Un giro panoramico nella psiche umana con quella capacità di osservazione che si interroga di fronte ad ogni evento e che continua a ricercare: Ernesto Giorgetti, pescatore professionista del lago di Varese, già autore del libro “Confesso che ho pescato”, ci sorprende con una nuova sorprendente pubblicazione di natura fantascientifica, intitolata “Due storie di alieni”, che verrà presentata venerdì 1° dicembre alle ore 18 nella bottega ristoro “Bon” da Angela Borghi, assessore alla cultura di Buguggiate. Che fosse una persona dagli interessi molto vasti, partendo da una base antropologica, lo si sapeva: seguirlo in questa sua narrazione chiara, lineare e nel contempo avvincente, si scopre ancora di più come il suo interesse sia rivolto all’indagine dell’animo umano. Nel primo racconto “Mara & Charlie” la vicenda inizia negli anfratti del Campo dei Fiori, dove le grotte sono luoghi ideali per i ritrovi, gli interrogativi di due donne, all’apparenza semplici, portate ad arricchire la realtà nella dimensione della fantasticheria, ma pronte ad interrogarsi. E Giorgetti, attraverso le loro osservazioni e i dialoghi, che si rivelano giochi dello spirito, con l’alieno Charlie, svela il suo pensiero, la sua natura in contrasto con la cupidigia, l’ipocrisia e attenta al femminile; “Sappi per intanto che il pianeta Terra, giustamente chiamato al femminile, è la nostra madre comune -dice Charlie alla ragazza- quella che ha generato tutti gli esseri esistenti. E’ un animale, come te e me. Pensa, riflette, ha i suoi progetti, soffre talvolta le doglie se deve generare qualcosa di insolito. Se non avesse un’anima, come potrebbero averla i suoi figli?”. Si vede il pescatore da una vita che -e qui racconta verbalmente- sottolinea l’esistenza di pesci solo femmine, come i carassi che immessi nel lago di Varese, si sono autofecondati con il processo della partenogenesi. Il finale del racconto, mai immaginato dalla letteratura fantascientifica, è di una poeticità commovente che solo un’anima, con la scorza da duro come l’Ernesto, sa celare. Il libro, scritto quattro anni fa in tre mesi, lasciato quindi sedimentare, dopo aver tenuto come modelli stilistici Piero Chiara e Luigi Stadera, comprende anche un altro racconto, racchiuso in una copertina (“Scelta dai figli”, specifica) che evoca l’idea dello spazio dove potrebbero vivere altre popolazioni. Pur rappresentando solo uno scorcio, dà il senso nell’immensità della volta celeste con quella polvere di luce che la unisce ad un albero. Sullo sfondo in lontananza pare di intravedere la piana illuminata del lago di Varese con la collina di Castelvetro a Biandronno. E’ curioso immaginare lo scrittore sul suo barchetto, che ripete gesti atavici, e davanti al computer: è la stessa persona che sullo schermo trasmette le emozioni che gli procura quel suo parlare poco lasciando spazio alla meditazione. Non una parola in più. Centellinata. E lo si scopre nel secondo racconto “Il popolo degli Uninil”, abitanti di Giove, che ambiscono a trasferirsi sul pianeta Terra e ci riusciranno perché – e qui il cerchio si chiude tra lo scrittore e il pescatore- sarà quell’eutrofizzazione causata dagli inquinamenti organici di fogne, insomma dalla linfa corrotta che avvolge e dà vita alla Terra a causarne il disastro. E non dalla falsa teoria della prevalenza della CO2 nell’atmosfera sul clima terrestre.
Federica Lucchini