I GIOVANI HANNO BISOGNO DI ESSERE ACCOMPAGNATI, MA COSA SIGNIFICA LA PAROLA ACCOMPAGNARE NELLA SUA SEMANTICA EDUCATIVA? A CHI SPETTA IL COMPITO DI ACCOMPAGNARE? CHE TIPO DI MONDO ADULTO VOGLIONO I NOSTRI GIOVANI? COME DOVREBBE ESSERE LA FIGURA DELL’EDUCATORE DI OGGI? COSA RAPPRESENTA IL MONDO CATTOLICO PER IL MONDO GIOVANILE? QUAL E’ IL RUOLO DEGLI EDUCATORI NELLA DIFFICILE OPERA EDUCATIVA? BASTA OFFRIRE UN CAMPETTO DA CALCIO E UN PALLONE PER AVERE LA COSCIENZA TRANQUILLA? GLI EDUCATORI, COME I DOCENTI DELLE SCUOLE, COME I MAGISTRATI, COME TUTTI COLORO CHE HANNO COMPITI DI RESPONSABILITA’, DEVONO ESSERE SOGGETTI A UNA PREPARAZIONE ADEGUATA, CON RESPONSABILITA’ PRECISE?
di felice magnani
C’è sempre una differenza sostanziale tra una linea di condotta generale e le piccole storie di realtà locali, spesso le situazioni cambiano da paese a paese, da città a città, da persona a persona, da educatore a educatore, cambiano perché ogni situazione ha la sua storia e sappiamo per vissuto o sentito dire che le storie sono spesso racconti molto diversi tra loro, perché diversi sono stati gli uomini e le donne che li hanno determinati, diverse tra loro le famiglie, le scuole, le associazioni, i gruppi di lavoro, le impostazioni religiose, politiche, sociali, caratteriali, diversi i modi di ragionare, di decidere, di operare, di applicare. Accompagnare non è facile, il compito dell’educatore è estremamente delicato e molto particolare, richiede studio, capacità, maturità, anche una buona dose di vocazione personale, l’educatore non è una costruzione perfetta, matura e si realizza strada facendo, magari compiendo errori, ma avendo ferma la convinzione che gli errori, di qualsiasi natura, si possono e si devono correggere, possono diventare dei meravigliosi momenti di crescita umana, sociale e religiosa. Si può educare lasciando tutto al caso? Si può educare risolvendo il problema con una immissione di giovani, di uomini e donne da gettare nella mischia, sperando in un miracolo? Esistono anche nel mondo cattolico, delle responsabilità da coltivare, da definire, da portare avanti nel complicato mondo dell’educazione? L’educazione ha una sua precisa morale educativa o è semplicemente l’invenzione di qualcuno più dotato che impone la sua legge, senza predefinire un percorso? Che connessioni esistono tra educazione religiosa ed educazione civica? E’ possibile che queste due intenzioni possano in alcuni punti convergere fino a diventare sostanza educativa fondamentale per tutta la società civile? Gli educatori si mettono in gioco? Gli educatori che lavorano insieme ai giovani hanno bisogno di una preparazione adeguata? Qual è il ruolo del personale religioso nella ricerca e nello sviluppo di una identità di natura educativa che possa risolvere anche solo alcuni dei problemi che sono naturalmente presenti nelle nostre comunità in genere? Gl’interrogativi sono tanti, ma sono in molti a riconoscere che non basta mettere temporaneamente insieme o risolvere occasionalmente un problema per avere la coscienza a posto. Credo che i problemi educativi, quando sono problemi veri e sono magari il frutto di numerosi errori che sono stati commessi e mai riconosciuti per paura o omertà, vadano affrontati con tutta la buona volontà di questo mondo, ma soprattutto con l’intelligenza di chi sa molto bene che un progetto richiede lavoro, studio, competenza, non si può infatti pensare di risolvere i problemi, soprattutto quelli di natura educativa, solo con un atto temporaneo d’impegno personale, magari scaricando ogni tipo di responsabilità sulle spalle di qualche volontario che, nonostante tutto, si butti nella mischia per mettere in pace il cuore e l’ anima della comunità. Il volontariato è sempre stimabilissimo da qualsiasi parte arrivi, ma nel progetto educativo ci vuole qualche cosa di più, ci vuole che si determini in tutta la sua geniale capacità l’intelligenza creativa di chi ha il delicatissimo compito di condurre e di accompagnare e precisamente di chi ha il compito di educare. Se metto a disposizione uno strumento o una struttura per giocare senza dare un valore e un significato preciso alla mia buona volontà compio una inesattezza, dimostro di essere superficiale, perché il gioco ha una sua straordinaria valenza educativa che va insegnata. I giovani amano giocare, ma sanno anche che nel gioco ci sono valori a cui si sentono intimamente legati, come ad esempio l’idea di un ruolo, di imparare, di creare, di diventare, di fare bella figura, di divertirsi, di realizzare attraverso il gioco qualcosa di bello che portano dentro. Non è giocare a calcio tirare quattro calci a un pallone, non è giocare a calcio uscire da un campo senza il gusto o la gioia di aver fatto o vissuto qualcosa di nuovo e di interessante, non è giocare con il cuore e con la mente se si urla come dei forsennati e non c’è nessuno che dica che urlare non risolve i problemi, i problemi si risolvono giocando bene, con amore, con la voglia di dimostrare a se stessi e agli altri, avversari compresi, che il gioco può e deve essere un momento di svago intelligente, di pura e bella socialità. Una volta ho intervistato un grande calciatore del passato il quale mi ha detto che ha imparato la bellezza del gioco del calcio in un campetto oratoriale, grazie alla presenza di un educatore serio che sapeva far divertire e rispettare, sapeva insomma fare in modo che i ragazzi tornassero a casa con la gioia di aver fatto qualcosa di utile, di bello e di interessante, mi ha fatto capire, se ce ne fosse stato bisogno, che lo stare insieme è bellissimo, ma è un punto d’arrivo. Mai come in questo momento si sente il bisogno di poter contare su un’educazione a tutto campo, ma perché ci avvenga non basta spostare la responsabilità personale, bisogna fare in modo che tutto avvenga sulla base di un comune senso di responsabilità che sappia leggere e interpretare nel modo giusto il bisogno di tutti, dei giovani in particolare. Anche nel gioco c’è qualcosa di religiosamente straordinario, qualcosa che genera bellezza, meraviglia, stupore, ma tutti questi valori devono essere insegnati, soprattutto da chi ha responsabilità diretta sul campo.