Se la politica volesse creare la svolta, dovrebbe partire dalla scuola e dai suoi problemi, guardando direttamente negli occhi i genitori, gli insegnanti, gli alunni, il mondo delle lavoro con le sue richieste. Chi fa politica oggi deve avere una visione ampia, deve essere in grado di restituire dignità partendo da lontano, deve avere il coraggio di dare la giusta importanza a tutti coloro che hanno il delicatissimo compito di formare l’Italia del futuro. Le riforme del passato sono state circoscritte, si sono limitate a ristrutturazioni di contorno, hanno cercato soprattutto di mettere delle pezze, aspettando tempi migliori. Si è spesso pensato a problemi strettamente legati alle discipline, alle modalità, ai voti, ma ci si è dimenticati che la scuola è prima di tutto una grande palestra di vita, dove i ragazzi vivono gran parte della loro giornata lavorativa. Come ogni ambiente che si rispetti deve essere sicuro, bello, attrezzato, ubicato in luoghi adatti, capaci di attrarre la psicologia di persone che si guardano attorno per imparare come il mondo esterno interpreti le loro attese e le loro aspirazioni. Chi ha frequentato la scuola italiana si è trovato spesso in cameroni di ex college, di ex ospedali, di ex luoghi religiosi, in luoghi destinati originariamente a ben altro e soprattutto privi di quei margini di sicurezza che un luogo pubblico dovrebbe avere. Chi ha insegnato sa con quali profonde frustrazioni abbia dovuto convivere insieme ai ragazzi: spazi angusti e obsoleti, privi di aria, muri consunti da crepe e inadempienze varie, gabinetti inferiori di numero rispetto alla popolazione scolastica, mancanza di spazi adibiti alla ricreazione, palestre inadeguate, spazi inadeguati per i ragazzi disabili, ricordo che una giovane veniva portata a spalla da un bidello ai piani superiori. Docenti hanno insegnato in scuole dove c’erano due servizi per cinquantadue maschi e due per trentasette femmine. Scuole con aule mensa occasionali, non assolutamente a norma, con aule laboratorio che erano le stesse del mattino, prive dell’attrezzatura necessaria, con inadeguati servizi di aerazione, con cancelli sempre aperti, con scale ripidissime, strette e molto poco illuminate. Scuole affacciate su strade provinciali e statali, sottoposte al bombardamento di rumori proveniente dalla strada. Per molti anni si è andati avanti nella più assoluta inadeguatezza e in molti casi ci si domandava se anche quelle cose negative che cadevano sotto il nostro sguardo giornaliero non appartenessero anch’esse al mondo della scuola. Ci sono state scuole che sono crollate a pezzi sui corpi di bambini e ragazzi inermi, scuole che hanno fatto numerose vittime, lasciando tracce di disperazioni profonde in mamme e papà, scuole che ancora oggi vivono pessime condizioni manutentive, eppure ci se ne accorge solo quando i ragazzi tornano a scuola dopo le vacanze estive, quando si arriva al dramma, all’eccesso, all’assoluta mancanza di attenzione. Il mondo corre incontro ai drammi e diventa buonista all’occorrenza per dimostrare la sua volontà, ma si dimentica sempre più spesso dell’educazione, della scuola, dei docenti, degli alunni, del personale della scuola, si dimentica che il mondo va avanti e che chiede di essere monitorato continuamente, di essere modificato, ristrutturato e in molti casi costruito di nuovo. Si dimentica che vivere a scuola è vivere nella città dell’educazione, dove i ragazzi devono sentirsi a casa, vivendo i loro interessi e le loro attitudini in modo ampio e disteso. Quando si vedono ragazzini che fuggono dalla scuola dopo il suono dell’ultima campanella è un brutto segno, vuol dire che quella scuola non trattiene, respinge, vuol dire che non ha la capacità di soddisfare la volontà creativa dei giovani, la loro ricerca di libertà e allora vale la pena fare un esame di coscienza per cercare di capire se lo spirito è quello di cui la scuola ha realmente bisogno. Sale di lettura, sale d’ascolto, sale per il lavoro pratico, sale per le audizioni, per lo studio delle lingue, sale per le relazioni interpersonali, una scuola che parli con il mondo perché vuole conoscerlo, condividerlo e amarlo, una scuola che esce allo scoperto sul piano della ricerca individuale e di gruppo, una scuola capace di interagire con il mondo del lavoro, capace di non dimenticare il passato, ma di sentirsi saldamente ancorata al presente e proiettata