Mattia è un osservatore, un ragionatore, uno che prima di fare il passo, soprattutto se decisivo, medita, vuole essere sicuro. La scelta di diventare perito agrario, contraddicendo il pensiero paterno, è straordinaria, come straordinaria è la fermezza con cui sottopone al padre architetto la decisione di studiare la terra, le coltivazioni, la vita degli animali e tutto ciò che fa parte di un mondo quasi del tutto estinto. Chissà cosa deve aver pensato papà, ma sicuramente, superato il momento, avrà incrociato con fierezza paterna lo sguardo del figlio. Mattia inizia a frequentare le fattorie da ragazzino. C’è chi va al parco giochi, chi pratica sport e chi trascorre il suo tempo in fattoria. Osserva e impara. S’informa, chiede della mungitura, della qualità del latte, delle uova, della carne e si propone per aiutare. L’Istituto agrario di Saronno, scelto in barba a istituti di città blasonate, gli trasmette le linee guida del sapere e gli fa toccare con mano quanto sia bella e importante l’attività pratica e quella cognitiva. Lo frequenta con passione, ma si rende conto che la cultura, quella teorica, ha bisogno della pratica, così decide di trascorrere le ferie estive nelle fattorie e negli allevamenti come lavoratore agricolo. E’ la via più faticosa, ma anche quella che gli consente di capire al volo come vanno le cose della vita, quelle che ami sul serio e di fronte alle quali ti senti ancora più responsabile. Inizia la sua attività al vallone di Cittiglio, dove la natura conserva un profilo rurale e paesaggistico di assoluta bellezza. Lì, dove l’erba diventa altissima e si piega alla carezza primaverile di brezze leggere, Mattia diventa allevatore e produttore. E’ un inizio pieno di entusiasmo, con una passione che lo induce a guardare avanti, immaginando che un giorno quello spazio si sarebbe potuto ampliare, diventando un’azienda. I tredici anni al vallone di Cittiglio sono ricchi di esperienze, di novità, ma l’azienda che sognava non decolla, così punta lo sguardo verso la Valcuvia, una valle che osserva con ammirazione quando va a Luino. E’ colpito da quel verde che sembra non finire mai, così pieno, intenso, sempre diverso, popolato di ombre, penombre, di boschi, di piane e alberi di pregio. E’ come se si trovasse di fronte una tela impressionista e poi c’è quella cornice intorno da cui spiccano il san Martino, il Campo dei Fiori e un susseguirsi di arrembanti avamposti boscosi. S’innamora a prima vista e decide che quello sarà il suo Vallone, la sua Azienda Agricola, quella che aveva nella testa quando contemplava estasiato l’agreste bellezza delle corti prealpine. In quella piana digradante, tra il Molino Galli e una torcitura ancora viva, c’è tutto quello che gli serve: una casa grande, la stalla, i locali per il caseificio, per il salumificio, i pascoli verdi per le caprette, per le vacche, per gli asinelli, c’è quel mondo di cui si sente figlio da sempre. A il Vallone di Cuveglio si allargano gli spazi e cresce la famiglia. La moglie Anna è una mamma molto attiva e col passare del tempo diventerà la regina del caseificio. I due figli, un maschietto e una femminuccia studiano e, nel tempo libero sono insieme ai genitori nella fattoria, sempre pronti a dare una mano, a imparare, convinti che il loro futuro sarà forse in quel mondo che un papà e una mamma straordinari hanno costruito con tanta cura. Il lavoro gira. Ce n’è tanto. Mattia, il fratello, la moglie e due dipendenti sono un’avanguardia lancia in resta, a cui non sfugge nulla. Ogni stagione ha i suoi richiami, le sue fatiche, le sue incombenze, ogni aspetto va seguito nei particolari, perché la produzione punta decisamente a livelli alti. La qualità dei formaggi dipende dai pascoli verdi, dalla fienagione, dalla cura e dall’attenzione con cui si porta avanti la stalla con i suoi animali. La forza produttiva dell’azienda è anche nella vendita, nei mercati, dipende da come si affrontano gl’imprevisti e i lati oscuri