Il bullismo non nasce per caso, ha origini lontane e si fonda su una presunta supremazia, dove la forza e la prepotenza la fanno da padroni. Si tratta di un’antica cultura della dominanza e della schiavitù, qualcosa che cova latente in una natura umana spesso difficile da cogliere e da capire, complessa e articolata, fatta di umanità e di bestialità, di cultura e di ignoranza. Navigare alla ricerca delle fonti del bullismo significa calarsi in chi siamo, cosa facciamo, perché lo facciamo e su alcuni aspetti controversi di un’ identità che sorprende e lascia perplessi. Il bullo, nella cultura tradizionale, era il tipo che se la tirava, il tipo er più, quello che poteva permettersi la ragazza più audace, temuto e riverito per la sua forza fisica, la sua capacità di mettere sotto chiunque avesse avuto l’ardire di confrontarsi. Era il tipo che si gongolava, che dominava la scena, pronto a menare le mani, ma aveva un suo codice d’onore. Di solito alzava le mani per difendere una ragazza o per una questione d’onore o per prendere le difese di chi veniva sottomesso, plagiato, assalito, sfruttato. Il bullo delle origini lo era in una misura adeguata alla sua forza fisica, alla sua capacità di attrarre, di proporsi per la sua avvenenza, la sua bellezza, la sua sfrontatezza, la sua sicurezza. Piaceva alle ragazze. Piaceva perché dimostrava di essere sicuro di sé, coraggioso, pronto sempre a difendere il più debole. Dunque un bullo dal volto umano, pur essendo animato anch’esso da istinti primordiali. Il fenomeno è sempre esistito, è esistito in tutti i campi della vita umana, anche in quelli meno in vista, quelli che potevano sembrare distanti da ogni forma di devianza o di disagio. Lo trovavi un po’ ovunque e dovevi stare attento, per evitare la sua proverbiale diffidenza, la sua innata capacità di colpire.
Se ti era amico potevi stare tranquillo, non saresti mai stato oggetto della sua intransigenza. Il bullismo veniva perpetrato dai più grandi, quelli che per un non ben elaborato istinto primordiale scaricavano le loro frustrazioni sul malcapitato di turno e lì, in quel caso, dovevi stare molto attento, perché non c’era il senso della misura e la protervia persecutoria poteva protrarsi per ore, giorni, mesi. La cultura? Non sempre è stata il differenziale perfetto. Ho conosciuto bulli che provenivano da famiglie molto perbene, avvocati, imprenditori, liberi professionisti, gente che avrebbe dovuto avere un pitigrì alto, inattaccabile, intonso ma che, in realtà, manifestavano una notevolissima carica di negatività e di frustrazioni. Non sempre appartenere a una famiglia ricca e acculturata è garanzia di nobiltà educativa, in molti casi l’educazione la incontriamo là dove le potenzialità economiche sono minime, ma la forza e il coraggio educativo sono massimi. Chi ha avuto amici da una parte e dall’altra conosce bene il volto sociale dell’educazione, sa che non fa distinzioni e differenze, non è razzista, vive di buon senso comune, di saggezza contadina, di regole sociali uguali per tutti, di amore per le cose che contano. Oggi il mondo è molto cambiato, ma non all’improvviso. I cambiamenti hanno quasi sempre una decantazione lunga e controversa, si fanno strada tra crisi identitarie, superficialità diffuse, presunzioni e ignoranza, tra frustrazioni varie e cadute di valori. Più la famiglia e la società civile tradiscono i loro ruoli e rinunciano a esercitare con fermezza le loro competenze, più aprono spazi d’intolleranza a fenomeni trasgressivi in cui il bullismo cova la sua assurda identità. Oggi il fenomeno è molto diffuso e assume spesso un volto delinquenziale aggressivo, è lo specchio di una società che perde sistematicamente per strada quei valori che l’anno sorretta dopo i disastri dell’ultima guerra. Il rimedio? Tornare a educare con forza e coraggio, stimolando tutte le agenzie educative ad assumersi fino in fondo le loro responsabilità, senza paura e senza timori, ma con la convinzione che ogni conquista richiede determinazione, impegno, sacrificio, entusiasmo. I giovani hanno bisogno di sentirsi al centro, perché sono il nostro futuro, su di loro dobbiamo contare, dobbiamo valorizzarli, fornire loro il senso di una comunità che vuole vivere, amare e sentirsi amata. La vita è una straordinaria opportunità, per questo va fatta conoscere e le iniziative per farlo sono moltissime, ma hanno bisogno del supporto di una società adulta seria, onesta, attenta, sincera, capace di dare sempre con il sorriso e con l’entusiasmo tipico dei giovani. Da loro possiamo apprendere moltissimo, ma dobbiamo modificare il nostro modo di essere, calarci nei loro bisogni e nelle loro necessità, spogliandoci di quella boria che ci impedisce di vedere lontano, oltre i muri e gli steccati della stupidità umana.
Per un approfondimento una iniziativa importante a Varese
Video dal Web
Cos’è il bullismo