verso il futuro. Una scuola che insegni il confronto delle culture, che non abbia paura di confrontarsi, di confermare il suo spirito critico, il suo dinamismo, la sua eterogeneità, la sua voglia di entrare a pieno titolo nella vita attiva, quella che forma il cittadino, che lo istruisce e lo educa a trovare se stesso e il suo rapporto con gli altri. Interagire, relazionarsi, stabilire rapporti interpersonali, inventare, creare, studiare le lingue in un rapporto diretto con giovani di altre nazioni, di altri continenti, una scuola che si sappia guardare dentro, che sappia prendere coscienza della realtà con il desiderio di cambiarla, di farla diventare più umana, senza sentirsi condizionata dal suono di una campanella o da spazi che riducono al minimo le aspirazioni, la voglia di fare, di leggere, di ascoltare, di comporre, di dare libero sfogo alla forza investigativa dell’essere umano. In questi anni ci siamo lasciati distrarre dai grandi tormenti epocali, siamo stati risucchiati da temi e problemi più grandi di noi, ci siamo lasciati coinvolgere e abbiamo scoperto quanto fossimo inadatti e incapaci di rispondere alle improvvise richieste di un genere umano alle prese con i mille drammi della vita, abbiamo dovuto prendere atto di quanto non fossimo pronti a rispondere alle chiamate di un mondo improvvisamente “impazzito”, alla ricerca di una nuova collocazione, di una civiltà che avesse il dono della disponibilità sociale, salvo prendere atto di quanto marciume avessimo accumulato quasi senza accorgercene nelle pieghe di un tessuto sociale virtualmente solido, ma sostanzialmente privo di solide fondamenta. Ci siamo resi conto troppo tardi che non era solo un problema di ritocchi o di interventi procrastinati nel tempo perché ritenuti non immediati, ma di autorità e di autorevolezza che erano venute a mancare, di ruoli e figure che avevano perso di prestigio, che erano andati deteriorandosi giorno dopo giorno. La scuola ha dovuto confrontarsi con mondi che non le riconoscevano più il suo primato, è stata messa in crisi da tutta una serie di poteri che l’hanno privata della sua consistenza etica ed educativa. La parola di un docente non era più determinante, in molti casi veniva sovrastata da quella dei genitori, che spesso si schieravano con i propri figli, contro gl’insegnanti. In alcuni casi è diventata la piazza di scontro di una politica che portava le sue esasperazioni e la sua ideologia laddove sarebbe stato necessario un contributo di ampia solidarietà etica e sociale. La scuola in molti casi è stata in retroguardia, ha dovuto difendersi, ha subito attacchi su diversi fronti, non è stata capace di controbattere adeguatamente e così gli esterni hanno preso piede e tutto il sistema educativo è retrocesso, il professore è stato molto spesso alla mercé di alunni, genitori, alunni, è stato il più bullizzato. Quando il sistema educativo traballa, tutto il resto fatica moltissimo a trovare una propria identità e il rischio è che l’autorità e l’autorevolezza vadano a farsi benedire, lasciando il campo nelle mani di chi s’impone con la forza fisica. La storia di questi anni pullula di prevaricazioni e di sovrapposizioni, di gravissimi atti di maleducazione, di un sistema dominato dalla paura, dalla non possibilità di poter esercitare in modo fermo e corretto un fondamentale compito democratico. Dunque c’è un grande bisogno di riappropriazione, di ridare un senso all’educazione, di ristabilire l’energia creativa della scuola intesa come lavoro, come realizzazione personale e di gruppo, una scuola che sappia rispondere alle trasformazioni di una cultura che è sempre più espansiva, che richiede abilità di vario ordine e natura, ma soprattutto una scuola che sappia educare i giovani, che sappia farsi rispettare, che parli il linguaggio del rispetto e dell’educazione, attivando quell’entusiasmo giovanile che è lì che attende di essere rivitalizzato e orientato, una scuola che sia perfettamente in linea con il mondo del lavoro, che stimoli, produca, indirizzi, che sappia essere la base da cui partire per vivere una condizione sociale migliore. Dunque un cambiamento radicale, in cui l’essere umano sia davvero impegnato in una vera e profonda trasformazione culturale e sociale, da protagonista e non da vittima designata, come qualche volta succedeva in passato.
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