C’era una volta l’educazione, uno strano mondo di principi, regole, norme, buoni pensieri, consigli e insegnamenti vari che rendevano la vita più appetibile, capace di giocarsi il proprio futuro sulla base di certezze condivise. Tutto cominciava in famiglia, dove un papà e una mamma insegnavano a rispettare e ad amare, a distillare la parte buona della vita, quella che regala gioie anche quando il vento spira con troppa violenza e impedisce di vedere chiaro davanti. Una famiglia fatta di semplicità e di fermezza, convinta della propria identità, fiera di essere educatrice di virtù, mai timorosa, sempre pronta a lottare per l’affermazione di un ruolo chiaro, capace essere collante di valori e meraviglie, mai prevaricatrice, sempre rispettosa della propria condizione, una famiglia con una chiara propensione sociale, capace di intervenire e di riprendere, di stimare e di fornire gli esempi necessari per non cadere nelle trappole distribuite con arguzia diabolica sul cammino esistenziale. Anche nelle famiglie povere e in quelle semplici covava il tesoro dell’allegria e quello della devozione, c’era quella profondità interpretativa del mondo che impediva di perseverare nell’errore, c’era insomma quel lievito che permetteva di uscire sempre dall’indifferenza, che forniva il coraggio e la forza necessarie per ritrovare il bandolo, per non cadere nel gioco delle perversioni e delle trasgressioni, per incontrare sempre un punto di riferimento dove capire e cogliere la bellezza di una passione, di un affetto vero e profondo, impregnato di autorevole fermezza. La famiglia conosceva i suoi limiti, le sue misure, sapeva come e quando arrivare al cuore, come istillare regole e sentimenti, come riavviare crisi e speranze, come riunire antagonismi e sentimenti. Famiglia dunque, come luogo sicuro, mai centro di omertà. Famiglia rispettosa dei ruoli, capace di rimettere in ordine, di ricreare principi e valori, capace sempre di anteporre la conoscenza e la profondità dei valori a forme smisurate di consumismo. In questo spirito l’educazione aveva i suoi fermagli, le sue osservanze, le sue misure, le sue espressioni, la sua vitalità umana. In questo spirito la sua forza permeava la società, la sosteneva, la faceva sentire più stabile e coesa, capace di rispondere a ogni tipo di provocazione. Il comparto educativo si consolidava in una popolare osservanza del diritto e del dovere e soprattutto in un rispetto vero e profondo dei genitori. Nessuno si sarebbe mai permesso di metterli in cattiva luce, di condannarli con il proprio cattivo esempio. Nell’autorevolezza e nella coscienza educativa si giocava il grosso della relazione umana, trasferendo nel comportamento soggettivo e in quello oggettivo il senso di un insegnamento davvero unico nella sua popolare e solare unicità.
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