Bellezza, civiltà, responsabilità da un lato; barbarie, ingordigia, impotenza dall’altro. Le regole che difendono i valori e il loro mancato rispetto che mette in evidenza il lato oscuro dell’umanità e ci priva della gioia di gustare un’opera d’arte. Il diritto dell’arte e, al rovescio, il diritto penale chiamato ad intervenire in caso di furto, contraffazione, esportazione illecita. “Il Diritto e il Rovescio dell’arte – Come una premessa” è, infatti, intitolato il libro di Tiziana Zanetti, studiosa del diritto dell’arte e dei beni culturali con collaborazioni editoriali prestigiose alle spalle. Un volume, edito dalla Trarari Tipi Edizioni (collana Lucernaria), che nasce da una lontana esperienza dell’autrice, erede di una famiglia di pescatori del lago di Varese, quando scoprì in un angolo della casa avita una scatola di legno contenente oggetti della pesca conservati come una reliquia. Dalla voce del padre scoprì un mondo che ancora oggi è il suo e scoprì sulla sua pelle il valore della parola “patrimonio” che richiede eredi degni di tale significato. Quando visse la distruzione di un edificio, che era stato fondamentale per la gente di lago, al fine di far posto ad una costruzione, le sembrò “un’ingiustizia e una violenza all’umiltà, alla pazienza, alla fatica di tante persone che negli anni avevano difeso il lago”. Da questa premessa, ha acquisito senso la scoperta, attorno agli anni Novanta del diritto dell’arte, intesa come bellezza e patrimonio, che lei conosce a fondo. “Da quel momento -scrive- questa materia è diventata parte della mia vita e posso dire che abbia influenzato, e influenzi, il mio modo di osservare le persone e le cose”. Per citare il rovescio dell’arte (particolare la copertina che riproduce il retro di un quadro) è interessante il capitolo scritto dalla critica d’arte Debora Ferrari, intitolato “Specialmente: Ridare un nome a presenze consuete, le collezioni familiari”: vi si parla di un quadro amato dalla scrittrice Fausta Cialente, vincitrice del premio Strega nel 1976 con “Le quattro ragazze Wieselberger” e custodito nella sua casa “Il grillo” sulle colline della Valcuvia: la ritrae ad Alessandria d’Egitto con un braccialetto a lei caro. Il furto, insieme con altre suppellettili, ha costituito una ferita per la famiglia: non per il valore economico (è fuori mercato ufficiale), ma per il valore affettivo. Certe opere sono radicate nei luoghi e, come scrive Herman Hesse, “necessitano dell’aria e dell’ambiente locale per poter essere gustate in tutto il loro valore”.
Federica Lucchini