose che si ritrae fin quasi a scomparire, lasciando la natura umana, vocazionalmente attiva, in uno stato di compressione fisica e mentale, dove sempre più spesso i pensieri prendono il sopravvento, aprendo la via a varie forme di insano ed irrequieto immobilismo. E’ grazie alla potente forza evocativa di una parola semplice e aggraziata, raccolta con garbo e appoggiata con vivace intuito, che la poesia di Ungaretti concede al lettore di entrare con una forza naturalmente esplosiva nell’ assemblante energia positiva di quell’universo in cui l’ infinito non ha bisogno del troppo o del classicheggiante per essere capito, desiderato, amato, ricercato vissuto, sofferto. E’ così che la parola assume la sua divina dignità, si alloca pietosamente nella condizione umana aiutandola a scomporsi e a ritrovarsi, ridefinendo quella distanza che ha sempre creato non poche deflagrazioni nell’ inquieto pensiero di una umanità perennemente in cerca dei propri limiti e dei propri confini, della necessità di porre un rimedio al proprio naturale desiderio di verità. M’illumino d’immenso riapre il dialogo tra l’animo del poeta e quella adorabile verità che gli ruota attorno creando momenti di palpabile difficoltà esistenziale, è l’urlo empatico di un poeta che ha saputo ricomporre e riannodare, capitalizzare con la nuda e scarna bellezza della parola la forza illuminante di un suono che riapre a ogni passo il dialogo con quella immensità, di cui il poeta si sente familiarmente parte.
Da internet