Il dottor Mario Ballarin, medico di base, per quattro mandati sindaco di Cocquio Trevisago, lascia la sua professione per raggiunti limiti di età. Questa è la fredda notizia. Dietro c’è un mondo che permette di aprire un libro di emozioni: il suo è stato un contatto umano lungo più di 40 anni, fatto di quei rapporti così profondi che è doloroso recidere. E’ un momento particolare per lui: i ricordi galoppano e vengono avanti. Nitide, ad affollarsi nella mente, ci sono le generazioni di pazienti che si sono succedute. “Non sono pazienti, sono amici”, sottolinea. Ci sono momenti in cui la gratitudine viene avanti a piene mani e questo, per lui, è uno di quelli. La gratitudine quella vera, non di facciata, che dà vita a quello che di meglio c’è in noi. Le parole di tutti i consiglieri dei gruppi di minoranza dopo le sue dimissioni dal consiglio comunale scaldano il cuore. Eppure per vederlo sorridere, bisogna spostare l’attenzione sulla caccia, quella passione che coltiva da ragazzino. Ha il capanno a 200 metri da casa sua a Caldana e si comprende, dalla luce degli occhi, che è il luogo del cuore. Quando parla del rapporto con la natura, sembra di udire un racconto dello scrittore Mario Rigoni Stern. “Quando comincia piano piano a vedersi il chiarore del mattino nel bosco è un momento intenso”, spiega e sembra che lo veda davanti agli occhi mentre lo rivive. Infatti, parla con gli occhi: tristi quando afferma che avrebbe desiderato proseguire la sua attività di medico, ancora di qualche mese (“Mi sembra di aver tradito i miei pazienti!”) saggi, da persona che ha raggiunto la consapevolezza delle sue opinioni, quando sostiene che “non esistono cose assolute”. E lo afferma nel contesto politico da persona che ha fatto prima otto anni come consigliere di minoranza, poi quattro mandati di sindaco, interrotti dopo il secondo perché non gli era stato possibile per legge ricandidarsi, ma subito ripresi, passato il periodo “sabbatico”: dal 1993 al 2001 e dal 2006 fino al 2016. C’è una descrizione della sua persona, scritta da un suo amico, Alberto Palazzi, nel luglio del 1994, che a distanza di anni gli calza a pennello: “Ma chi è il sindaco Ballarin? Non è un politico e credo proprio non lo diventerà mai. Ma è un galantuomo e credo proprio che lo resterà. Del politico non ha proprio nulla: gli mancano vizi e virtù. Non ha l’arte sottile di insinuare e di imporsi, non ha la dialettica, non ha la sfacciataggine e l’opportunismo, non ha ingratitudine, il cinismo, non pratica il culto della popolarità. Del galantuomo ha tutto: l’onestà, il senso del dovere e la coscienza professionale”. Questa descrizione non è cambiata di una virgola, dopo 26 anni. Si è sviluppata sempre più quella sua capacità di mediare in quei contesti “politicamente animati”, come li definiscono i consiglieri di minoranza, dove è sempre emersa la sua attenzione al bene comune. Oh, certo! Gli occhi gli si illuminano nello scorrere la sua carriera politica: la telefonata di Roberto Maroni, allora Ministro dell’Interno, nel 1993 per congratularsi con lui per la sua elezione a sindaco è un ricordo indelebile. Non ha mai avuto tessere di partito. “Non mi piace essere un numero e subire disposizioni dall’alto”, aveva detto. Nel libro della sua vita ci sono pagine dedicate agli affetti, allo sport, all’amicizia con la maiuscola. E’ un momento sacro per lui questo, di consapevolezza di quanto ha seminato e della vicinanza di tante persone che gli sono grate.
Federica Lucchini
Mario Ballarin, per raggiunti limiti di età, lascerà prossimamente l’incarico di medico di base