IL GIRO D’ITALIA
di felice magnani
Come ogni anno nel mese di maggio, la speranza si tinge di rosa. Chi ama il ciclismo ne sente il richiamo, sa che la storia ha bisogno di scuotersi dai torpori invernali, per tuffarsi in quelle bellissime emozioni che il ciclismo sa regalare. Maggio è il mese mariano, quello dei rosari, dei ricordi della giovinezza, è il mese dei primi amori, dei primi tepori, del canto di un cuculo parafrasato nella liturgia inventiva di una filastrocca diventata famosa. “Cu – cù, cu – cù, l’Aprile non c’è più, è ritornato maggio, al canto del cu – cù…”. E’ anche il mese della dolce e malinconica tenerezza leopardiana, “…era il maggio odoroso e tu solevi così menare il giorno…”. E’ in questa splendida evocazione di raffinatezza umana e musicale che emerge la grazia femminile di Silvia, figlia del cocchiere di Recanati, a riscaldare il cuore del poeta sofferente. Nel mese delle brezze primaverili, dei nidi sparsi un po’ ovunque, l’amore per la bici diventa bisogno di leggerezza e di rispetto ambientale. E’ nella sinfonia musicale dei profumi e dei colori che il Giro d’Italia lancia la sua sfida al dramma quotidiano della pandemia. E’ un Giro che nuota ancora sospeso nella bolla dei tamponi e in quella dei vaccini, che confida nei miracoli della scienza e della logistica e che non demorde, perché è consapevole che anche lo sport del ciclismo può essere una cura, là dove il cuore ha ancora bisogno di stupirsi e di meravigliarsi, allineando il battito a un nuovo risveglio di riconquista. Il Giro è sempre qualcosa di più, invenzione che parte dal basso e che raggiunge i piani alti dell’emotività umana, legandosi a una irrefrenabile passione, all’immedesimazione di chi lo vive cercando di andare sempre un pochino più avanti. E’ davvero stupendo, nel mese delle rose, ritrovare veri o presunti campioni che credono ancora nella missione salvifica della bici, in quella naturalissima forma di agonismo che regala attimi di ardito stupore, di voglia di dimenticare e di lasciarsi trasportare dai sogni vellutati di una giovinezza che bussa sempre alla porta risvegliando, anche quando la stanchezza si fa sentire. E’ davvero stupendo lasciarsi rianimare da chi della bici diventa interprete stagionale, lasciando alla gente il diritto di scegliersi una salita o una discesa o un tratto di pianura o una valle da cui partire per un pensiero finale. Il ciclismo ha qualcosa di speciale che lo protegge dall’irriverenza del tempo, qualcosa che prende forma ogni anno e che trasforma lo sport in curiosità, cultura, educazione, esercizio, regalando a ciascuno la possibilità di sognare, di essere quello che si vorrebbe fuori dal ritmo frenetico delle consuetudini e delle convenzioni. E’ in questa esplosiva ridda di umane sensazioni che spuntano personaggi unici, veri, solari, semplici, umili, che scrivono ogni giorno una poesia senza neppure conoscere l’origine greca della semantica e le sue consuetudini grammaticali. E così ogni giorno ci lasciamo invadere dall’umanità di chi emerge, di chi allerta un sigillo, un’emozione, di chi racconta la sua storia dal sellino di una bici tecnologicamente perfetta. Forse non è necessario vincere la Milano – Sanremo o il Giro di Lombardia o la tappa di Cortina al Giro d’Italia o il Giro stesso, per affermare l’identità di uno sport come il ciclismo, a volte bastano poche parole ermetiche ma profonde, mai pronunciate prima, oppure la forza morale di un pensiero o di un sentimento scanditi con la fronte sul manubrio della bici, subito dopo la fine di una gara. E’ anche così che il Giro regala sensazioni, aiuta le persone a dimenticare il brutto e a vivere il bello, offrendo ogni giorno la possibilità di sognare, misurarsi, interpretare. E’ anche in questo modo che s’impara ad amare il Giro d’Italia, ascoltando e osservando ragazzi protesi alla conquista di un infinito che gioca tra cime innevate, antichi borghi e valli, tra mani protese in segno di giubilo e sorrisi stampati su uomini e donne che fanno ala al bene comune. E’ anche così che s’impara ad amare chi non vince o chi vince solo una volta nella vita. E’ nel mese di maggio che la vita si apre, lasciando entrare la brezza leggera di un sogno che non finisce mai d’incantare.