Il paese che cambia (parte Ia)
“Dimm un poo: chest’ann t’è mia sumenà ul giardin?”
“No! Meti giò pu not! Cunvegn propri mia!”
“Te ghee resun! Cunvegn pu. Mi tegni su pu nanca i galinn … ”
Il Mario e il Giancarlo discorrevano così, del più e del meno.
Convenivano sulla inopportunità di seminare l’orto o svolgere altre attività rurali in quanto al supermercato ormai i tumates, i cucumer e i peverun te i tiren adrè, e senza neppure fare la fatica di piegare ul firun du re schena!
Il Mario si capacita a fatica di questo stato di cose, ma lo accetta volentieri e, ogni due o tre giorni, è lui stesso ad accompagnare la moglie (re dòna) al supermercato per fare la spesa.
Tutto sommato neppure gli dispiace: nel negozio del paese non ci era mai entrato, era una cosa per donne, ma al supermercato è un’altra cosa. È informato perfino sui prodotti e le marche perché la televisione glieli ha fatti conoscere; è lui stesso a decidere che pasta o che tonno comperare, magari quel tonno speciale di cui ha visto la pubblicità. Stasera se lo mangerà con i pomodorini che provengono dalla Spagna; non sono tanto saporiti perché fuori stagione, ma a “videi m’è nii vöia”.
In questi ultimi anni le cose sono indubbiamente molto cambiate: non eravamo abituati a vedere certe figure maschili occuparsi della spesa alimentare (tanto meno a mangiare i pomodori in pieno inverno!).
La gente è cambiata, è cambiato il modo di pensare, soprattutto il modo di vivere.
Il Mario è sempre stato molto attivo, un uomo dalle mani che non sapevano stare ferme e dai pensieri che dovevano trovare sbocco nel fare; comportamenti che derivavano dall’esperienza contadina di famiglia. Ora quasi non lo si riconosce più.
Nemmeno esce più, come accadeva un tempo, a bere un bicchiere in compagnia o a fare la partita a carte , “se vo al Circul a faa? Gh’è su pu nissun!”. Dopo cena si gusterà invece una partita in televisione, su Sky, “stesira gh’è ul derbi, vöi propi videe me la và a finii!”.
Proprio non lo si vede in giro nemmeno nelle circostanze cosiddette “ufficiali”: la festa del paese, il pranzo sociale o l’assemblea della Società Operaia.
Al Circolo qualche volta però ci va ancora, ci sono le “macchinette”, e da un po’ di tempo gli sta venendo una strana passione per questo tipo di cose. Quasi tutte le sue abitudini si sono modificate; se un tempo era anche impegnato nel sociale – era consigliere del Circolo – e se nel tempo libero andava a caccia e a pesca, ora preferisce starsene sul divano davanti alla televisione.
“Sarann i ann” – dice quasi a giustificarsi. Si è stufato anche della politica, “chela troia d’une pulitiga!”; un tempo si scaldava con questi argomenti e ora, in televisione, al dibattito politico preferisce qualche film western o magari anche un bel documentario.
Queste osservazioni possono apparire un po’ tristi; si ha purtroppo l’impressione che nell’esistenza dei singoli e dell’intera collettività sia accaduto qualcosa di traumatico, qualcosa che ha svuotato l’individuo della sua carica vitale e l’abbia asservito a certi canoni mediatici.
Solo qualche episodico sussulto, generato magari dalla sollecitazione del figlio: “Papà, perché settimana prossima non prendi su la mamma e andate sette giorni a Sharm el Sheikh? Vedrai che paradiso! Altro che la “tua” Bognanco! Poi pensa: vai adesso e paghi a Natale!” .
“Gh’am de naa?”- afferma quasi convinto, indotto però più dal fatto che ci vanno in molti che da un effettivo desiderio.
“Che tipo di uomo vuole il nuovo Potere?” si chiedeva Pasolini a suo tempo.
“Non vuole più un buon cittadino, un buon soldato. Non vuole un uomo onesto, laborioso, non lo vuole previdente, e nemmeno religioso. Al posto del vecchio tipo d’uomo, il nuovo potere vuole semplicemente un consumatore”- risponde lo stesso Pasolini.
L’obiettivo del Potere, secondo la sua analisi, era quello di trasformare gli uomini con tutti i loro valori in uomini conformisti e consumatori. Temo ci sia riuscito.
P.S. Mario e Giancarlo sono nomi immaginari