di un’attività che spesso risente di una legislazione e di una burocrazia che in qualche caso si mettono di traverso. La formaggella del luinese dop è la punta di diamante di una produzione di qualità. Mattia è un pragmatico. Quando parla di burocrazia scuote la testa, non sopporta la marea di carte e tutto ciò che rallenta il rilancio di un’economia agricola abbandonata per troppo tempo al proprio destino. C’è stato un momento in cui altri settori dell’economia hanno preso il sopravvento e le famiglie hanno preferito lasciare la montagna con le sue fatiche, per trovare spazi di confortevole benessere nelle città o in luoghi abitativi più grandi. Ma il tempo è giudice e spesso costringe a ripensare quella parte di storia che si pensava fosse finita per sempre. C’è un risveglio. Molti giovani hanno capito che la terra vale un tesoro, soprattutto se è quella dei padri e dei nonni, quella a cui si legano i ricordi dell’infanzia e della giovinezza, delle tradizioni di una volta. Così qualcuno ritorna, proprio come Mattia, perché al cuore non si comanda. Nella storia della sua terra c’è la sua vita, schietta, pulita, onesta, dove nulla è lasciato al caso e dove tutto risponde a risolute convinzioni. Il suo è un esercito che produce gioia, entusiasmo, amore, è un modo per dimostrare che l’identità passa attraverso una storia dimenticata. Mattia conosce i problemi delle sue valli, a volte li risolve strada facendo e non stanno scritti da nessuna parte, è bravo a evitarli e a risolverli di volta in volta. I rapporti interpersonali non sono sempre facili e scontati, il gregge è un’onda lunga che va governata. La gente non è più quella di una volta. In qualche caso si arrabbia, diventa insofferente. Un tempo, quando passava un gregge, era festa, soprattutto per i più piccoli, oggi non è più così. Mattia sa che nel suo mondo c’è un’ inquietudine profonda che non permette di stare tranquilli. E’ cosciente che i carteggi siano scritti benissimo, ma difficili da attuare, sa che c’è anche un lavoro che non si vede, ma fondamentale, fatto di volontariato, passione ed entusiasmo. Proprio per questo s’impegna al massimo, sperando che un giorno chi governa lo faccia pensando ai giovani, a quei giovani di cui si parla molto quando fanno del male, ma pochissimo di quelli che vorrebbero cambiare il mondo, renderlo più vero e più umano, dove la libertà non sia solo privilegio di chi vola alto, ma ricchezza per tutti, in particolare di chi lavora con serietà e determinazione per continuare una storia bellissima, nata tra i verdi di una valle che non ha mai perso la sua naturale e attrattiva bellezza.(Felice Magnani)
Dal sito
http://www.ilvallone.info/la-storia-menu.html
Tutto è iniziato nel 1999, quando il titolare aveva 19 anni, con una decina di animali di razza Saanen ed una stalla in affitto nel comune di Cittiglio.
Durante questi anni il gregge è aumentato sia di numero che di valore genetico, in quanto si è creduto molto nella fecondazione artificiale, utilizzandola dal 20% al 30% sui capi presenti. Nel corso degli anni si sono acquistati anche gruppi di animali di genetica estera (svizzera e tedesca); nell’allevamento si trova anche un piccolo gruppo di razza Camosciata delle Alpi, e Nera di Verzasca (razza tipica delle nostre valli).
Oggi l’azienda conta più di 240 capi adulti con circa 40 ettari di superficie (10 di prato stabile ed il resto di pascolo). Nella nuova struttura di proprietà, situata nel comune di Cuveglio, sono annessi i locali per la trasformazione del latte e delle carni.
Al “Vallone” si producono formaggi di capra, misti e vaccini l’azienda aderisce al consorzio per la tutela della formaggella del luinese DOP.
Domenica 16 febbraio 2020 alle 9.40 su Rai 1, “Paesi che vai…” insieme a Livio Leonardi tra le dolci valli di Cuveglio, in provincia di Varese
https://www.facebook.com/pippocassa/videos/vb.1618011500/10220466002472930/?type=2&theater¬if_t=video_processed¬if_id=1595518094517853