Sono un tema attuale le mire del nuovo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulla Groenlandia, terra ricca di materie prime. Proprio in questo contesto, si vuole riportare alla luce un’esperienza, vissuta da alcuni iscritti del Cai di Gavirate nel 1967 quando decisero di esplorare questa grande isola e precisamente la penisola occidentale denominata Qioqè, dove era possibile salire su alcune cime vergini, individuate da una mappa inviata dal Governo danese. La loro avventura ci riserva una sorpresa inimmaginabile, che ebbe l’autorizzazione della stessa Danimarca. Seguiamoli nel loro viaggio. “Un certo giorno -scrisse Antonio Giovenzana nel suo diario- l’idea della “spedizione” bussò dentro di noi sempre più insistente. Perché no? Per noi gaviratesi la “Terra Verde”, come era chiamata, era ancora un mito da scoprire”. Così capitanati dall’allora presidente della sezione Dante Caraffini e insieme con un manipolo internazionale di scalatori, diedero vita a una complessa organizzazione in funzione delle tre settimane di campo in completo isolamento. La spedizione ebbe inizio il 22 giugno del 1967, raggiungendo il 71° parallelo, e terminò il 19 luglio successivo. Tutti questi dati, estrapolati da “Un diario lungo cinquant’anni” realizzato dal CAI di Gavirate per celebrare l’anniversario, pongono l’accento sul clima di entusiasmo, di Amicizia con la maiuscola, di grande umanità che permeava tutte le loro esperienze. Non mancano le gioie incontenibili, come quando il 5 luglio raggiunsero la cima di 1920 metri che denominarono nientepopodimeno che “cima Gavirate” e successivamente la cima chiamata “Gemonio” (1925 m.). E le gioie erano talmente gioie che diventavano inesprimibili. Con loro c’era un gruppo internazionali di scalatori, Michel Darbellay, Ami Giroud, André Michaud, sir Anthony Shaftesbury. Assieme a Giulio Amos, Aurelio Folletti, Tullio Ferrario con Caraffini e Giovenzana denominarono ben sei nuove cime raggiunte (le altre furono “la Grande Ruine”, “la Cittadelle”, “l’Aiguile verte” e Cima Qioqé) in seguito riconosciute dalla Danimarca. Un risultato alpinistico notevole. Il loro campo base era vicino ad Umanak, un centro di circa 1500 abitanti. In quest’isola immensa, ricoperta solo da ghiaccio, sulla cima Gemonio, “in un paesaggio da favola, con il cuore intriso di commozione e di gioia, nessuna penna potrà descrivere questi attimi divini”, annota Giovenzana. Il 5 luglio Caraffini compiva 45 anni. Bisognava festeggiare? Come? Tentando una nuova vetta. “Approdiamo su sfasciumi di ghiaccio ed iniziamo la salita -riprende- Dopo alcuni salti di roccia, un lungo nevaio e una morena. Finalmente giungiamo sulla cresta della cima prescelta. Piccoli e grandi pinnacoli di roccia frammista a neve ci guidano alla vetta. Alle 21.15 la cima “Gavirate” è raggiunta per primo da Caraffini. Su questa cima non trovano posto più di tre persone. Da uno zaino compare trionfalmente una bottiglia di champagne: il compleanno di Dante non può essere festeggiato in modo migliore”. Giovenzana viene ripreso con le tre bandierine -svizzera, italiana-inglese- che rappresenta le tre nazionalità degli alpinisti, indice del risultato raggiunto. La discesa dal versante opposto è molto veloce grazie ad un inclinatissimo canalone innevato che permette loro di guadagnare molto presto la riva del mare. Il ritorno fu “mitico”: una tempesta assale il loro peschereccio. Sballottati per sei ore a destra e a manca raggiungono Umanak, deserta. L’unica soluzione per dormire è una camera d’ospedale. “Consummatum est -termina Giovenzana- Chissà se un giorno potrò riascoltare i tuoi silenzi di ghiaccio, candida “Terra Verde”. Sta di fatto che in mezzo ad una distesa così ambita c’è qualcosa che ricorda la nostra terra.
Federica Lucchini