“Ho nel cuore la dolcezza di mio padre Giovanni quando da bambina mi accoglieva la mattina di Natale con il presepe, modesto, ma ricco di quella poesia dell’amore che non si scorda più. E questa dolcezza mi sarebbe piaciuta regalarla agli altri, tanto mi ha sempre riempito l’anima per tutta la vita”. Si incrina leggermente la voce di Piera Marchesotti, 83 anni, già insegnante di scuola primaria, di fronte a questo ricordo potente che l’ha accompagnata per ben cinquant’anni nella realizzazione di presepi nella chiesa di Voltorre e in questi ultimi vent’anni anche nel lavatoio di Fignano. In questi giorni fervono i lavori nelle due vasche con l’entusiasmo e la creatività di sempre, ma anche con una vena di malinconia: sarà l’ultimo presepe da parte sua che verrà allestito. Ragioni di salute, la presenza di volontari sempre più scarsa, la mancanza di sponsor rendono difficoltosa un’opera che, oltre la creatività, richiede studio. Normalmente, appena disfa questa sacra rappresentazione, Piera non è triste, perché comincia a pensare alla futura che, nel suo stile, deve essere contraddistinta da ricercatezza e nel contempo semplicità, fedele, in ogni dettaglio, al messaggio scelto dalla Bibbia o da una enciclica papale. Anche nei costumi dei personaggi: l’anno scorso, quando il tema “La capanna diffusa” stava a significare il bisogno di ridurre le differenze sociali ed economiche, tutte le statue indossavano abiti simili. A simboleggiare una natura sconsideratamente ferita dall’uomo, la capanna era un albero forte, accanto a un frammento di muro, segno di un rifugio essenziale che si accosta a quello scelto dai senzatetto per difendersi dalle notti gelide. Sulle pietre fioriva il nardo, fiore delicato, simbolo della speranza. Vanno studiati i presepi “della Piera” nel contempo che si ammira la loro bellezza e originalità, ascoltando la musica natalizia: il messaggio che portano sono sempre filtrati e attenti all’attualità. I visitatori arrivano anche da lontano e scrivono su un registro le loro considerazioni: è un documento prezioso di grande umanità. Un mare di grafie diverse e frasi non scontate. “Quell’anno in cui il tema era “Vogliamo bene” -ricorda Piera- c’è stato un marito che ha dedicato il presepe alla moglie. Vuol dire che il messaggio stava passando e io mi sentivo ulteriormente felice”. C’è un plauso che non può mancare: a tutti i volontari che al freddo e in uno spazio molto umido non lesinano le loro fatiche: quell’angolo di Fignano ricorda il paese delle api industriose, di collodiana memoria. C’è un humus fertile, di accoglienza. In questa edizione l’impegno dei volontari è scandito dalla consapevolezza di lasciare un messaggio ancora più forte: il presepe sarà dedicato ai bambini di ogni età. Attorno alla capanna ci sarà l’Adenium, la pianta che cresce nell’arcipelago di Socotra, nello Yemen, il Paese dove sono calpestati i diritti dei bambini. E c’è tutto il desiderio di fare ancora meglio per celebrare questa bella storia che va a concludersi e ha allietato migliaia di persone nel corso degli anni. “La gioia più grande per noi -conclude Piera- è di aver donato un sorriso”, accanto a quel registro che a leggerlo si riempie il cuore.
Federica Lucchini
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Federica Lucchini intervista Piera Marchesotti “anima” della associazione: “Amici di Fignano” a Gavirate, quartiere dove visse lo scrittore Gianni Rodari.