“Ignis press: il titolo, pardon, la testata vi piace? Tra i sospiri e gli affanni degli ideatori (insoliti puerperi) e i vagiti delle rotative, ha visto la luce, finalmente, il nostro foglio”. L’editoriale del primo numero del mensile aziendale della Ignis, diretto da Adalberto Tedeschi, Antonio Cosma redattore capo, pubblicato nel marzo 1960, già introduce allo spirito che ha caratterizzato per un decennio queste pagine. Per anni la rivista costituì un appuntamento atteso dai dirigenti, dalle maestranze e dalle famiglie che ruotavano attorno a questo grande mondo aziendale vivace e in continua crescita, in un’epoca distante anni luce dalla nostra, con un futuro che ogni giorno dischiudeva porte sempre più ampie. Documento del boom economico degli anni Sessanta, è pervaso da quell’ottimismo che si concretizzava nella sicurezza quotidiana di uno stipendio con la possibilità di aumenti, considerato il mercato sempre più vasto. Una realtà insperata venti anni prima durante la guerra, calata in un ambiente che offriva assieme al lavoro, divertimento, sport, cultura. Sfogliando queste pagine ci si rende conto che la ditta era l’equivalente di una famiglia, di cui ognuno era orgoglioso di farne parte. E il “pater familias”, Giovanni Borghi, ne era al vertice con occhi attenti ad ogni sfumatura di quella tavolozza di colori. E ci stava bene, consapevole di vivere quella generosità connaturata al suo animo e quella lungimiranza che avrebbe fatto felice il mondo attorno a lui. Il titolo della rivista, “un po’ presuntuoso e altisonante da grande giornale americano” rispecchia “un foglio vivace, ameno e piccante, un po’ faceto e leggermente burlone – scrivono i redattori – con l’aria scanzonata dei giorni migliori del nostro spirito, quei giorni in cui l’animo è sereno e sente di voler bene (magari sfottendola) a tutta l’umanità. Soprattutto allegro, quindi, ma non soltanto tale, perché avrà anche il tono serio con l’articolo tecnico, scientifico e, perché no, letterario”. E anche filosofico: quando nel 1970 morì Bertrand Russel gli venne dedicato ampio spazio. Ci si poteva dilettare con i racconti di Ginetto Piatti, conoscere la Biennale d’arte sacra contemporanea, premio Ignis, tenuta all’Antoniano di Bologna nell’ottobre 1960, fare il “giro giro tondo con la Ignis che va pel mondo; nell’Africa, in Australia, perfino sull’Himalaya conservan carni e polli nei frigoriferi Jolly e cuociono il purè sulla KN3”. Teatro e sport, vita vissuta e anche il “De bello gallico … frigoriferorum”, articolo scritto in occasione della guerra doganale dichiarata dalla Francia contro l’importazione dei frigoriferi italiani. Poi le pagine famigliari, le nascite, i matrimoni, gesti eroici come quello del giovane operaio Alfredo Marzano che nel luglio 1961 salvò un ventunenne che stava annegando nel lago. C’è da dilettarsi tutti attorno all’epicentro rappresentato da quel lavoratore duro, come si definiva Borghi, “che ha sempre conquistato delle tappe, guadagnandomi quello che era necessario”.
Federica Lucchini
Video Istituto luce